Costituzionalismo Irano e Iracheno
Informazioni sul documento
| Autore | Silvia Ciaboco |
| instructor/editor | Prof.ssa Carmela Decaro |
| school/university | Dipartimento di Scienze Politiche, Corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali |
| subject/major | Relazioni Internazionali |
| Tipo di documento | Tesi di Laurea Magistrale |
| Lingua | Italian |
| Formato | |
| Dimensione | 1.97 MB |
Riassunto
I.La Rivoluzione Costituzionale Iraniana e il Ruolo dello Sciismo
Questo studio analizza il ruolo dello sciismo nella rivoluzione costituzionale iraniana del 1905-1911 e nella Rivoluzione Islamica del 1979. La prima, pur con risultati parziali, introdusse riforme politiche e l'istituzione del Majlis (assemblea nazionale). La seconda, guidata da Khomeini, portò all'instaurazione della Repubblica Islamica, segnata dall'ideologia della wilāyat al-faqīh e da una profonda islamizzazione della società. L'analisi si concentra sull'evoluzione del sistema politico iraniano e sul ruolo della gerarchia religiosa nel plasmare le dinamiche del potere, in contrasto con il precedente regime dello Shah, Mohammad Reza Pahlavi.
1. La Rivoluzione Costituzionale Iraniana 1905 1911
La Rivoluzione Costituzionale, la prima nel mondo islamico, nacque nel 1905 da una richiesta di maggiore giustizia e riforme in un Iran attraversato da gravi crisi economiche, politiche e sociali. Il movimento, supportato anche da esponenti religiosi e con il tacito appoggio della Gran Bretagna, chiese la ratifica di una nuova costituzione, ispirata al modello belga, che prevedeva l'istituzione di un'assemblea nazionale elettiva, il Majlis, rappresentativa delle diverse classi sociali. Lo Shah ratificò la Costituzione nel 1907, ma con la successione di Muhammad Ali Shah Qajar, contrario al costituzionalismo, il processo di rinnovamento subì un brusco rallentamento. Un colpo di stato nel 1908 portò all'abdicazione dello Shah, ma verso la fine del 1911 il secondo Majlis venne sciolto, segnando una fase di delusione e ritorno al dominio assoluto dello Shah, con una de-islamizzazione del dibattito pubblico influenzata dalla Turchia di Atatürk e dalle pressioni imperialistiche di Russia e Inghilterra. Nonostante le mancate attuazioni di buona parte delle proposte iniziali, la Rivoluzione contribuì all’implementazione di riforme e allo sviluppo economico e politico del paese.
2. Il regno di Reza Shah Pahlavi e la modernizzazione forzata
Reza Shah, spesso descritto come un modernizzatore, guidò l'Iran verso l'età moderna. Implementò politiche per risollevare l'economia e ristrutturare la compagine politica, ispirandosi al rigido centralismo di Atatürk in Turchia. Questo processo portò a uno scontro con la gerarchia religiosa, con l'erosione della competenza dei tribunali religiosi a causa di nuove leggi in materia commerciale, penale e civile. Inoltre, furono imposti codici di abbigliamento di ispirazione occidentale, con il divieto per le donne di indossare il velo. Questo periodo di modernizzazione forzata, pur mirando ad un ampio pluralismo culturale, si caratterizzò per un'imposizione dall'alto e un netto contrasto con le tradizioni religiose.
3. Il periodo pre rivoluzionario instabilità politica e il ruolo di Mossadeq
Negli anni successivi, l'Iran conobbe un periodo di instabilità politica, con continui conflitti tra diverse fazioni all'interno del governo, interpretati da alcuni studiosi come precursori dell'anarchia sociale e della disintegrazione nazionale, mentre altri li consideravano un naturale prodotto della democrazia e della partecipazione collettiva. In questo contesto emerge la figura di Muhammad Mossadeq, leader nazionalista che cercò di contrastare l'ingerenza straniera, usando la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere nel 1951 come simbolo della lotta per l'indipendenza. La dura risposta della Gran Bretagna e degli Stati Uniti portò al rovesciamento del governo di Mossadeq nel 1953, repressione e ritorno ad una monarchia sempre più totalitaria. Il contrasto tra le diverse interpretazioni di questo periodo evidenzia le tensioni tra modernizzazione, nazionalismo e ingerenze internazionali.
4. La Rivoluzione Islamica del 1979 Fasi e Ruolo di Khomeini
La Rivoluzione Islamica del 1978-1979, inizialmente non concepita come tale, assunse una connotazione religiosa grazie a Khomeini. Il documento individua tre fasi principali: le prime proteste (gennaio 1978), la caduta dello Shah e il ritorno di Khomeini (febbraio 1979), e l'approvazione della Carta Costituzionale e l'islamizzazione del paese (dicembre 1979). L'ascesa di Khomeini e la sua affermazione della wilāyat al-faqīh rappresentano un passaggio cruciale. L'occidentalizzazione forzata del periodo Pahlavi aveva creato un malcontento popolare, spianando la strada a visioni progressiste di un'ideologia islamica indigena, percepita come strumento per ristabilire l'autostima nazionale. L'eliminazione di tutte le altre forze di opposizione completò il consolidamento del nuovo ordine politico. Il percorso verso la rivoluzione islamica è stato graduale, con Khomeini che ha introdotto gradualmente le sue idee, mostrando flessibilità e astuzia politica.
5. L evoluzione del pensiero di Khomeini e la wilāyat al faqīh
L'Āyatollāh Khomeini introdusse gradualmente il principio della wilāyat al-faqīh, inizialmente celandolo nelle sue affermazioni pubbliche, per poi affermarlo con forza solo dopo aver ottenuto la maggioranza clericale nell'Assemblea Costituente. Critiche e proteste da parte di alcuni settori clericali e intellettuali riguardavano il rischio di derive dispotiche. Nel 1982, Khomeini teorizzò la necessità di un ruolo politico degli scienziati religiosi per preservare l'Iran dall'influenza straniera (americana e sovietica), considerando gli esponenti laici troppo influenzabili dall'esterno. La wilāyat al-faqīh, secondo i suoi critici, concedeva ai giureconsulti poteri giurisdizionali e amministrativi, ma non il potere politico. Khomeini presentò la wilāyat al-faqīh come la prima teoria politica sciita effettiva dopo l'imamato di Ali, mirante a ricostruire una società giusta ed egualitaria, influenzata anche dal marxismo. Il dibattito sulla wilāyat al-faqīh è centrale per comprendere la natura del regime iraniano.
II.L Esercito Iraniano Tra Modernizzazione e Controllo
Lo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, modernizzò l'esercito iraniano (Artesh), stringendo alleanze con le potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti, per contrastare l'influenza sovietica. Tuttavia, questa modernizzazione e il controllo ferreo esercitato dallo Shah sull'esercito non impedirono la Rivoluzione Islamica. L’analisi mette a confronto l’Artesh con il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), evidenziando le profonde differenze nella loro struttura, fedeltà al regime, e ruolo nella politica interna. La figura del generale Qasem Soleimani viene citata per il suo peso politico all'interno dell'IRGC prima della sua morte nel 2020.
1. Modernizzazione dell Esercito sotto lo Shah Artesh
A partire dagli anni Sessanta, lo Shah Mohammad Reza Pahlavi esercitò un controllo ferreo sulle forze armate iraniane (Artesh), incrementando costantemente l'organico e modernizzando gli arsenali grazie ad accordi con le potenze occidentali, soprattutto gli Stati Uniti. Questa strategia, oltre alla modernizzazione militare, aveva anche una finalità geopolitica: contenere l'influenza sovietica nella regione. Lo Shah riuscì ad isolare l'esercito dalle correnti politiche, religiose e sociali presenti nella popolazione civile, ottenendo un pieno controllo politico sugli ufficiali. Tuttavia, nonostante l'apparente forza e modernizzazione dell'Artesh, il controllo ferreo dello Shah non riuscì ad evitare i moti rivoluzionari del 1978, che culminarono nella Rivoluzione Islamica del 1979. L'intervento dell'esercito per ristabilire l'ordine a Tabriz nel febbraio 1978 e l'imposizione della legge marziale a Teheran nell'agosto dello stesso anno segnarono l'inizio della fase più violenta della rivoluzione, con un crescente numero di morti tra militari e civili. L'ambizione dello Shah di fare dell'Iran la potenza militare più forte del Medio Oriente e dell'Asia del Sud, sostenuta dalla collaborazione con gli Stati Uniti, si rivelò infine inefficace di fronte alla forza della Rivoluzione.
2. La nascita e l ascesa dell IRGC un confronto con l Artesh
Il documento evidenzia il contrasto tra l'esercito regolare (Artesh) e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), nato dopo la Rivoluzione Islamica. Mentre lo Shah aveva cercato di mantenere l'esercito isolato dalla politica, l'IRGC rappresenta una forza militare intrinsecamente legata all'ideologia della Rivoluzione e al mantenimento del regime. Il testo sottolinea la differenza tra il mandato costituzionale dell'Artesh (“tutela dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese”) e quello dell’IRGC (“salvaguardia e tutela della rivoluzione e dei risultati da essa raggiunti”), mostrando come quest’ultimo abbia assunto un ruolo centrale nel mantenimento della natura ideologica del regime. La rivalità tra le due forze è radicata nello stesso testo costituzionale del 1979, con sovrapposizioni di responsabilità e competizione per le risorse e l'accesso alla politica. L'IRGC, spesso presentato dai media iraniani come il vincitore della guerra contro l'Iraq, gode di maggiore prestigio e controllo rispetto all'Artesh, che è soggetto a maggiori controlli esterni da parte del clero. Questa disparità si estende ai finanziamenti, alle risorse e al controllo politico, con l'Artesh che appare come un'ombra sbiadita del suo passato monarchico, pur essendo sopravvissuto ai tentativi di soppressione post-rivoluzionari.
3. Il ruolo del Basij e le diverse visioni sul suo impiego
Il Basij, milizia civile dell'IRGC, rappresenta un ulteriore elemento di complessità nell'analisi delle forze armate iraniane. Il documento evidenzia le diverse visioni sul suo ruolo e sulla sua organizzazione. L'IRGC, riflettendo le posizioni del Partito Repubblicano Islamico, auspicava una struttura centralizzata, disciplinata e strettamente controllata, da impiegare prevalentemente per la sicurezza interna in tempo di pace e come forza di resistenza decentralizzata in tempo di guerra. Tuttavia, questa visione contrastava con quella del clero, che voleva un Basij guidato da una forte motivazione politica e ideologica, e con quella di alcuni gruppi politici islamici secolarizzati (come quello del Primo Ministro Mehdi Bazargan), che propugnavano un addestramento culturale dei suoi membri. La mancanza di un budget autonomo e la dipendenza dalla cooperazione con altri organi islamici, rivoluzionari e governativi, rappresentò un ulteriore ostacolo al suo sviluppo, evidenziando le tensioni interne riguardo al suo ruolo e controllo.
4. Il Generale Qasem Soleimani e l influenza dell IRGC
La figura di Qasem Soleimani, comandante della Niru-ye Qods (Brigata Gerusalemme) dell'IRGC, è citata come esempio di forte potere e consenso politico all'interno dell'IRGC. La sua morte nel 2020, in un attacco mirato ordinato dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha scosso la comunità internazionale ed è considerato un evento di grande importanza geopolitica. Soleimani, responsabile della diffusione dell'ideologia di Khomeini all'estero, godeva di grande stima in Iran e nella regione, al punto da essere considerato un possibile candidato alla presidenza. La sua uccisione evidenzia l'ostilità di Washington nei confronti dell'IRGC e della sua politica regionale, e le conseguenze di questo atto di ostilità, che potrebbe prefigurare un nuovo scenario di conflitto nel Medio Oriente. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto di potere all'interno dell'IRGC, indicando una potenziale debolezza dell'organizzazione e una mancanza di chiarezza nella sua successione.
III.L Iraq Dall Occupazione Britannica alla Costituzione del 2005
Lo studio esamina l'influenza britannica sull'Iraq a partire dalla Prima Guerra Mondiale (occupazione di Baghdad nel 1917) e le successive rivendicazioni indipendentistiche degli ulamā sciiti. La Rivoluzione araba del 1920 e la successiva instaurazione del regno sotto il controllo britannico portarono alla discriminazione della comunità sciita. L'analisi approfondisce la stesura della Costituzione irachena del 2005, sottolineando il ruolo degli Stati Uniti nel processo costituente e le tensioni tra sunniti e sciiti, nonché la questione del federalismo e il riconoscimento della Regione del Kurdistan.
1. L arrivo dei Britannici e le rivendicazioni indipendentistiche
L'interesse delle potenze europee per la Mesopotamia si intensificò durante la Prima Guerra Mondiale. Nel novembre 1914, l'esercito britannico iniziò l'invasione, occupando Baghdad nel marzo 1917, ponendo fine alla dominazione ottomana. La crescente presenza britannica in Iraq suscitò immediatamente tensioni. Già nel 1918, diverse città, tra cui Najaf, insorsero contro il nuovo potere. Gli 'ulamā sciiti reclamarono l'indipendenza dell'Iraq, auspicando un governo arabo e islamico libero da interferenze straniere. Il movimento indipendentista, interessante per la sua generale assenza di specifiche richieste riguardo al tipo di regime, puntava su un sistema politico basato sulla sharia e sul consiglio dei mujtahid, garantendo la sovranità popolare. Gli 'ulamā si appellarono al principio dell'autodeterminazione dei popoli, sancito dai Quattordici Punti di Wilson, ma la politica dei mandati della Società delle Nazioni concesse alla Gran Bretagna il controllo sull'Iraq, trasformando la mobilitazione in una rivolta armata, nota come “Rivoluzione araba”.
2. La Rivoluzione Araba del 1920 e il ruolo degli ulamā sciiti
La Rivoluzione Araba del 1920, oggetto di dibattito tra gli studiosi iracheni, vide un ruolo centrale degli 'ulamā sciiti nel mobilitare le tribù. La crescente presenza britannica suscitò timori tra i mujtahid persiani e i sayyids, che cercavano di mantenere la loro influenza. La motivazione religiosa fu fondamentale: l'occupazione dell'Iraq da parte degli infedeli cristiani fu percepita come un collasso della civiltà islamica. Per mobilitare sia arabi sunniti che sciiti, l'enfasi fu posta sull'oltraggio all'onore arabo, un simbolo unificante al di là delle differenze confessionali. I dirigenti sciiti tentarono di coinvolgere Re Faysal Hussein nelle loro aspirazioni indipendentiste, ma egli cedette alle pressioni e firmò nel 1922 un trattato che di fatto trasformò l'Iraq in un protettorato britannico. La dura reazione dei capi religiosi sciiti fu vana; le successive elezioni, fortemente influenzate dagli inglesi, videro la vittoria della comunità sunnita.
3. Il periodo monarchico tensioni tra sunniti e sciiti e il panarabismo
Dopo la sconfitta della Rivoluzione del 1920, gli sciiti, tradizionalmente estranei alla politica attiva, cercarono di conquistare spazi nel governo. Questa ricerca di influenza alimentò le tensioni con i sunniti, soprattutto riguardo alla definizione di nazionalismo arabo e iracheno. I governanti iracheni adottarono il panarabismo come ideologia principale, mettendo in dubbio la lealtà e l'origine etnica degli sciiti, considerati una forza sovversiva a causa dei rapporti ostili tra persiani e arabi. Gli sciiti, dal canto loro, considerarono la propaganda panaraba uno strumento discriminatorio che favoriva la minoranza sunnita al potere, escludendo la maggioranza della popolazione tribale. Secondo Pierre-Jean Luizard, la conversione repentina delle élite sunnite da un'identità islamica a una etnica araba si spiega con la loro propensione a sostenere la legittimità dello Stato nella gestione dell'Islam, favorendo un principe in grado di garantire ordine e sicurezza.
4. La Costituzione del 2005 un processo condizionato dall influenza esterna
La Costituzione irachena del 2005, oggetto di forti critiche, nacque in un contesto complesso di transizione dopo la caduta di Saddam Hussein e l'invasione americana del 2003. Gli Stati Uniti guidarono il processo costituente, lasciando il popolo iracheno in gran parte all'oscuro delle dinamiche. La bozza iniziale, scritta in inglese e poi tradotta in arabo, era più vicina alla tradizione costituzionale statunitense che a quella irachena. Le pressioni dei partiti islamici sciiti portarono all'inserimento di modifiche che rafforzavano il legame con l'Islam, proibendo leggi contrarie alla sharia e potenziando il ruolo dell'Assemblea Nazionale. Tuttavia, le scadenze imposte dagli Stati Uniti generarono tensioni, portando a revisioni del testo a porte chiuse con la partecipazione di funzionari americani, intaccando la sovranità dell'Iraq. La bozza fu resa pubblica solo un mese prima del referendum, impedendo un ampio dibattito e causando ulteriore polarizzazione e violenza.
IV.Diritti e Libertà nelle Costituzioni Iraniana e Irachena
Il documento confronta i diritti e le libertà sanciti nelle costituzioni iraniana e irachena. Mentre la Costituzione iraniana del 1979, con gli emendamenti del 1989, riflette l'influenza della wilāyat al-faqīh, limitando alcune libertà, quella irachena del 2005 si presenta più liberale e attenta alla tutela dei diritti fondamentali. Tuttavia, si evidenzia come anche in quest'ultima, l'influenza delle potenze straniere (USA) abbia condizionato il processo di stesura, e come la effettiva applicazione dei diritti sulla carta rimanga da verificare.
1. Confronto tra la Costituzione Iraniana e quella Irachena un approccio differente ai diritti
Il documento confronta l'approccio alle libertà e ai diritti fondamentali nelle costituzioni iraniana e irachena. La Costituzione della Repubblica Islamica dell'Iran del 1979, emendata nel 1989, riflette l'ideologia della wilāyat al-faqīh, con conseguenti limitazioni alle libertà individuali e politiche. Al contrario, la Costituzione irachena del 2005 si presenta come un testo più liberale e garantista, attento alla tutela dei diritti civili, politici, sociali e culturali, con l'inserimento di meccanismi di checks and balances. Tuttavia, il processo di stesura della Costituzione irachena è stato fortemente condizionato dall'influenza delle potenze straniere, in particolare degli Stati Uniti, che hanno imposto tempi e modalità di lavoro, trascurando in gran parte il coinvolgimento della popolazione. Questa influenza esterna ha contribuito a esacerbare le tensioni interne e ad allontanare l'obiettivo di coesione nazionale. La comparazione evidenzia le differenze significative nell'approccio all'equilibrio tra potere religioso e potere civile, e tra la sovranità popolare e l'ingerenza esterna.
2. Punti di Contesa nella Costituzione Irachena del 2005
La stesura della Costituzione irachena del 2005 ha visto dei punti di forte contrasto, nonostante la parte dedicata ai diritti e alle libertà (artt. 14-46) non abbia generato particolari tensioni durante le fasi di stesura. Le principali divergenze hanno riguardato: la libertà di culto; il dibattito sul diritto delle donne; e il riconoscimento degli obblighi internazionali in materia di diritti umani. I politici islamisti, in particolare gli sciiti, hanno cercato di limitare l'ampiezza dei diritti garantiti, ma hanno trovato una forte opposizione da parte dei curdi e di altri esponenti più laici, appoggiati dagli Stati Uniti. La Costituzione, pur presentandosi generosa nella tutela dei diritti individuali, lascia aperto il problema della loro effettiva applicazione nella pratica, soprattutto quando questi entrano in conflitto con i valori islamici enunciati all'articolo 2. La questione del federalismo, con il riconoscimento ufficiale della Regione del Kurdistan e la possibilità per altre entità territoriali di organizzarsi come regioni federate attraverso referendum, rappresenta un ulteriore elemento di complessità e potenziale fonte di tensioni future.
V.Le Forze Armate in Iran e Iraq Relazioni Politico Militari
La parte finale dell'analisi si concentra sulle relazioni politico-militari in Iran e Iraq. In Iran, la rivalità tra l'esercito regolare (Artesh) e l'IRGC, compreso il Basij, evidenzia l'instabilità del controllo civile sulle forze armate. In Iraq, il CTS (Counter Terrorism Service), creato dagli Stati Uniti, offre un esempio di organizzazione efficace, ma anche problematica, per via del suo rapporto complesso con il governo centrale. L'analisi considera anche i Peshmerga curdi, forze armate autonome legate al nazionalismo curdo e con un rapporto complesso col governo iracheno. Si analizza il rapporto tra l'intervento delle forze armate e la stabilità/instabilità dei regimi. Le teorie di Huntington e Janowitz sulle relazioni civili-militari vengono usate come quadro interpretativo.
1. L Iran La rivalità tra Artesh e IRGC
L'analisi delle relazioni politico-militari in Iran evidenzia la profonda rivalità tra l'esercito regolare (Artesh) e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). L'articolo 143 della Costituzione iraniana del 1979 attribuisce all'esercito il compito di tutelare l'indipendenza e l'integrità territoriale del Paese, oltre all'ordine pubblico. L'articolo 150, invece, assegna all'IRGC il ruolo di salvaguardia della Rivoluzione e dei suoi risultati. Questa duplicazione di responsabilità genera sovrapposizioni e conflitti. L'IRGC, con la sua milizia popolare Basij, ha una struttura più centralizzata e gode di maggiore autonomia rispetto all'Artesh, che è soggetto a maggiori controlli esterni da parte del clero. L'IRGC, inoltre, ha istituito seminari teologici per la formazione di ufficiali, mentre l'Artesh subisce un controllo ideologico più stringente. Questa disparità di potere si riflette nei finanziamenti, nella fornitura di materiali bellici e nell'accesso alla politica, con l'IRGC che gode di maggiore prestigio, percepito come vincitore della guerra contro l'Iraq. La rivalità tra le due forze, nata con la Rivoluzione del 1979, persiste ancora oggi, con l'Artesh in una condizione di debolezza rispetto all'IRGC.
2. Iraq L inadeguatezza dell esercito e la creazione del CTS
L'Iraq, dopo l'invasione degli Stati Uniti nel 2003, ha visto un rapporto altrettanto problematico con le sue forze armate. Il documento evidenzia la costante inadeguatezza dell'esercito iracheno, le cui radici risalgono al XX secolo, caratterizzato da colpi di Stato e guerre. L'esercito sotto Saddam Hussein era centralizzato, politicizzato e profondamente legato alla lealtà al regime. Gli Stati Uniti, invece di cercare di migliorare il sistema esistente, imposero il proprio modello, smantellando la precedente struttura e creando un nuovo apparato di sicurezza. Un esempio di questo nuovo apparato è l'Iraqi Counter Terrorism Service (CTS), un organo indipendente, di livello quasi ministeriale, separato dai ministeri della Difesa e dell'Interno. Il CTS, inizialmente istituito dagli Stati Uniti, ha una struttura su tre livelli e svolge un ruolo di consulenza diretta per il Primo Ministro in materia di antiterrorismo. Tuttavia, il suo status ha generato controversie, con accuse di illegalità per la mancata approvazione parlamentare e timori di un suo utilizzo politico contro i rivali del Primo Ministro.
3. Il caso dei Peshmerga e il Kurdistan iracheno
Il documento analizza il caso dei Peshmerga, forze armate curde, come esempio di organizzazione di sicurezza anti-regime, nata dal desiderio di maggiore autonomia del popolo curdo rispetto a Baghdad. A partire dagli anni Sessanta, il nazionalismo curdo ha avuto un ruolo fondamentale nei conflitti con lo Stato iracheno. La sconfitta dei curdi nella rivolta del 1974-75 portò alla divisione dei Peshmerga tra fazioni legate al Kurdistan Democratic Party (KDP) e al Patriotic Union of Kurdistan (PUK). Dopo l'invasione del 2003 e il riconoscimento della Regione del Kurdistan nella Costituzione irachena del 2005, i Peshmerga si sono progressivamente trasformati in una forza armata professionale. Nonostante la legge n. 5 del Parlamento curdo del 2009, che ne ha modificato lo status da milizia di partito a forza armata regolare sotto il comando del KRG, persistono problemi di unità e lealtà interna, con le forze armate curde ancora legate ai rispettivi partiti politici, KDP e PUK, che mantengono una profonda sfiducia reciproca.
4. Le Hashd al Shaabi e l influenza iraniana in Iraq
Le Forze di Mobilitazione Popolare (FMP), o Hashd al-Shaabi, rappresentano un ulteriore elemento di complessità nelle relazioni politico-militari in Iraq. Inizialmente create per combattere Daesh, le FMP sono diventate una caratteristica sia della struttura di sicurezza irachena che della vita quotidiana del paese. Dopo la sconfitta di Daesh, le FMP, originariamente composte da gruppi diversi, si sono ristrutturate, con una predominanza di gruppi filoiraniani. L'attuale militanza sciita cerca di accrescere la propria influenza socioeconomica sfruttando la legittimazione derivante dalla lotta contro Daesh e fornendo servizi pubblici in aree dove lo Stato è assente. Questa situazione evidenzia la persistenza di attori militari non statali e l'influenza delle potenze esterne nelle dinamiche interne dell'Iraq.
VI.L Influenza Iraniana in Iraq e le Milizie
L'analisi considera l'influenza iraniana in Iraq, con particolare attenzione alle FMP (Forze di Mobilitazione Popolare), inizialmente create per combattere Daesh. Queste milizie, in gran parte filoiraniane, hanno acquisito un peso considerevole nella politica e nella società irachena, creando tensioni e sfide alla stabilità del paese. Il ruolo delle milizie nel contesto post-Daesh e l’influenza dell’Iran vengono approfonditi.
1. Le Hashd al Shaabi FMP evoluzione e influenza iraniana
Il testo analizza le Forze di Mobilitazione Popolare (FMP), o Hashd al-Shaabi, in Iraq. Inizialmente create per combattere Daesh, le FMP si sono trasformate in un attore significativo nella sicurezza e nella politica irachena. Con la scomparsa della minaccia rappresentata da Daesh, l'organizzazione originaria si è sciolta, dando luogo ad una ristrutturazione con una forte presenza di gruppi filoiraniani. Questi gruppi, pur essendo formalmente parte dell'apparato di sicurezza iracheno, mantengono una certa autonomia operativa. La militanza sciita, legittimata dalla lotta contro Daesh, mira ad aumentare la propria influenza socioeconomica, fornendo servizi pubblici laddove il governo centrale è carente. Questo rafforza la loro popolarità e mette in luce le debolezze del governo iracheno. La presenza delle FMP, a predominanza sciita e con forti legami con l'Iran, influenza profondamente la sicurezza e la stabilità politica dell'Iraq.
2. L influenza iraniana e le divisioni interne all Iraq
Il documento evidenzia l'influenza iraniana in Iraq, che si manifesta anche attraverso la presenza delle FMP. L'uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani, avvenuta nel gennaio 2020, ha esacerbato le tensioni già presenti nel paese. Mentre in Iran la morte di Soleimani ha avuto un effetto tendenzialmente unificante, in Iraq ha contribuito ad esasperare le divisioni etniche e religiose. Le proteste in Iraq, iniziate nell'ottobre 2019, chiedono la fine della corruzione e dell'influenza straniera, sia americana che iraniana. Le dimissioni del Primo Ministro Adil Abdul Mahdi nel dicembre 2019 non hanno risolto la crisi politica, che ricorda per gravità quella seguita alla caduta di Saddam Hussein. Il conflitto non è solo tra sunniti e sciiti, ma anche all'interno della comunità sciita stessa, tra chi si identifica principalmente come iracheno e chi privilegia la propria identità religiosa e i legami con l'Iran. Questo evidenzia una situazione di frammentazione e instabilità politica.
