Gestione del Rischio di Credito
Informazioni sul documento
| Autore | Ginevra Chiostrini |
| instructor | Prof. Ernesto Monti |
| Scuola | Dipartimento di Economia e Management |
| Specialità | Finanza aziendale avanzato |
| Tipo di documento | Tesi di Laurea |
| Lingua | Italian |
| Formato | |
| Dimensione | 1.84 MB |
Riassunto
I.L importanza dell Enterprise Risk Management ERM
Il documento analizza l'importanza cruciale della gestione del rischio per le imprese, evidenziando l'evoluzione dal tradizionale Risk Management al più integrato ERM. L'ERM non è una semplice policy, ma un processo continuo e pervasivo che coinvolge tutti i livelli aziendali, dalla pianificazione strategica alle singole business unit. L'obiettivo è integrare l'analisi del rischio nelle strategie aziendali per la creazione di valore e il raggiungimento degli obiettivi, trasformando i rischi da minaccia a opportunità. La crisi finanziaria ha accelerato l'adozione dell'ERM, soprattutto nel settore dei beni di consumo, come sottolineato da Steve Dreyer di Standard & Poor's, che ha incluso la valutazione dell'ERM nell'assegnazione dei rating.
1. Evoluzione del Risk Management verso l ERM
Il documento inizia delineando l'evoluzione della gestione del rischio aziendale. In passato, il rischio era considerato principalmente una minaccia, un evento incerto con potenziale impatto negativo sul raggiungimento degli obiettivi. L'approccio era reattivo e spesso limitato a funzioni aziendali specifiche. Oggi, invece, il management adotta una prospettiva più proattiva, considerando il rischio anche come opportunità di creazione di valore. Questa trasformazione ha portato allo sviluppo dell'Enterprise Risk Management (ERM), un sistema più integrato e strutturato che si pone come obiettivo la creazione di valore e il raggiungimento degli obiettivi aziendali. L'ERM, infatti, non è un'iniziativa isolata, ma un processo continuo e pervasiva, che coinvolge l'intera organizzazione a tutti i livelli, dalle business unit alle funzioni di staff. È fondamentale che vi sia un flusso informativo efficace per garantire una visione completa di tutti i rischi, consentendo decisioni basate su dati reali e sulla valutazione degli impatti potenziali. Questo approccio olistico rappresenta un cambiamento significativo rispetto ai metodi tradizionali di gestione del rischio.
2. L Impatto della Crisi Finanziaria sullo Sviluppo dell ERM
La crisi finanziaria ha avuto un ruolo determinante nell'accelerare l'adozione dell'ERM. Gli eventi esogeni, ovvero gli eventi che impattano significativamente sull'operatività aziendale senza essere direttamente causati dall'organizzazione, sono stati particolarmente rilevanti in questo processo. La crisi ha evidenziato le fragilità di sistemi di gestione del rischio meno integrati, spingendo molte aziende a migliorare le proprie attività di ERM. Steve Dreyer, responsabile dell'iniziativa di Standard & Poor's (S&P) di includere la valutazione dell'ERM nell'assegnazione dei rating, ha sottolineato come molte aziende, soprattutto nel settore dei beni di consumo, abbiano potenziato le proprie attività di ERM a seguito della crisi e del suo impatto sulle supply chain. Questa esperienza ha dimostrato l'importanza di un approccio proattivo e integrato alla gestione del rischio, segnando un passaggio da un semplice Risk Management a un Business Risk Management in cui ogni membro dell'organizzazione è coinvolto nel processo. L'adozione dell'ERM è quindi diventata una risposta alla necessità di una maggiore resilienza e capacità di adattamento alle turbolenze economiche.
3. ERM come Processo Integrato e Continuo
La definizione di ERM riflette alcuni concetti chiave: continuità, pervasività, integrazione e strutturazione. L'ERM non deve essere un'iniziativa a breve termine ('one-shot'), ma un processo continuo e integrato nella struttura aziendale. L'obiettivo è coinvolgere tutti i livelli organizzativi, in quanto i rischi riguardano l'impresa nella sua totalità. Le business unit, le legal entities e le funzioni di staff devono disporre di informazioni sufficienti per avere una visione esaustiva dei rischi. Le decisioni devono basarsi su una comprensione approfondita degli impatti potenziali di tali scelte. In questo modo, l'ERM contribuisce a una maggiore consapevolezza del rischio e a una migliore capacità di risposta a eventi imprevedibili. L'approccio tradizionale, che spesso considera i rischi in modo isolato, viene superato dall'ERM, che promuove invece un'analisi integrata, considerando le interdipendenze tra i diversi rischi e la loro influenza reciproca. Questo approccio più completo consente una gestione più efficace del rischio aziendale nel suo complesso.
II.Tipi di Rischio e loro Gestione
Il documento classifica i rischi in diverse categorie: rischi strategici, derivanti da decisioni aziendali errate (es. il caso Daimler-Benz); rischio di credito, compreso il rischio di controparte, con particolare attenzione alle perdite dovute a crediti impagati, soprattutto in seguito alla crisi finanziaria; e rischio reputazionale, come dimostrato dal boicottaggio di Nestlé. L'approccio ERM permette di identificare e mitigare questi rischi, considerando le loro interdipendenze, a differenza dei modelli tradizionali 'silo'. L'analisi si concentra anche sui rischi finanziari, inclusi il rischio di mercato, il rischio di tasso, il rischio di cambio, il rischio azionario e il rischio commodity.
1. Classificazione dei Rischi Aziendali
Il documento distingue tra diversi tipi di rischio. Si identificano i rischi strategici, definiti come la possibilità di una flessione degli utili o del valore del capitale a causa di cambiamenti nel contesto operativo o di decisioni aziendali errate. Un esempio citato è il caso Daimler-Benz, che negli anni '80 ha subito perdite a causa di scelte strategiche sbagliate di diversificazione. Un'altra categoria importante è il rischio di credito, definito come la probabilità che una controparte non adempia alle proprie obbligazioni, includendo anche il rischio di controparte, ovvero la variazione del merito creditizio. La crisi finanziaria ha evidenziato l'importanza di questo rischio, causando significativi incrementi di crediti impagati e sofferenze, soprattutto per le aziende di medie e grandi dimensioni con portafogli crediti ampi. Infine, viene considerato il rischio reputazionale, definito come la possibilità di perdite derivanti da una percezione negativa dell'immagine aziendale da parte di stakeholders. L'esempio del boicottaggio di Nestlé a causa di controversie sul marketing del latte in polvere illustra chiaramente questo tipo di rischio. Questi rischi impattano con diversa frequenza e intensità sulle imprese, come evidenziato da uno studio di KPMG.
2. Rischio di Mercato e Rischio Finanziario
Una parte significativa dell'analisi si concentra sul rischio di mercato, o rischio finanziario, definito come il rischio di effetti imprevisti sul valore di mercato di attività e passività a causa di variazioni di tassi di interesse, tassi di cambio e prezzi di attività come materie prime o azioni. Questa macro-categoria include diverse sottocategorie di rischio: il rischio di liquidità (variazioni di cash flow), il rischio di tasso (variazioni dei tassi di interesse), il rischio di cambio (variazioni dei tassi di cambio), il rischio azionario (variazioni dei rendimenti azionari) e il rischio commodity (variazioni dei costi delle materie prime). La gestione di questi rischi è fondamentale per la stabilità finanziaria dell'impresa. Il testo evidenzia la complessità della gestione del rischio finanziario, sottolineando la necessità di un approccio strutturato e integrato per mitigare gli effetti negativi delle fluttuazioni dei mercati. La comprensione di queste diverse componenti del rischio finanziario è essenziale per una corretta pianificazione strategica e per la presa di decisioni informate.
3. Gestione del Rischio Approccio Tradizionale vs. ERM
Il documento paragona l'approccio tradizionale alla gestione del rischio, definito 'silo', con l'approccio più integrato dell'ERM. L'approccio 'silo' gestisce ogni classe di rischio in modo separato, portando a inefficienze e mancanza di coordinamento tra i vari dipartimenti. Al contrario, l'ERM fornisce una visione a 360 gradi del rischio aggregato, considerando le interdipendenze tra le diverse aree di business. Questo permette di evitare duplicazioni di spesa, migliorare l'allocazione delle risorse e incrementare l'efficienza e il ritorno sul capitale. L'ERM crea una struttura unificata per la gestione del rischio, facilitando l'identificazione di potenziali interdipendenze tra i rischi di diverse attività che potrebbero sfuggire a sistemi di gestione più frammentati. Il passaggio da un approccio 'silo' a un approccio ERM integrato è quindi fondamentale per una gestione più efficace ed efficiente del rischio aziendale.
III.ERM e Creazione di Valore
L'implementazione di un sistema di ERM contribuisce alla creazione di valore per gli shareholders attraverso la riduzione della volatilità dei cash flow, l'aumento dei cash flow a medio-lungo termine, o entrambi. Un ERM efficace trasforma costi incerti (perdite derivanti da rischi puri) in costi prevedibili, riducendo l'incertezza e aumentando il valore delle azioni. Anche le imprese non quotate beneficiano dell'ERM, migliorando l'efficienza nell'allocazione delle risorse e intercettando potenziali interdipendenze tra i rischi.
1. ERM e Massimizzazione del Profitto
L'implementazione di un efficace sistema di Enterprise Risk Management (ERM) è giustificata solo nella misura in cui contribuisce alla creazione di valore per gli azionisti (shareholders). Il documento lega la creazione di valore alla capacità dell'ERM di influenzare positivamente i cash flow aziendali. In particolare, l'ERM contribuisce alla creazione di valore riducendo il rischio attraverso una minore volatilità dei cash flow, un aumento dei cash flow nel medio-lungo termine, o una combinazione di entrambi gli effetti. La riduzione del rischio si ottiene trasformando i costi incerti, come le perdite derivanti da rischi puri, in costi prevedibili, rappresentati dai costi sostenuti per l'implementazione delle azioni di risk management. Se il processo è efficace, si riduce uno dei fattori di incertezza che determinano la variabilità attesa del cash flow, portando a un aumento del valore delle azioni, anche se l'aumento del valore medio dei cash flow rimane invariato. Anche per le imprese non quotate, l'ERM offre vantaggi significativi in termini di efficienza e miglioramento delle decisioni strategiche.
2. Confronto tra ERM e Approccio Tradizionale Silo
Il documento evidenzia i vantaggi dell'ERM rispetto all'approccio tradizionale 'silo', che gestisce separatamente ogni classe di rischio. L'approccio 'silo' porta a inefficienze a causa della mancanza di coordinamento tra i dipartimenti e a duplicazioni di spesa nella gestione del rischio. Al contrario, un sistema di ERM integrato fornisce una visione completa a 360 gradi del rischio aggregato, consentendo una maggiore oggettività nella decisione sull'allocazione delle risorse e incrementando l'efficienza e il ritorno sul capitale. Un altro vantaggio cruciale dell'ERM è la capacità di identificare potenziali interdipendenze tra i rischi di diverse attività, interdipendenze che potrebbero sfuggire a un sistema tradizionale di gestione del rischio. Questa capacità di individuare e gestire le interdipendenze tra i diversi rischi è un elemento fondamentale per una gestione del rischio efficace e proattiva.
3. ERM Cash Flow e Riduzione dei Costi di Finanziamento
L'incremento del cash flow medio, come conseguenza dell'implementazione di un efficace sistema ERM, si verifica quando i costi del risk management sono inferiori ai danni e alle perdite che si sarebbero sostenuti in sua assenza. Un miglioramento dell'informativa agli stakeholder, generato dall'attività di risk management, contribuisce a creare un contesto di maggiore fiducia e a ridurre l'incertezza, aprendo nuove opportunità imprenditoriali. Un ERM efficiente riduce anche i rischi puri dell'impresa, migliorando la sua capacità di rimborso e, di conseguenza, riducendo i costi di finanziamento sul mercato dei capitali. La riduzione dell'asimmetria informativa tra l'impresa e gli istituti di credito, grazie a un sistema di certificazione del processo di risk management, è un ulteriore vantaggio. Le maggiori agenzie di rating, come Standard & Poor's, considerano l'ERM un parametro importante nell'assegnazione dei rating, confermando ulteriormente il valore dell'implementazione di un sistema ERM efficace per migliorare la valutazione creditizia dell'impresa.
IV.Misurazione del Rischio di Credito
La sezione approfondisce la misurazione del rischio di credito, confrontando le metodologie utilizzate dalle imprese energy e dalle banche. Si analizzano parametri chiave come la probabilità di default (PD), la perdita attesa (EL), la perdita inattesa (UL), il loss given default (LGD) e l' exposure at default (EAD). Vengono inoltre discussi gli strumenti derivati OTC e il loro impatto sul rischio di credito, includendo concetti come il Credit Value Adjustment (CVA) e il Debt Value Adjustment (DVA). L'analisi include anche il Wrong Way Risk e la sua influenza sulla stima dell'EAD. Il documento evidenzia la necessità per le imprese di sviluppare modelli interni di rating, simili a quelli utilizzati dalle banche, per una migliore gestione del rischio di credito e una più accurata valutazione dell'affidabilità creditizia delle controparti, anche quelle di piccole e medie dimensioni.
1. Il Rischio di Credito e la Crisi Finanziaria
Il documento evidenzia l'aumento significativo del rischio di credito, soprattutto a seguito della crisi finanziaria. Le imprese, in particolare quelle di medie e grandi dimensioni con ampi portafogli crediti, hanno subito importanti perdite a causa dell'impossibilità di recuperare il valore dei crediti iscritti a bilancio nei tempi previsti. L'incremento dei crediti impagati e del livello di scaduto ('overdue') è stato un fenomeno diffuso, paragonabile a quello registrato dalle banche. Questo deterioramento dei crediti ha sottolineato la necessità di una gestione più accurata e sofisticata del rischio di credito, non solo per le istituzioni finanziarie ma anche per le aziende di altri settori. La crisi ha evidenziato la fragilità di sistemi di gestione del rischio meno evoluti, mettendo in luce l'importanza di un approccio più strutturato e integrato alla gestione del rischio di credito.
2. Metodi di Misurazione del Rischio di Credito
Il testo analizza le metodologie per la misurazione del rischio di credito, focalizzandosi su parametri chiave come la Probabilità di Default (PD), la Perdita Attesa (EL), e la Perdita Inattesa (UL). La misurazione della UL, in particolare, è fortemente condizionata dalla precisione della stima della PD. Errori nella fase iniziale di calcolo del rischio di credito si traducono inevitabilmente in errori di misurazione nella fase successiva. La variabilità del tasso di perdita è direttamente proporzionale al suo valore atteso, amplificando eventuali sovrastime o sottostime del tasso di perdita atteso. Il documento evidenzia la complessità della misurazione del rischio di credito e la necessità di approcci accurati e metodologie rigorose per una valutazione affidabile del rischio. La scelta del metodo di misurazione ha un impatto significativo sulla stima del rischio e sulla capacità dell'azienda di gestire efficacemente le proprie esposizioni creditizie.
3. Rischio di Controparte e Strumenti Derivati
Il documento approfondisce il rischio di controparte, distinguendolo dal rischio di credito. Il rischio di credito è unilaterale (a carico del solo soggetto erogante), mentre il rischio di controparte è bilaterale, in quanto il valore di mercato della transazione può essere positivo o negativo per entrambe le parti. Vengono menzionati gli strumenti derivati negoziati Over The Counter (OTC) e il loro impatto significativo sul rischio di controparte. Questi strumenti, spesso contabilizzati al valore storico e non al fair value, rappresentano un rischio elevato a causa della loro illiquidità e della volatilità dei parametri di mercato. La crisi finanziaria ha evidenziato l'importanza di considerare il rischio di controparte e la necessità di adeguate misure di mitigazione. Il Credit Value Adjustment (CVA) viene introdotto come misura del valore di mercato del rischio di controparte, evidenziando l'importanza di considerare anche i fenomeni di migrazione del credito, oltre ai default. Basilea III obbliga le banche a calcolare un requisito patrimoniale aggiuntivo per le perdite su posizioni in derivati OTC dovute a variazioni del merito creditizio della controparte.
4. Rating Interni ed Esterni e Metodologie di Calcolo
Il documento confronta l'utilizzo di rating interni ed esterni per la valutazione dell'affidabilità creditizia. Mentre i rating esterni (agenzie di rating) sono affidabili per operazioni di ampia scala, i rating interni sono più utili per le piccole e medie imprese e la clientela individuale, particolarmente in Europa. Il testo sottolinea l'importanza di modelli di rating interno, analoghi a quelli utilizzati dalle banche, per una valutazione più accurata e tempestiva del rischio di credito. L'utilizzo di campioni statici o dinamici per il calcolo dei tassi di insolvenza viene discusso, evidenziando le differenze metodologiche e le implicazioni sulla precisione della stima. L'accesso alla Centrale Rischi è limitato per le imprese non finanziarie, limitando l'analisi della controparte e il contributo che le imprese potrebbero fornire al sistema. Le imprese detengono informazioni preziose sulle controparti private e corporate, che potrebbero arricchire l'analisi della rischiosità delle controparti nel mercato. Infine, viene sottolineata la necessità di calcolare il Loss Given Default (LGD) con una metodologia analoga a quella bancaria, considerando le garanzie a tutela dell'esposizione e le difficoltà nel reperire dati esterni affidabili.
V.Modelli di Valutazione del Rischio di Credito e Regolamentazione
Vengono presentati diversi modelli per la valutazione del rischio di credito, tra cui CreditRisk+ e Credit Portfolio View, confrontando i loro punti di forza e di debolezza. Si discute l'importanza di considerare le correlazioni tra i diversi eventi di default e l'influenza del ciclo economico. La regolamentazione di Basilea, fondamentale per le istituzioni finanziarie, fornisce un benchmark anche per le imprese non finanziarie nella definizione delle misure di rischio di credito. L'analisi considera anche l'importanza del monitoring della qualità dei crediti e l'utilizzo di dati sia interni che esterni per la stima dei parametri di rischio. La sezione evidenzia i limiti dei modelli precedenti, come la mancata considerazione delle correlazioni tra le esposizioni e l'influenza del ciclo economico, sottolineando l'importanza di modelli più sofisticati come Credit Portfolio View, nonostante le difficoltà nella stima dei parametri.
1. Modelli di Valutazione del Rischio di Credito Un Confronto
Il documento presenta una panoramica dei modelli utilizzati per la valutazione del rischio di credito, evidenziando le differenze tra approcci diversi. Viene sottolineata l'importanza di considerare le correlazioni tra le diverse esposizioni, un aspetto spesso trascurato nei modelli tradizionali. Il modello Credit Portfolio View, ad esempio, si distingue per la sua capacità di modellare esplicitamente la relazione tra ciclo economico e andamento del rischio di credito, analizzando l'impatto di indicatori macroeconomici (tasso di disoccupazione, PIL, tassi di interesse, tassi di cambio, spese statali, risparmio) sulla probabilità di migrazione e insolvenza delle controparti, suddivise per segmenti industriali e paesi. Altri modelli, come CreditRisk+, presentano limiti, come la semplificazione della correlazione tra eventi di default nelle prime versioni. Il documento evidenzia che l'accuratezza di questi modelli dipende fortemente dalla disponibilità di dati storici affidabili e dalla capacità di stimare correttamente parametri come la probabilità di default (PD).
2. Limiti dei Modelli e Necessità di Dati Ampi
L'analisi evidenzia i limiti dei modelli di valutazione del rischio di credito, sottolineando la complessità di stimare con precisione parametri come la probabilità di default, soprattutto su campioni di dati limitati. Modelli come Credit Portfolio View, pur presentando il vantaggio di considerare le variabili macroeconomiche, necessitano di ampie banche dati per garantire l'affidabilità delle stime. Un altro limite riguarda l'inclusione nel modello di soli eventi di insolvenza, trascurando le variazioni del merito creditizio nel tempo. L'ipotesi di indipendenza tra gli eventi di default, presente in alcune versioni di CreditRisk+, viene criticata per la sua irrealismo. L'assenza di considerazione del rischio di recupero in alcuni modelli rappresenta un ulteriore limite. La valutazione a valori di mercato, pur offrendo il vantaggio di includere la rischiosità di operazioni a scadenze diverse e di utilizzare dati oggettivi, presenta limiti di applicabilità in alcuni contesti istituzionali, come quello italiano, a causa delle difficoltà di stimare la struttura degli spread per rating interno e scadenza.
3. Modelli Avanzati e Aspetti Regolamentari
Il documento accenna a modelli più complessi, come quelli di Black e Cox (che includono strutture patrimoniali più complesse, considerando i debiti subordinati), Geske (che include il debito con interessi) e Vasicek (che distingue tra passività a lungo e breve termine). Questi modelli tengono conto della struttura patrimoniale dell'impresa e delle sue dinamiche, collegando il rischio commerciale alla volatilità dell'attivo e il rischio finanziario all'effetto leva. La regolamentazione di Basilea, sebbene indirizzata principalmente alle imprese finanziarie, fornisce principi e approcci metodologici che costituiscono benchmark di mercato a cui anche le imprese non finanziarie possono ispirarsi. Il documento introduce metriche come il Credit Value Adjustment (CVA) e il Debt Value Adjustment (DVA), che vengono utilizzate anche dalle imprese del settore energy e delle utility. La regolamentazione di Basilea III, in particolare, obbliga le banche a calcolare un requisito patrimoniale aggiuntivo per le perdite su posizioni in derivati OTC dovute alla variazione del merito creditizio della controparte, evidenziando l'evoluzione della regolamentazione in risposta alle complessità del mercato finanziario.
