La Conservazione delle Superfici Dipinte a Pompei: Tecniche e Metodologie di Restauro dal Settecento ad Oggi

La Conservazione delle Superfici Dipinte a Pompei: Tecniche e Metodologie di Restauro dal Settecento ad Oggi

Informazioni sul documento

Scuola

Università degli Studi di Napoli

Specialità Restauro e Conservazione dei Beni Culturali
Luogo Napoli
Tipo di documento tesi di dottorato
Lingua Italian
Numero di pagine 378
Formato
Dimensione 18.68 MB
  • Restauro a Pompei
  • Conservazione delle superfici dipinte
  • Storia del restauro

Riassunto

I. Introduzione alla Conservazione delle Superfici Dipinte

La conservazione delle superfici dipinte a Pompei rappresenta un tema di grande rilevanza storica e culturale. Le tecniche di restauro applicate dal Settecento ad oggi hanno subito un'evoluzione significativa, influenzata da scoperte archeologiche e innovazioni scientifiche. La ricerca si propone di analizzare le metodologie di intervento, evidenziando l'importanza di un approccio critico e scientifico. Le superfici antiche, emerse dopo millenni, richiedono interventi mirati per preservare la loro integrità. La conservazione non è solo un atto di ripristino, ma un modo per mantenere viva la memoria storica. Come affermato da J. Ruskin, il rispetto per la materia è fondamentale per garantire la durabilità delle opere. La ricerca si basa su un'analisi approfondita delle fonti documentarie e delle tecniche storiche, ponendo l'accento sulla necessità di un approccio multidisciplinare.

II. Tecniche di Restauro dal 1739 al 1799

Il periodo dal 1739 al 1799 segna l'inizio di un'era di scoperte e trattamenti innovativi per le superfici dipinte a Pompei. La scoperta delle città vesuviane ha portato a un'intensa attività di scavo e restauro. Figure chiave come Joseph Canart e Camillo Paderni hanno svolto un ruolo cruciale nel distacco dei dipinti. Le leggi sulla conservazione durante il Regno Borbonico hanno stabilito le basi per le pratiche future. La transizione dalla collezione Farnese agli scavi borbonici ha trasformato Napoli in un centro di antichità. Le tecniche di restauro di questo periodo si concentrano sulla preservazione delle superfici, affrontando le sfide legate alla loro integrità. L'analisi di questo periodo offre spunti significativi per comprendere l'evoluzione delle metodologie di restauro.

III. Innovazioni nella Conservazione dal 1799 al 1815

La fase dal 1799 al 1815 ha visto l'emergere di nuove sperimentazioni nella conservazione in situ. La scoperta del Tempio d’Iside ha aperto la strada a un approccio più scientifico e sistematico. Protagonisti come Carolina Murat, Michele Arditi e Andrea Celestino hanno introdotto trattamenti innovativi, come l'uso di cera per la protezione delle pitture. Queste sperimentazioni hanno segnato un cambiamento significativo nelle pratiche di restauro, enfatizzando l'importanza della ricerca scientifica. La conservazione in situ ha permesso di mantenere il contesto originale delle opere, garantendo una maggiore autenticità. L'analisi di questo periodo è fondamentale per comprendere come le tecniche di restauro si siano adattate alle nuove scoperte e alle esigenze di preservazione.

IV. La Scienza e il Restauro dal 1815 al 1830

Il periodo dal 1815 al 1830 ha visto l'applicazione della chimica nel restauro, con le prime sperimentazioni che hanno rivoluzionato le tecniche di conservazione. L'Accademia delle Scienze a Pompei ha svolto un ruolo fondamentale, con chimici come Francesco Lancellotti e Nicola Covelli che hanno contribuito a sviluppare metodologie di restauro più efficaci. Le tecniche di pulitura, stuccatura e integrazioni sono state messe a confronto, evidenziando l'importanza di un approccio scientifico. La conservazione delle superfici dipinte richiede una comprensione approfondita dei materiali e delle loro interazioni. L'analisi di questo periodo offre preziose indicazioni su come le scoperte scientifiche possano influenzare le pratiche di restauro, garantendo risultati più duraturi.

V. Rappresentazione e Restauro nel Settecento e Ottocento

La rappresentazione e il restauro dei dipinti a Pompei tra Settecento e Ottocento hanno evidenziato l'importanza della conservazione come scelta conservativa. Il ruolo dei copisti e la valorizzazione delle lacune nelle immagini hanno influenzato le pratiche di restauro. La riproduzione è stata vista come un modo per preservare l'eredità culturale, mentre le immagini di diffusione delle antichità vesuviane hanno contribuito a formare l'immaginario collettivo. L'analisi di questo periodo mette in luce come le scelte artistiche e conservatorie siano interconnesse, influenzando la percezione delle opere nel tempo. La conservazione non è solo un atto tecnico, ma un processo culturale che richiede una riflessione critica.

VI. Studio della Domus Sirici e Tecniche di Restauro

Lo studio della Domus Sirici offre un caso esemplare per analizzare le tecniche di restauro e le metodologie d'intervento sugli apparati decorativi pompeiani. La storia degli scavi dal 1852 al 1853, condotti da Guglielmo Bechi e Gaetano Genovese, ha rivelato importanti documenti inediti. L'analisi della tecnica esecutiva dei dipinti murali di epoca romana fornisce indicazioni preziose per le pratiche di conservazione. Le evidenze materiali e le problematiche di conservazione in relazione alla struttura architettonica di supporto sono state esaminate in dettaglio. Questo studio evidenzia l'importanza di un approccio integrato, che consideri sia gli aspetti tecnici che quelli storici, per garantire un restauro efficace e rispettoso delle opere.

Riferimento del documento

  • La scoperta delle città vesuviane, i primi trattamenti sulle superfici dipinte dall’estrazione per cunicoli alla conservazione e il restauro (1739-1799) (Joseph Canart e Camillo Paderni)
  • Leggi sulla conservazione delle superfici dipinte a Pompei durante il Regno Borbonico
  • Carolina Murat, Michele Arditi e Andrea Celestino i protagonisti di una nuova stagione della conservazione delle pitture pompeiane
  • L’Accademia delle Scienze a Pompei: i chimici Francesco Lancellotti e Nicola Covelli (1830)
  • Storia dello scavo della Domus Sirici dal 1852 al 1853: Guglielmo Bechi e Gaetano Genovese