Affrontare il maremoto: il bail in nel quadro della recente normativa bancaria europea e nazionale: prospettive storiche, analisi empirica e profili di criticità

Bail-in: Analisi critica della normativa

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Scuola

Dipartimento di Scienze Politiche

Specialità Analisi e Valutazione delle Politiche Pubbliche

Riassunto

I.Meccanismi di Accountability della BCE nel Meccanismo di Vigilanza Unico SSM

Il documento analizza i meccanismi di accountability della Banca Centrale Europea (BCE) nel contesto del SSM (Single Supervisory Mechanism). Si evidenzia come il regolamento SSM modifichi e rafforzi le forme di responsabilità della BCE, in particolare nel suo ruolo di Consiglio di Vigilanza. Una novità significativa è il coinvolgimento diretto dei Parlamenti nazionali, che ricevono le relazioni della BCE e possono esprimere osservazioni, esercitando poteri conoscitivi tramite interrogazioni e scambio di opinioni. Questo riflette il ruolo dei Parlamenti nazionali nei confronti delle autorità domestiche e sottolinea le resistenze incontrate durante la formazione del regolamento.

1. Variazioni e aggravamenti del modello di accountability della BCE nel Regolamento SSM

Il regolamento sul Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) introduce modifiche e rafforza i meccanismi di accountability della BCE, in particolare nella sua funzione di Consiglio di Vigilanza. Si evidenzia una variazione riguardante la relazione al Consiglio Europeo, sostituita dalla relazione all'Eurogruppo per ovvie ragioni legate all'adozione dell'Euro da parte degli Stati membri. Un aggravamento del sistema si riscontra nell'estensione all'Eurogruppo degli strumenti conoscitivi (audizioni, interrogazioni, colloqui a porte chiuse), che assumono una connotazione più marcata di sindacato ispettivo, non più attivabili su iniziativa della BCE stessa. Il testo evidenzia la complessità del processo decisionale e le resistenze incontrate nella fase di formazione del regolamento.

2. Il ruolo centrale dei Parlamenti Nazionali nel SSM

La principale novità introdotta dal regolamento SSM è il coinvolgimento diretto dei Parlamenti nazionali nel processo di accountability della BCE. Essi ricevono le relazioni della BCE al pari delle istituzioni europee (Consiglio Europeo, ora Eurogruppo) e possono formulare osservazioni. I Parlamenti nazionali sono inoltre dotati di poteri conoscitivi, attraverso interrogazioni e scambio di opinioni, riflettendo il loro ruolo nei confronti delle autorità domestiche. Questa previsione, oltre a sottolineare l'importanza del controllo democratico sulle attività della BCE nell'ambito del SSM, è interpretata come un segnale delle difficoltà incontrate durante l'iter legislativo, con resistenze non facilmente superate durante l'approvazione finale del Regolamento.

II.Vigilanza Diretta della BCE Criteri di Inclusione ed Esclusione

Il documento descrive i criteri per l'inclusione e l'esclusione degli enti sotto la vigilanza diretta della BCE. L'inclusione avviene se un ente soddisfa almeno uno dei requisiti stabiliti (es. attivo superiore a una certa soglia, elevato rapporto di attività transfrontaliere) in un qualsiasi anno. L'esclusione invece richiede l'infrazione del criterio di interesse per tre anni consecutivi. Questo "meccanismo di moderazione" mira a ridurre l'incertezza per gli istituti bancari, evitando frequenti cambi di vigilanza tra BCE e autorità nazionali.

1. Criteri di Inclusione nella Vigilanza Diretta della BCE

L'inclusione di un ente nella vigilanza diretta della BCE avviene se, in qualsiasi anno, soddisfa almeno uno dei requisiti predefiniti. Il documento non specifica quali siano questi requisiti, ma accenna alla possibilità che essi includano un attivo di bilancio superiore a una certa soglia o un elevato rapporto di attività o passività transfrontaliere sul totale. È sufficiente il verificarsi di uno solo di questi requisiti per far sì che l'ente passi sotto la vigilanza diretta della BCE. Questa impostazione evidenzia una volontà di intervento tempestivo e di sorveglianza attenta da parte della BCE, anche per sopperire a eventuali mancanze o difficoltà delle banche centrali nazionali nel monitoraggio degli enti sul proprio territorio.

2. Meccanismo di Moderazione per l Esclusione dalla Vigilanza Diretta

L'esclusione di un ente dalla vigilanza diretta della BCE è invece subordinata ad un meccanismo di moderazione. L'estromissione dalla lista degli enti sottoposti a vigilanza diretta richiede l'infrazione del criterio di interesse per tre anni consecutivi. La ragione di questa scelta risiede nella volontà di evitare eccessive fluttuazioni nella vigilanza, che potrebbero creare incertezza e costi procedurali per gli istituti bancari. Il meccanismo di moderazione, pertanto, protegge gli enti da un'instabilità normativa annuale, considerando la possibilità di oscillazioni nei parametri utilizzati per la valutazione (ad esempio un ente con attivo generalmente sopra i 30 miliardi di euro che si trovi un anno al di sotto di tale soglia).

III.Funzioni Trasversali della BCE nell Autorizzazione all Esercizio dell Attività Bancaria

La BCE svolge funzioni trasversali, non esclusive, nell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria. Il regolamento prevede un procedimento a due fasi: domanda all'autorità nazionale, che poi formula una proposta alla BCE. Le autorità nazionali hanno poteri significativi, e le procedure sono in parte derivate dal diritto nazionale. La BCE ha competenze esclusive in alcune aree, mentre in altre il ruolo delle autorità nazionali è prevalentemente istruttorio.

1. Natura Trasversale e non Esclusiva delle Funzioni della BCE

La BCE, nell'ambito del regolamento, non detiene un potere esclusivo sull'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria, ma svolge funzioni trasversali. Questo significa che, pur avendo un ruolo chiave, condivide i poteri decisionali con le autorità nazionali competenti. Il regolamento istituisce un procedimento articolato, in cui le autorità nazionali svolgono un'istruttoria preliminare e formulano una proposta che viene poi valutata dalla BCE. La BCE non si limita a un ruolo puramente istruttorio, ma esercita poteri che vanno oltre la semplice verifica della documentazione, sottolineando la natura collaborativa, ma non esclusiva, del suo intervento in questo ambito. Le regole procedurali, esplicitamente richiamate dal regolamento, sono in parte mutuati dal diritto nazionale, evidenziando l'interazione tra il livello europeo e quello nazionale nella concessione delle autorizzazioni.

2. Il Procedimento di Autorizzazione a Due Fasi Ruolo delle Autorità Nazionali

Il processo di autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria è strutturato in due fasi principali. La prima fase, a livello nazionale, vede l'ente richiedere l'autorizzazione all'autorità nazionale competente. Quest'ultima, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti necessari, formula una proposta che viene poi trasmessa alla BCE per la valutazione finale. In caso di mancata sussistenza dei requisiti, l'autorità nazionale, in base all'Art. 10-bis della Legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, deve notificare un preavviso di rigetto. La fase nazionale si configura dunque come un subprocedimento che può concludersi con un atto endoprocedimentale (proposta alla BCE) o con un atto vero e proprio di rigetto da parte dell'autorità nazionale. Questo evidenzia un'importante condivisione di responsabilità tra BCE e autorità nazionali, con poteri significativi attribuiti a entrambe.

IV.Interazione tra BCE ed EBA Risoluzione di Antinomie

Il documento affronta il tema delle possibili antinomie tra il regolamento istitutivo del SSM e altri regolamenti europei, come quello dell'Autorità Bancaria Europea (EBA). Si discute la possibile risoluzione tramite il principio lex posterior derogat priori, ma si evidenziano le criticità in caso di provvedimenti contrastanti adottati da BCE ed EBA in tempi rapidi. Si cita l'interpretazione di Mancini M. (2016) che considera la BCE come un'autorità nazionale di fronte all'EBA, confermando il ruolo dell'EBA come regolatore prudenziale per l'intera Unione Europea.

1. Potenziali Antinomie tra Regolamenti UE BCE ed EBA

Il documento evidenzia la possibilità di antinomie tra il Regolamento (UE) n. 1093/2010 e il Regolamento (UE) n. 1024/2013, e più in generale tra le normative emanate dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dall'Autorità Bancaria Europea (EBA). La soluzione formale proposta è quella del principio lex posterior derogat priori, ovvero la norma successiva abroga quella precedente. Tuttavia, si sottolinea come questa soluzione, pur coerente con la logica giuridica, possa presentare criticità nel contesto della rapidità dei mercati bancari e finanziari. L'eventualità che BCE ed EBA adottino provvedimenti contrastanti sullo stesso oggetto, sulla base di disposizioni normative diverse, potrebbe generare incertezza e problemi operativi significativi.

2. Interpretazione di Mancini M. 2016 sul Ruolo della BCE e dell EBA

Il documento cita l'interpretazione di Mancini M. (2016, La Banking Union: il riparto delle funzioni di regolazione e di vigilanza) riguardo al rapporto tra BCE ed EBA. Mancini sostiene che la BCE, in quanto autorità home e host di tutti gli Stati aderenti al Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM), assuma lo status di autorità nazionale di fronte all'EBA. Questa interpretazione implica che gli atti che l'EBA può assumere in sostituzione delle autorità nazionali sono applicabili anche alla BCE, qualora ricorrano i presupposti previsti dagli artt. 17, 18 e 19 del Regolamento (UE) n. 1093/2010. Secondo Mancini, ciò conferma il ruolo dell'EBA come regolatore prudenziale per l'intera Unione Europea, ponendo i suoi progetti di norme tecniche di regolamentazione e attuazione, una volta adottati dalla Commissione europea, al di sopra dei regolamenti adottati dalla BCE nell'ambito del SSM.

V.Il Ruolo del Fondo di Garanzia dei Depositi e la Direttiva BRRD Bank Recovery and Resolution Directive

Il documento analizza il ruolo dei fondi di garanzia dei depositi nella BRRD, sottolineando l'obiettivo di prevenzione della liquidazione bancaria. L'intervento dei fondi di garanzia è condizionato all'esistenza di un interesse pubblico, principalmente legato alla stabilità finanziaria. L'analisi approfondisce le difficoltà applicative, specialmente per gli enti di piccole dimensioni, dove la liquidazione potrebbe non comportare un rischio sistemico di contagio. Si evidenzia la necessità di ripensare l'intervento dei fondi di garanzia in una prospettiva più ampia di prevenzione, considerando il costo del rimborso dei depositi rispetto ad altre misure.

1. Obiettivi della BRRD e il Ruolo dei Fondi di Garanzia dei Depositi DGS

La sezione analizza il ruolo dei Deposit Guarantee Schemes (DGS), ovvero i Fondi di Garanzia dei Depositi, nel quadro della Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD). L'obiettivo principale della BRRD, e di conseguenza l'intervento dei DGS, è la prevenzione della liquidazione di un ente in difficoltà. Tuttavia, l'attivazione dei DGS è condizionata all'esistenza di un interesse pubblico, definito principalmente in termini di stabilità finanziaria del sistema e di prevenzione di effetti negativi di contagio. Il documento evidenzia che tale interesse pubblico potrebbe essere meno evidente nel caso di enti bancari di minori dimensioni, la cui liquidazione potrebbe non avere un impatto significativo sul sistema. Nonostante ciò, anche in questi casi si potrebbe preferire evitare la liquidazione, considerando che il rimborso diretto dei depositi, secondo il principio del "minor onere", potrebbe essere più costoso di altre soluzioni alternative.

2. L Intervento dei DGS in Ottica di Prevenzione e il Principio del Minor Onere

Il documento propone una rilettura del ruolo dei DGS, spostando l'attenzione dalla tradizionale accezione di rimborso dei depositi ad una prospettiva più ampia di prevenzione delle crisi bancarie. Questa rilettura è motivata dalla constatazione che, in molti casi, il costo del rimborso dei depositanti potrebbe essere superiore a quello di altre misure di intervento, come una ricapitalizzazione. Il principio del "minor onere", citato come criterio cardine per la scelta dell'intervento, implica che l'intervento dei DGS deve essere valutato attentamente in rapporto ai costi degli interventi alternativi. Inoltre, il documento richiama l'intervento dei fondi di garanzia come associazione di imprese bancarie, evidenziando l'importanza di una soglia di intervento definita dal legislatore per garantire l'equilibrio tra stabilità/solidarietà e concorrenza nel settore.

3. Limiti dei Fondi di Garanzia in Caso di Crisi Sistemica

La sezione analizza i limiti dei fondi di garanzia nel gestire situazioni di crisi sistemica, ovvero quando non solo una piccola banca, ma un intero sistema bancario nazionale o addirittura l'intero sistema europeo, attraversa una fase di difficoltà. In tali scenari, la possibilità di intervento dei fondi di garanzia appare limitata, considerando l'obbligo di capitalizzazione previsto (0,8% dei depositi garantiti, incrementabile di un ulteriore 0,5% ex post solo in caso di liquidazione). Questo meccanismo, pur essendo strutturato per operare congiuntamente ad altri strumenti di risoluzione ed evitare il contagio di una crisi da un singolo intermediario, si dimostra inadeguato di fronte ad uno shock sistemico. Di conseguenza, in una situazione di crisi generalizzata, l'unico intervento efficace potrebbe provenire da un sostegno a carico delle risorse congiuntamente raccolte da tutti i paesi partecipanti, come auspicato per la creazione del Single Resolution Fund (SRF) e la mutualizzazione degli schemi di garanzia.

VI.Piani di Risoluzione e il Ruolo dell EBA

La sezione descrive i piani di risoluzione previsti dalla BRRD, evidenziando la procedura di trasmissione delle informazioni tra enti creditizi e autorità di risoluzione. Si sottolinea il ruolo dell'EBA nell'integrare la direttiva con norme tecniche e fungere da autorità di mediazione. I piani di risoluzione, come quelli di risanamento, sono soggetti a revisione ordinaria e straordinaria. La disciplina si applica solo agli enti già individuati per i piani di risanamento.

1. Procedura di Elaborazione dei Piani di Risoluzione

Il documento descrive la procedura per l'elaborazione dei piani di risoluzione previsti dalla normativa. L'ente creditizio deve fornire informazioni alle autorità di risoluzione, che sulla base di queste informazioni elaborano il piano. Per i gruppi bancari, la responsabilità di redigere il piano incide sull'impresa madre, la quale raccoglie le informazioni dalle imprese figlie e le trasmette alle autorità competenti, compresa l'EBA per le aree di sua competenza. Questo processo, definito "dei due vertici", mira a razionalizzare la trasmissione di informazioni tra sfera privata e pubblica, creando un punto di contatto tra l'impresa madre e l'autorità di risoluzione competente per il gruppo. La direttiva stabilisce anche che i piani di risoluzione, come quelli di risanamento, sono soggetti a revisione annuale ordinaria e a revisione straordinaria in caso di cambiamenti significativi nell'assetto finanziario o organizzativo dell'ente.

2. Ruolo dell EBA nei Piani di Risoluzione

L'Autorità Bancaria Europea (EBA) svolge un ruolo fondamentale nel completamento della disciplina dei piani di risoluzione. Essa è chiamata a integrare la direttiva con norme tecniche di dettaglio, contribuendo a definire gli standard e le best practice per la redazione e l'implementazione dei piani. L'EBA agisce inoltre come autorità di mediazione tra gli attori coinvolti nel processo, garantendo coerenza ed uniformità nell'applicazione delle normative a livello europeo. Questa funzione di completamento e di mediazione sottolinea l'importanza dell'armonizzazione delle procedure di risoluzione a livello europeo e l'impegno dell'EBA nel garantire la stabilità del sistema finanziario. La simmetria tra piani di risanamento e di risoluzione, per quanto riguarda gli obblighi di revisione, è evidenziata, sottolineando l'applicazione della normativa ai soli enti già individuati per i piani di risanamento.

VII.Intervento Precoce e Misure Graduate nella BRRD

Il documento analizza gli strumenti di intervento precoce previsti dalla BRRD, attivabili anche in presenza di una potenziale violazione degli indicatori. L'EBA ha un ruolo nell'adozione di orientamenti su queste condizioni. Le misure sono graduate a seconda della gravità della violazione, da interventi meno invasivi (richieste all'organo di amministrazione) a misure più drastiche (rimozione dell'alta dirigenza, nomina di un amministratore temporaneo).

1. Intervento Precoce e Dimensione Prospettica

La direttiva BRRD prevede strumenti di intervento precoce, attivabili non solo in caso di violazione attuale degli indicatori di rischio, ma anche nella prospettiva di una potenziale violazione nel futuro immediato. Questa "dimensione prospettica" è fondamentale per la logica dell'intervento precoce, permettendo alle autorità di vigilanza di agire tempestivamente ed efficacemente per evitare il deterioramento della situazione di difficoltà dell'ente. L'EBA, attraverso l'adozione di orientamenti, contribuisce a definire le condizioni che attivano gli strumenti dell'intervento precoce, fornendo una guida interpretativa e assicurando un'applicazione coerente della normativa a livello europeo. La tempestività dell'intervento è quindi un elemento cruciale per la prevenzione di crisi più gravi e costose.

2. Misure Graduate in Base alla Gravità della Violazione

La BRRD prevede misure graduate, proporzionate alla gravità della violazione degli indicatori di rischio. Nei casi meno gravi, soprattutto quelli in cui la violazione è potenziale più che attuale, si applicano misure previste dall'Art. 27, che possono includere richieste all'organo di amministrazione (redigere un programma di risanamento, convocare l'assemblea degli azionisti), la sostituzione di membri dell'organo amministrativo, cambiamenti strategici o strutturali dell'ente o la fornitura di informazioni all'autorità. In ipotesi più gravi, l'autorità di vigilanza può procedere a misure più incisive, come la rimozione dell'alta dirigenza e la nomina di un amministratore temporaneo per un periodo massimo di un anno, con mandato definito e secondo criteri di proporzionalità.

VIII.Il Bail in Prevenzione dell Azzardo Morale

Si analizza il bail-in, strumento chiave della BRRD per contrastare il too-big-to-fail e l'azzardo morale. Il bail-in prevede il salvataggio interno dell'ente in difficoltà, coinvolgendo azionisti e creditori prima di un intervento pubblico. Questo contrasta con il passato, dove i salvataggi pubblici erano la regola, soprattutto per gli istituti di maggiori dimensioni. Il considerando 5 e 45 della direttiva sono citati per evidenziare gli obiettivi e la ratio del bail-in.

1. Il Bail in come Strumento di Salvataggio Interno e Prevenzione dell Azzardo Morale

Il documento introduce il bail-in come meccanismo centrale della nuova normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie, finalizzato a contrastare il fenomeno del "too-big-to-fail" e a prevenire l'azzardo morale da parte degli attori bancari. A differenza del passato, in cui l'intervento pubblico nel salvataggio delle banche era considerato necessario per evitare il contagio sistemico, soprattutto per gli istituti di maggiori dimensioni, il bail-in impone un salvataggio interno, facendo ricadere le perdite prima sugli azionisti e poi sui creditori, secondo una gerarchia definita. Questo approccio mira a ridurre il rischio morale, disincentivando comportamenti imprudenti da parte delle banche, in quanto queste ultime si troverebbero a sopportare direttamente le conseguenze delle loro scelte. Il considerando 5 della direttiva, citato nel documento, sottolinea l'obiettivo di un intervento precoce e rapido, con la condivisione delle perdite tra azionisti e creditori, minimizzando l'impatto sul sistema economico e finanziario.

2. Confronto tra Bail in e Salvataggi Pubblici Obiettivi e Trade off

Il documento confronta il bail-in con i tradizionali salvataggi pubblici, evidenziando che entrambi mirano alla stabilità finanziaria del sistema, ma con approcci sostanzialmente diversi. Mentre i salvataggi pubblici, nel recente passato, erano considerati lo strumento principale per evitare il contagio da una crisi bancaria, il bail-in si propone come soluzione alternativa, basata sulla responsabilità interna degli azionisti e dei creditori. Si sottolinea che, pur perseguendo obiettivi simili (continuità delle funzioni essenziali, stabilità finanziaria, tutela dei depositanti), il bail-in non è l'unica strada possibile per raggiungerli. I salvataggi pubblici del passato, come si evince dal testo, dimostrano che anche attraverso interventi pubblici si poteva contribuire alla stabilità finanziaria e alla tutela del risparmio, seppur con differenti implicazioni e costi per i contribuenti. Il concetto di "too-big-to-fail", è citato come espressione emblematica dell'approccio precedente, basato sulla garanzia implicita di un intervento pubblico a prescindere dalle condotte delle banche.

IX.Intervento Pubblico nella Risoluzione Bancaria Condizione di Residualità

Il documento tratta l'intervento pubblico straordinario nella risoluzione bancaria, sottolineando che esso è eccezionale e subordinato alla condizione di residualità rispetto all'impiego di risorse private. Si analizza come questa previsione modifichi radicalmente l'approccio rispetto al passato, in cui l'intervento pubblico era prevalente, soprattutto in Italia. Si fa riferimento all'art. 47 della Costituzione Italiana e alla storia degli interventi pubblici nel settore bancario, citando l'IRI e gli aiuti di stato post-crisi del debito sovrano.

1. L Intervento Pubblico come Eccezione e Condizione di Residualità

La nuova normativa in tema di risoluzione bancaria mira a salvaguardare i fondi pubblici, riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario. L'intervento pubblico è quindi concepito come opzione eccezionale, subordinata alla condizione di residualità, ovvero dopo l'esaurimento di tutte le risorse private disponibili per il superamento del dissesto. Questa condizione rappresenta un cambiamento significativo rispetto al passato, dove il salvataggio pubblico era la regola, soprattutto in paesi come l'Italia, dove la tutela del risparmio ha radici profonde, risalenti alla Legge Bancaria del '36 e all'art. 47 della Costituzione. Il testo evidenzia come questo nuovo approccio sia una conseguenza delle costose cure pubbliche erogate in passato (4.500 miliardi di euro secondo il documento), che hanno portato a ritenere necessario far ricadere il peso delle difficoltà sulle spalle dell'ente stesso, prima ancora che queste emergano.

2. L Asimmetria tra Enti di Grandi e Piccole Dimensioni e il Ruolo dell Interesse Pubblico

Il documento evidenzia un'asimmetria nell'applicazione del criterio di interesse pubblico tra enti bancari di grandi e piccole dimensioni. Per gli enti significativi, le ricadute di una crisi sulla stabilità sistemica sono innegabili (too-big-to-fail), rendendo pressoché certo l'interesse pubblico alla risoluzione. Per gli enti di dimensioni inferiori, invece, la situazione è più complessa: la liquidazione potrebbe non comportare un rischio sistemico di contagio. In questi casi, l'interesse pubblico potrebbe essere individuato nel radicamento territoriale dell'ente, considerando, ad esempio, il ruolo delle piccole banche di credito cooperativo nel fornire finanziamenti alle attività economiche locali. La presenza di un potere coercitivo nella politica di risoluzione, che implica un sacrificio di diritti individuali, rende comunque indispensabile la qualificazione di un interesse pubblico, definito dalla normativa primaria come il rispetto degli obiettivi di risoluzione previsti dall'Art. 31 della BRRD.

3. Confronto con la Tradizione di Interventi Pubblici nel Settore Bancario Italiano

Il testo traccia un parallelo tra le politiche di salvataggio bancario attuali e quelle del passato, in particolare in Italia. Si fa riferimento all'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), istituito nel 1933, e alla sua funzione di intervento pubblico nel sistema bancario, soprattutto per ripulire i bilanci delle banche dalle partecipazioni azionarie di industrie in crisi. Il modello della banca mista e il "catoblepismo" di Raffaele Mattioli vengono citati come contesto storico in cui l'intervento pubblico era giustificato dalla stretta relazione tra banca e industria. Si evidenzia come, mutatis mutandis (titoli azionari con titoli di stato, industrie con paesi in difficoltà), i salvataggi pubblici successivi alla crisi del debito sovrano abbiano ricalcato, in parte, le logiche degli interventi degli anni '30 del secolo scorso. L'entità delle cifre spese (240 miliardi di euro in Germania, 50 miliardi in Spagna, 40 miliardi in Irlanda e altrettanti in Olanda) durante le fasi più acute della crisi, sottolinea l'importanza dell'attuale normativa, che mira a proteggere le finanze pubbliche da ulteriori oneri.

X. Ricapitalizzazione Pubblica

Il documento confronta la nazionalizzazione temporanea e la ricapitalizzazione pubblica, evidenziando che le differenze sono meno marcate di quanto possa apparire a prima vista. Si sottolinea come l'art. 58 sembri specificare i casi in cui la cessione di titoli azionari comporta il controllo pubblico. L'aspetto della controprestazione, apparentemente distintivo, è considerato irrilevante, in quanto una controprestazione esplicita nella nazionalizzazione temporanea sarebbe ridondante, dato che la ricapitalizzazione è comunque necessaria.

1. L Intervento Pubblico come Misura Eccezionale e Condizionata

La normativa sulla risoluzione bancaria, pur mirando a salvaguardare i fondi pubblici e ridurre al minimo il ricorso a interventi straordinari, non esclude categoricamente il coinvolgimento delle finanze pubbliche. L'intervento pubblico è considerato un'opzione eccezionale, con la condizione che esso sia residuale, ovvero che sia impiegato solo dopo il coinvolgimento delle risorse private nel tentativo di risolvere il dissesto. Questa clausola di residualità rappresenta un cambiamento significativo rispetto alla prassi precedente, in cui il salvataggio pubblico era la regola, soprattutto in Italia. Il documento richiama l'art. 47 della Costituzione italiana, che tutela il risparmio, e ricorda come l'intervento pubblico nel settore bancario abbia una lunga storia nel nostro paese, ad esempio con l'IRI negli anni '30.

2. Condivisione degli Oneri e il Principio del Burden Sharing

La normativa introduce il principio del burden sharing, ovvero della condivisione degli oneri, come meccanismo per evitare un vantaggio competitivo per i paesi con finanze pubbliche più solide. Se l'intervento pubblico fosse previsto senza una preventiva condivisione degli oneri, i risparmiatori potrebbero aspettarsi un intervento pubblico più facilmente nei paesi finanziariamente più forti, creando una distorsione della concorrenza. Questa condivisione degli oneri, corrispondente ad una svalutazione o conversione minima dell'8% delle passività totali, mira anche a disincentivare l'azzardo morale e a salvaguardare le risorse pubbliche. Il documento sottolinea come questo meccanismo sia una forma embrionale del bail-in, contribuendo a ridurre il legame tra debito bancario e finanze pubbliche e ad armonizzare le prassi di finanziamento delle risoluzioni all'interno dell'Unione Europea.

3. Ipotesi di Esclusione dall Attivazione della Procedura di Risoluzione

Il testo evidenzia che non tutte le misure di ricapitalizzazione da parte del settore pubblico comportano l'avvio automatico di una procedura di risoluzione. Il documento indica tre eccezioni: garanzie statali sulla liquidità di assistenza fornita dalle banche centrali; garanzie sulle passività di nuova emissione; iniezioni di fondi o acquisto di strumenti di capitale a condizioni tali da non conferire un vantaggio all'ente. Queste eccezioni, soprattutto la terza, sono considerate residuali e orientate a quei casi in cui l'ente si trovi in difficoltà a causa di condizioni avverse di sistema, senza che ciò implichi un dissesto o un rischio immediato di violazione dei requisiti per il mantenimento dell'autorizzazione. Nonostante la residualità di queste ipotesi, il documento le segnala come indice di un atteggiamento non pregiudiziale nei confronti dell'intervento pubblico in caso di crisi sistemica.

XI.Il Single Resolution Fund SRM Mutualizzazione delle Risorse e Comparti

Il documento descrive il funzionamento del Single Resolution Fund (SRM), sottolineando la progressiva mutualizzazione delle risorse attraverso i comparti nazionali. Ogni Paese contribuisce al fondo, e le risorse sono disponibili sia per il proprio sistema che per gli altri, in caso di necessità. Si evidenzia la flessibilità nella ripartizione delle risorse tra i comparti, consentendo un utilizzo più efficiente a seconda delle circostanze. Si menziona anche la contribuzione ex post, ma si sottolinea la preferenza per quella preventiva per evitare effetti prociclici in caso di crisi sistemica.

1. Il Single Resolution Fund SRM e la sua Struttura a Comparti

Il documento descrive il Single Resolution Fund (SRM) e la sua struttura a compartimenti nazionali. Ogni paese contribuisce al fondo in base ai contributi raccolti dal proprio sistema bancario. Inizialmente, ogni paese ha una "fetta" di risorse a cui può attingere. La novità del SRM, però, sta nella progressiva mutualizzazione di questi compartimenti: ogni Stato divide la propria quota in due, una parte per sé e una parte disponibile per gli altri paesi. Questo meccanismo di mutualizzazione è fondamentale per il funzionamento del fondo, che non sarebbe utile se si limitasse ad un semplice deposito centralizzato con maggiori costi. Il documento riconosce che alcuni paesi avranno un "appetito" maggiore o minore per le risorse del fondo a seconda della loro situazione finanziaria e dei rischi del proprio sistema bancario. La sfida principale è stata dunque definire la ripartizione delle risorse tra i comparti, bilanciando la necessità di solidarietà con la necessità di mantenere un certo livello di responsabilità nazionale.

2. Meccanismo di Mutualizzazione e Flessibilità del SRM

Il meccanismo di mutualizzazione del SRM non prevede una ripartizione rigida delle risorse tra i comparti. La somma delle risorse attingibili da un singolo comparto in un dato anno può superare il 100%, in quanto un paese può attingere al proprio compartimento fino al 100%, mentre altri paesi possono utilizzare parte delle sue risorse (ad esempio, 40% nel primo anno, 60% nel secondo, ecc.). Questa flessibilità, riconosciuta positivamente nel documento, permette un utilizzo più efficiente delle risorse in base alle esigenze contingenti, pur con vincoli di massima prestabiliti. La mutualizzazione non implica una semplice divisione di una "fetta di torta", ma una gestione dinamica e flessibile delle risorse, che permette di rispondere alle crisi in modo più efficace. L'accordo intergovernativo ha scelto di non irrigidire eccessivamente la ripartizione per permettere un impiego più efficiente delle risorse nel tempo.

3. Contribuzione Ex Post e Clausola di Flessibilità

Oltre alla contribuzione preventiva (ex ante), il SRM prevede una contribuzione ex post, raccolta con modalità speculari a quelle ex ante, con una parte fissa ed una variabile in base al grado di rischio. Tuttavia, sia il regolamento che l'accordo intergovernativo prevedono una clausola di flessibilità per la contribuzione ex post, che consente al fondo di contrarre prestiti o di trasferire fondi temporaneamente dai diversi fondi nazionali. Questa flessibilità è dovuta alla preoccupazione che, in caso di crisi sistemica, il sistema bancario di un determinato paese non sia in grado di raccogliere ulteriori contributi, generando effetti prociclici. Per questa ragione, si argomenta nel documento, il SRM privilegia la contribuzione preventiva, considerata più stabile e meno soggetta a rischi in situazioni di crisi generalizzata.

XII.Finanziamento della Risoluzione Ruolo del SRM e Meccanismi Nazionali

La sezione tratta le modalità di finanziamento della risoluzione, evidenziando il ruolo del Comitato Unico di Risoluzione nel poter attingere alle risorse del SRM, e, in via residuale, ai meccanismi nazionali di finanziamento. Si discute la rilevanza di tale possibilità nel tempo, considerando il progressivo accrescimento del SRM e la possibile uscita del Regno Unito dall'UE.

1. Il Ruolo del Single Resolution Fund SRM nel Finanziamento della Risoluzione

Il documento analizza il finanziamento delle procedure di risoluzione bancaria, focalizzandosi sul ruolo del Single Resolution Fund (SRM). Il SRM è strutturato in compartimenti nazionali, con ogni paese che contribuisce annualmente con risorse corrispondenti ai contributi raccolti dal proprio sistema. L'accesso alle risorse del SRM è condizionato: inizialmente un paese può attingere al proprio compartimento, ma solo in caso di insufficienza si accede alle risorse degli altri comparti. La mutualizzazione progressiva dei compartimenti è la principale innovazione del SRM, rendendolo più efficace di un semplice deposito centralizzato. Il documento evidenzia l'esistenza di una certa flessibilità nella ripartizione delle risorse tra i comparti, permettendo un utilizzo più efficiente in base alle esigenze specifiche, pur nel rispetto di alcuni vincoli di massima. L'obiettivo è quello di fornire una rete di sicurezza per la risoluzione delle crisi bancarie, garantendo l'armonizzazione delle prassi di finanziamento e un "pari terreno di gioco" tra i paesi membri.

2. Contribuzione Ex Ante ed Ex Post e Clausole di Flessibilità

Il finanziamento del SRM si basa su una contribuzione preventiva (ex ante) ed una successiva (ex post). La contribuzione ex ante è la componente principale, mentre quella ex post interviene solo se necessario. Sia per la contribuzione ex ante che ex post il regolamento e l'accordo intergovernativo prevedono clausole di flessibilità. Il fondo può contrarre prestiti o trasferire temporaneamente fondi tra i fondi nazionali, in particolare per far fronte a situazioni di crisi sistemica in cui un paese potrebbe non essere in grado di raccogliere ulteriori contributi. La flessibilità è necessaria per evitare effetti prociclici, ma la preferenza per la contribuzione preventiva sottolinea la volontà di garantire una maggiore stabilità e prevedibilità delle risorse disponibili per la risoluzione delle crisi bancarie.

3. Meccanismi Nazionali di Finanziamento e Possibilità di Prestiti Transnazionali

Il Comitato Unico di Risoluzione può, in via residuale, attingere anche ai meccanismi nazionali di finanziamento della risoluzione, richiedendo prestiti a questi ultimi. Questa possibilità è considerata di minore rilevanza nel lungo termine, in quanto il progressivo trasferimento delle risorse al Fondo Unico ridurrà l'importanza dei meccanismi nazionali. Più rilevante è la possibilità di richiedere finanziamenti ai meccanismi di risoluzione di paesi non partecipanti al Meccanismo Unico di Risoluzione (Art. 106 della Direttiva 2014/59/UE). Tuttavia, la probabile uscita del Regno Unito dall'Unione Europea potrebbe ridurre significativamente l'efficacia di questa modalità di finanziamento, considerando che il Regno Unito avrebbe probabilmente avuto uno dei fondi nazionali più capitalizzati.

XIII.Effetti del Bail in e della Nuova Regolamentazione

Il documento analizza gli effetti, immediati e differiti, del bail-in e della nuova regolamentazione. Gli effetti immediati riguardano il ri-apprezzamento del rischio sui mercati (citando Zingales L., 2008). Gli effetti a lungo termine includono la contrazione degli spazi di auto-regolamentazione e una maggiore regolamentazione (citando Crotty J., 2009). Si sottolinea come il bail-in contribuisca agli obiettivi generali della risoluzione (continuità delle funzioni essenziali, stabilità finanziaria, tutela del risparmio) ma che questi obiettivi non siano esclusivi del bail-in.

1. Il Ruolo del Meccanismo di Risoluzione Unico SRM e il Meccanismo Europeo di Stabilità ESM

Il documento affronta il tema del finanziamento della risoluzione bancaria, analizzando l'interazione tra il Single Resolution Mechanism (SRM) e il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM). Il regolamento istitutivo del SRM non prevede esplicitamente strumenti di intervento pubblico straordinario, a differenza della BRRD. Alcune interpretazioni, citate nel testo, sostengono che le previsioni del regolamento che prevedono un intervento minimo del 13% (richiamando le "fonti straordinarie" della BRRD) non si riferiscano a strumenti di intervento statale diretti all'interno del SRM (che sarebbero assenti), ma piuttosto al ruolo del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM). L'effettiva interpretazione dipenderà da futuri accordi interistituzionali e da come si concretizzerà l'implementazione della politica di risoluzione. Rimane incerto se gli strumenti di ricapitalizzazione pubblica e di proprietà pubblica temporanea siano misure di finanziamento ulteriori (soggette alla soglia del 13%), se interferiscano con l'intervento del fondo SRM (soggette alla soglia dell'8%) o se debbano rientrare nell'ambito di intervento dell'ESM.

2. Fondi Nazionali di Risoluzione e Prestiti Transnazionali Il Ruolo del Regno Unito

Il Comitato Unico di Risoluzione, in mancanza di risorse sufficienti all'interno del SRM, può ricorrere ai meccanismi nazionali di finanziamento della risoluzione, chiedendo prestiti. Questa possibilità, pur utile nella fase transitoria, è destinata a perdere importanza con l'accrescimento del Fondo Unico. Il documento evidenzia anche la possibilità per il Comitato di richiedere finanziamenti ai meccanismi di paesi non partecipanti al Meccanismo Unico di Risoluzione (Art. 106 della Direttiva 2014/59/UE). Tuttavia, la probabile uscita del Regno Unito dall'UE ridimensionerebbe significativamente questa opzione, dato che, secondo uno studio empirico citato, il Regno Unito avrebbe avuto uno dei fondi nazionali più capitalizzati dopo il periodo transitorio, considerando i depositi protetti.

XIV.Il Bail in e la Tutela dei Risparmiatori

Si discute l'applicazione del bail-in e le sue implicazioni per i risparmiatori, in particolare considerando le asimmetrie informative e le competenze finanziarie. Si accenna alla difficoltà per i piccoli risparmiatori di valutare il rischio di dissesto di una banca e la distribuzione delle perdite (citando Avgouleas E. et Goodhart C., 2016 e Baglioni A., 2016). Si sottolinea come la tempestività nel trasferire risorse sia fondamentale per rendere credibile la punizione di comportamenti di azzardo morale, ma che i depositanti potrebbero avere un ruolo marginale nel monitoraggio.

1. Effetti del Bail in sui Mercati Reazione Immediata e a Lungo Termine

Il documento analizza gli effetti del bail-in e della nuova regolamentazione bancaria, distinguendo tra effetti immediati e differiti. Tra gli effetti immediati si evidenzia il ri-apprezzamento del rischio sui mercati, con una rapida reazione ai mutamenti empirici. Si cita a questo proposito l'interpretazione di Zingales L. (2008, Causes and Effects of Lehman Brothers), che paragona la situazione al post-alluvione, dove, dopo un evento catastrofico, si verifica una maggiore attenzione ai rischi precedentemente sottovalutati. Tra gli effetti a lungo termine, il documento evidenzia una contrazione degli spazi lasciati all'auto-regolamentazione, se non addirittura una riduzione dei margini di coregolazione, a partire dal 2008. Questo cambiamento, citando Crotty J. (2009, Structural causes of the global financial crisis), riflette una crescente consapevolezza che una regolazione efficiente non sia sempre compatibile con gli interessi immediati degli operatori economici.

2. Obiettivi del Bail in e Confronto con i Salvataggi Pubblici

Il bail-in, inserito nel contesto della direttiva BRRD, condivide gli obiettivi generali della risoluzione bancaria: continuità delle funzioni essenziali, tutela della stabilità finanziaria, salvaguardia dei fondi pubblici, tutela dei depositi protetti e delle attività dei clienti. Tuttavia, il documento evidenzia che questi obiettivi non sono distintivi del bail-in, in quanto anche i salvataggi pubblici del passato potevano contribuire a raggiungerli, come dimostrano gli interventi pubblici a sostegno della stabilità finanziaria e della tutela del risparmio. Si sottolinea che la tutela del risparmio è stata un cardine della Legge Bancaria del '36 e dell'art. 47 della Costituzione italiana. Pertanto, l'obiettivo di stabilità finanziaria, pur essendo fondamentale, non può essere considerato un tratto distintivo esclusivo della politica di risoluzione basata sul bail-in.

3. Il Bail in e la Tutela dei Risparmiatori Asimmetrie Informative e Competenze

La sezione approfondisce le implicazioni del bail-in per i risparmiatori, considerando le asimmetrie informative e le diverse competenze finanziarie. Si sottolinea la difficoltà per i piccoli risparmiatori di valutare il rischio di dissesto di una banca e la distribuzione delle perdite tra i diversi stakeholder, come evidenziato da Avgouleas E. et Goodhart C. (2016, Critical Reflections on bail-in) e Baglioni A. (2016, Unione Bancaria Europea). Il documento analizza il ruolo dei depositanti nel monitoraggio delle banche: i depositi sotto i 100.000 euro sono protetti e quindi i risparmiatori non sono incentivati al monitoraggio. Per i depositi superiori a tale soglia, l'incentivo al monitoraggio potrebbe esserci, ma non è detto che sia significativo, considerando l'immobilità dei risparmiatori in un contesto di bassi tassi di interesse e i costi opportunità legati al mantenimento di depositi di elevato importo. Questo evidenzia una possibile disattenzione rispetto alle conoscenze in materia di investimento.

XV.Requisito Minimo di Fondi Propri e Passività Ammissibili al Bail in

Il documento analizza il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili al bail-in, definito come una riserva di "passività buone". Questo requisito, calcolato in base a criteri stringenti (dimensioni, modello di business, profilo di rischio, contributi degli schemi di garanzia dei depositi, impatto sulla stabilità finanziaria), rappresenta un sottoinsieme delle passività effettivamente assoggettabili al bail-in. Si sottolinea che il requisito minimo non costituisce un limite invalicabile per l'applicazione del bail-in.

1. Il Requisito Minimo come Riserva per il Bail in

Il documento descrive il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili, definito come una sorta di riserva di "passività buone" per il bail-in. Questo requisito non deve essere interpretato come un limite invalicabile per l'applicazione dello strumento, ma come una garanzia di disponibilità di risorse per far fronte a un eventuale dissesto. Il calcolo di questo requisito minimo è demandato all'autorità di risoluzione competente, sulla base di sei criteri indicati dalla direttiva. Questi criteri includono la fattibilità della risoluzione e dell'applicazione del bail-in per il conseguimento degli obiettivi della procedura, la sufficiente copertura delle perdite in caso di dissesto e il mantenimento dei coefficienti patrimoniali minimi per l'autorizzazione all'esercizio dell'attività, nonché la possibilità di effettuare la risoluzione anche escludendo discrezionalmente alcune passività dal bail-in. Il requisito deve tenere conto anche delle dimensioni, del modello di business, del modello di finanziamento e del profilo di rischio dell'ente.

2. I Criteri per il Calcolo del Requisito Minimo e la loro Interazione

Il calcolo del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili al bail-in si basa su sei criteri, tra cui la possibilità di avviare la risoluzione e applicare il bail-in per raggiungere gli obiettivi della procedura. Altri criteri includono la capacità della banca di assorbire perdite con le passività ammissibili e il ripristino dei coefficienti di classe 1 ai livelli richiesti per l'autorizzazione. Si considera anche la possibilità di escludere alcune passività dal bail-in a discrezione dell'autorità. Il requisito minimo deve inoltre tener conto delle dimensioni dell'ente e del suo profilo di rischio, inclusi gli effetti di un suo dissesto sulla stabilità finanziaria generale e il rischio di contagio ad altri enti. Questo ultimo criterio è considerato in parte ridondante, in quanto già ricompreso nel criterio che considera le dimensioni e il grado di rischio dell'ente. L'EBA è incaricata di elaborare norme tecniche di regolazione sui criteri di calcolo per ciascun tipo di soggetto.

3. Requisito Minimo vs. Passività Assoggettabili al Bail in Una Distinzione Fondamentale

Il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili deve essere inteso come una riserva di "passività buone" per il bail-in, ma non costituisce un limite invalicabile per la sua applicazione. Il requisito minimo è un sottoinsieme più ristretto rispetto al complesso delle passività assoggettabili al salvataggio interno. A titolo esemplificativo, si evidenzia come, per il bail-in, possano essere colpite passività con scadenza residua fino a sette giorni, mentre il requisito minimo si riferisce a passività con scadenza di un anno. Anche le passività derivanti da contratti derivati possono rientrare nel bail-in, pur con accorgimenti specifici. Il requisito minimo rappresenta quindi una sorta di "scorta di sicurezza", ma non preclude la possibilità di utilizzare lo strumento del bail-in anche su altre passività, a seconda delle circostanze.