I fondi di risoluzione nella nuova procedura di resolution

Fondi Risoluzione: Nuova Procedura

Informazioni sul documento

Lingua Italian
Formato | PDF
Dimensione 1.35 MB
Specialità Diritto Bancario/Economia
Tipo di documento Tesi di Laurea/Pubblicazione Accademica

Riassunto

I.Il Meccanismo di Risoluzione Unico SRM e la Direttiva BRRD Un Nuovo Approccio alla Crisi Bancaria

Questo documento analizza il nuovo quadro normativo europeo per la risoluzione bancaria, focalizzandosi sul Meccanismo di Risoluzione Unico (SRM) e la Direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) 2014/59. La direttiva introduce un regime di armonizzazione per il risanamento e la risoluzione delle banche in Europa, segnando un passaggio decisivo dal precedente principio del "too big to fail" al bail-in, ovvero l'assorbimento delle perdite da parte degli azionisti e obbligazionisti subordinati prima di eventuali interventi pubblici (bail-out). Il documento esplora il ruolo del Single Resolution Fund (SRF), il fondo destinato a sostituire i fondi nazionali di risoluzione, e i suoi meccanismi di finanziamento, inclusi i contributi risk-based delle banche. Viene inoltre analizzata la normativa riguardante l'utilizzo del Fondo, con particolare attenzione alle limitazioni imposte per evitare nuovi aiuti di Stato.

1. La Direttiva BRRD 2014 59 e l Armonizzazione Europea

Il documento inizia delineando l'importanza della Direttiva Europea 2014/59, nota come Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), nel creare un regime di armonizzazione, seppur minimo, per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie a livello europeo. Si sottolinea come la BRRD rappresenti una svolta rispetto al passato, abbandonando il principio del "too big to fail", che ha portato a numerosi bail-out con conseguente socializzazione dei costi. La direttiva introduce invece il concetto di risoluzione, con l'obiettivo di gestire le crisi bancarie in modo ordinato ed efficiente, limitando al minimo l'uso di fondi pubblici. Un elemento centrale è l'introduzione del bail-in, meccanismo che prevede l'assorbimento delle perdite da parte degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati prima di qualsiasi intervento pubblico. Il testo evidenzia come la banca, a prescindere dalla sua importanza sistemica, possa fallire, e che, se determinate condizioni sono soddisfatte, l'avvio di una procedura di risoluzione è necessario per evitare il fallimento. L'alternativa al bail-in, i bail-out, sono praticamente esclusi, salvo eccezioni rigidissime.

2. Il Single Resolution Mechanism SRM e il Single Resolution Fund SRF

Il documento prosegue descrivendo il Single Resolution Mechanism (SRM) e il suo stretto legame con la BRRD. Il SRM, operativo nell'area euro, prevede un Fondo di Risoluzione Unico (Single Resolution Fund, SRF), destinato a sostituire i fondi nazionali di risoluzione. Il testo evidenzia la distinzione tra l'ambito di applicazione territoriale della BRRD e quello del SRF, sottolineando la necessità di una chiara separazione. Viene inoltre anticipato che nel capitolo successivo verrà approfondito il funzionamento del SRM e il suo ruolo nella gestione delle crisi cross-border, sia all'interno che all'esterno dell'eurozona. L'introduzione del SRF rappresenta una tappa fondamentale nell'integrazione europea, mirando a una gestione più coordinata ed efficace delle crisi bancarie a livello sovranazionale. Il documento accenna alla possibilità, prevista dalla BRRD, per gli Stati membri di istituire un meccanismo di finanziamento diverso da un fondo, come ad esempio il bank levy adottato nel Regno Unito. Tuttavia, si sottolinea che questa opzione è subordinata a precise condizioni e richiede la notifica alla Commissione Europea.

3. Meccanismi di Finanziamento del Fondo di Risoluzione e il Ruolo della Commissione Europea

Questa sezione analizza il meccanismo di finanziamento del Fondo di Risoluzione, focalizzandosi sui contributi obbligatori degli enti autorizzati all'interno di uno Stato Membro. Il documento evidenzia che questi contributi sono calcolati in base alle passività, al netto dei fondi propri e dei depositi protetti, e sono poi corretti in base al profilo di rischio dell'ente. La Commissione Europea ha il potere di adottare atti delegati per specificare i criteri di correzione del rischio. Si fa riferimento al Regolamento Delegato 2015/63, che specifica analiticamente questi criteri. Il testo menziona inoltre la possibilità per gli enti di piccole dimensioni di essere esentati dal regime ordinario di calcolo dei contributi, sebbene l'Autorità di Risoluzione possa ripristinare i criteri generali in caso di rischio sproporzionato. L'uso del Fondo è limitato al contesto della risoluzione bancaria e non può essere utilizzato per assorbire direttamente le perdite dell'ente in crisi o per la sua ricapitalizzazione. Questo per evitare nuovi bail-out a carico dei contribuenti (taxpayers bail-outs), una delle priorità della riforma. Il documento inoltre indica la possibilità per il Fondo di concedere prestiti ad altri meccanismi di finanziamento, e che un utilizzo del Fondo inferiore al target previsto comporta una nuova raccolta di contributi.

4. Il Bail in e l Interpretazione dell Articolo 44 Paragrafo 5 Lettera a

Questa parte si concentra sull'interpretazione dell'articolo 44, paragrafo 5, lettera a), della normativa, in relazione al requisito minimo di bail-in prima dell'intervento del Fondo di Risoluzione. Il documento analizza il dibattito su quale debba essere la soglia di assorbimento delle perdite da parte degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati prima di ricorrere al Fondo. Si sottolinea come un'interpretazione che permetta di ricorrere al Fondo con un bail-in inferiore alla reale capacità di assorbimento delle perdite della banca sarebbe in contrasto con lo spirito della riforma e potrebbe creare una nuova garanzia implicita sotto forma di garanzia del Fondo stesso. L'importanza di un adeguato burden sharing viene ribadita, evidenziando che l'intervento della Commissione nel Regolamento Delegato del 4 febbraio 2016 non ha chiarito definitivamente il punto. Il documento menziona il contributo dottrinale di Gardella, che sottolinea l'importanza dell'adeguato burden sharing per una corretta applicazione della normativa. La mancanza di chiarezza da parte della Commissione su questo aspetto rappresenta un'occasione persa per evitare ambiguità interpretative.

II.Il Fondo di Risoluzione Nazionale Italiano e il suo Primo Intervento

Il documento approfondisce il funzionamento del Fondo di Risoluzione nazionale italiano, istituito in seguito al recepimento della BRRD. Si analizza la sua natura giuridica, evidenziando la sua caratteristica di patrimonio separato rispetto a quello della Banca d'Italia. Viene esaminato il primo intervento significativo del Fondo nella crisi delle quattro banche italiane (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara), sottolineando il ruolo chiave della bad bank (REV) nella gestione degli attiv deteriorati e delle sofferenze. L'analisi si concentra sul burden sharing tra azionisti, obbligazionisti e il Fondo, e sulle modalità di finanziamento del Fondo stesso, inclusi i possibili prestiti e i meccanismi di contribuzione ex ante ed ex post per garantire la sua solvibilità. L'intervento del Fondo, pur finanziato con risorse private del sistema bancario, è considerato dalla Commissione Europea di natura pubblica a causa della decisione dell’Autorità di Risoluzione.

1. Il Fondo di Risoluzione Nazionale Italiano Natura Giuridica e Meccanismi

Il documento introduce il Fondo di Risoluzione Nazionale Italiano, nato in seguito al recepimento della normativa europea sulla risoluzione bancaria. Si evidenzia l'importanza di chiarire la natura giuridica di questo Fondo, che viene descritto come un patrimonio separato da quello della Banca d'Italia. Il testo analizza i meccanismi di finanziamento del Fondo, basati su contributi obbligatori delle banche, calcolati secondo criteri risk-based, e la possibilità di ricorrere a forme di indebitamento, come illustrato dal primo intervento del Fondo nella crisi delle quattro banche. Si accenna alla possibilità di contributi addizionali (ex ante ed ex post) per fronteggiare eventuali situazioni di incapienza del Fondo, come previsto dall'articolo 1, comma 848, della legge 208/2015. Viene menzionata l'integrazione futura del Fondo Nazionale nel Single Resolution Fund (SRF) nell'arco di otto anni, ma si sottolinea come l'analisi della sua natura giuridica e delle sue problematiche rimanga cruciale. L'articolo 7 del decreto istitutivo del Fondo rimanda al Regolamento SRM e all'Accordo IGA per gli aspetti pratici del trasferimento delle risorse al SRF. Il documento evidenzia anche la possibilità per il Fondo di ricorrere a prestiti, come successo con l’anticipo di Intesa Sanpaolo, UBI Banca e Unicredit, restituito poi a seguito della riscossione dei contributi dalle altre banche.

2. Il Primo Intervento del Fondo La Crisi delle Quattro Banche Italiane

La sezione si concentra sul primo intervento del Fondo di Risoluzione Nazionale italiano nella crisi di quattro banche: Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara. Il caso rappresenta un esempio emblematico dell'applicazione del nuovo framework europeo per la risoluzione bancaria, che si pone in netto contrasto con i precedenti interventi pubblici massicci. Il documento sottolinea che le banche in questione erano già in amministrazione straordinaria prima dell'intervento del Fondo, a causa di situazioni di precaria stabilità evidenziate da precedenti interventi di vigilanza da parte della Banca d'Italia. L'analisi del caso mette in luce la necessità di una soluzione rapida per evitare il coinvolgimento dei depositanti con il meccanismo del bail-in, in vigore dal 1° gennaio 2016. Si evidenzia il ruolo cruciale della bad bank (REV) nella gestione degli attivi deteriorati e il burden sharing tra azionisti e obbligazionisti subordinati, che hanno assorbito le perdite in prima battuta. L'intervento del Fondo, pur alimentato da risorse private, è considerato dalla Commissione Europea di “natura pubblica” in quanto attivato con decisione dell’Autorità di Risoluzione, rendendo obbligatorio un adeguato burden sharing.

3. Confronto con la Crisi del Banco di Napoli Un Nuovo Approccio

Questa parte del documento confronta la gestione della crisi delle quattro banche con quella del Banco di Napoli, evidenziando il cambiamento radicale nell'approccio alla risoluzione delle crisi bancarie. Nel caso del Banco di Napoli, l'intervento pubblico è stato massiccio, con un'iniezione di capitale da parte del Tesoro e garanzie della Banca d'Italia per coprire le perdite derivanti dalla ristrutturazione, attraverso una bad bank (SGA) finanziata da un prestito del Banco di Napoli stesso. Questo intervento pubblico, sebbene subordinato a condizioni, rappresenta un approccio diametralmente opposto a quello delle quattro banche, dove il Fondo di Risoluzione ha svolto un ruolo centrale, finanziando direttamente la bad bank (REV) con risorse provenienti dal sistema bancario. L'utilizzo della bad bank, sia in un caso che nell'altro (SGA e REV), ha comunque rappresentato uno strumento fondamentale per la gestione degli attivi deteriorati. Mentre l'esperienza della bad bank nel caso del Banco di Napoli è stata positiva, quella relativa alle quattro banche è ancora in corso, impedendo una valutazione definitiva. L’analisi sottolinea quindi come il nuovo quadro normativo abbia radicalmente cambiato la gestione delle crisi bancarie, passando da interventi pubblici massicci a un approccio più basato sul bail-in e sul ruolo del Fondo di Risoluzione.

III.Confronto tra l Approccio alla Crisi del Banco di Napoli e quello delle Quattro Banche

Il documento confronta la gestione della crisi del Banco di Napoli con quella delle quattro banche, evidenziando il radicale cambiamento di approccio. Nel caso del Banco di Napoli, si è assistito ad un massiccio intervento pubblico, con un'iniezione di capitale da parte del Tesoro e garanzie dirette della Banca d'Italia, un approccio oggi considerato inammissibile alla luce delle nuove normative europee. L'utilizzo della bad bank (SGA) è stato un elemento comune, ma con differenze significative nella modalità di finanziamento. Il caso delle quattro banche, invece, illustra il nuovo approccio basato sul bail-in e sul ruolo centrale del Fondo di Risoluzione, con una separazione patrimoniale più netta e un maggiore burden sharing.

1. La Gestione della Crisi del Banco di Napoli Un Intervento Pubblico Massiccio

La sezione inizia confrontando la gestione della crisi del Banco di Napoli con quella delle quattro banche italiane, evidenziando il netto contrasto tra i due approcci. Nel caso del Banco di Napoli, si è verificato un massiccio intervento pubblico, con un'iniezione di capitale da parte del Tesoro di 1 miliardo di euro e la copertura delle perdite da parte della Banca d'Italia, derivanti dalla liquidazione di ISVEIMER e dagli attivi non performing. Questo intervento, pur condizionato da specifiche clausole, dimostra un approccio basato su un sostanziale bail-out, con una forte partecipazione diretta dello Stato nel finanziamento della ristrutturazione. Si è fatto uso di una bad bank, denominata SGA (Società per la Gestione delle Attività), per gestire gli attivi deteriorati. Il finanziamento della SGA proveniva da un prestito del Banco di Napoli stesso, garantito dalla Banca d'Italia per eventuali perdite. Questo approccio, secondo il documento, sarebbe oggi inimmaginabile alla luce del nuovo quadro normativo europeo.

2. La Crisi delle Quattro Banche L Applicazione del Nuovo Framework Europeo

In contrasto con il caso del Banco di Napoli, la risoluzione della crisi delle quattro banche italiane (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara) rappresenta un esempio dell'applicazione del nuovo framework europeo, basato sul principio del bail-in e sul ruolo del Fondo di Risoluzione Nazionale. Anche in questo caso si è utilizzata una bad bank, denominata REV, per gestire gli attivi deteriorati, ma la sua capitalizzazione è avvenuta attraverso il Fondo di Risoluzione, quindi con risorse provenienti dal sistema bancario stesso, e non con fondi pubblici diretti. Il documento sottolinea la necessità di una soluzione rapida per evitare il coinvolgimento dei depositanti con il bail-in, che sarebbe stato devastante. L'intervento del Fondo si è reso possibile grazie ad un adeguato burden sharing, con l'assorbimento delle perdite da parte di azionisti e obbligazionisti subordinati prima dell'intervento del Fondo. Nonostante ciò, l’intervento del Fondo è considerato dalla Commissione Europea di natura pubblica perché attivato dall'Autorità di Risoluzione. Questo evidenzia come il nuovo approccio si basi sul burden sharing e sul ruolo centrale del Fondo di Risoluzione, a differenza del passato in cui si ricorreva direttamente a massicci interventi pubblici.

3. Confronto tra le Bad Banks SGA e REV

Il documento evidenzia la presenza di una bad bank sia nella risoluzione della crisi del Banco di Napoli (SGA) che in quella delle quattro banche (REV), ma sottolinea le differenze fondamentali tra i due approcci. Mentre la SGA è stata finanziata tramite un prestito del Banco di Napoli stesso, garantito dalla Banca d'Italia, la REV è stata finanziata dal Fondo di Risoluzione Nazionale, con risorse provenienti dal sistema bancario italiano. Questa differenza sottolinea il passaggio da un modello di intervento pubblico diretto a uno basato su un meccanismo di burden sharing e sul ruolo del Fondo di Risoluzione. Si conclude che, nonostante la similitudine nell'utilizzo della bad bank come strumento, i due casi rappresentano approcci diametralmente opposti alla gestione delle crisi bancarie. Mentre il Banco di Napoli ha beneficiato di un massiccio intervento pubblico (un miliardo di euro dal Tesoro, più il supporto della Banca d'Italia), il caso delle quattro banche rappresenta un esempio del nuovo approccio, che evita interventi di questo tipo. Si sottolinea anche che mentre l’esperienza della bad bank per il Banco di Napoli è stata positiva, quella della REV per le quattro banche è ancora in fieri e quindi non valutabile appieno.

IV.La Separazione Patrimoniale Aspetti Giuridici e Applicazioni

Il documento approfondisce il concetto di separazione patrimoniale, analizzando diversi istituti giuridici che lo prevedono, come il fondo patrimoniale, i patrimoni destinati, i finanziamenti destinati, la cartolarizzazione dei crediti, i fondi comuni di investimento e i contratti di rete. L'analisi si concentra sulla limitazione della responsabilità patrimoniale e sulla destinazione dei beni a specifici scopi, evidenziando le deroghe al principio generale di responsabilità del debitore (art. 2740 c.c.). Vengono esaminati gli aspetti relativi alla disponibilità/indisponibilità dei beni del patrimonio separato, distinguendo tra gestioni conservative e gestioni dinamiche.

1. Il Concetto di Separazione Patrimoniale Una Panoramica

La sezione introduce il concetto di separazione patrimoniale, analizzando la sua evoluzione storica e i suoi aspetti giuridici. Si parte da una breve disamina della teoria dei Zweckvermögen (patrimoni di destinazione) di origine tedesca, evidenziando come, a partire dal XIX secolo, si sia avvertita la necessità di separare, dal punto di vista della responsabilità, l'attività d'impresa dall'imprenditore stesso. L'analisi evidenzia l'evoluzione della dottrina, dal focus sul soggetto a quello sullo scopo, con la progressiva autonomia dei patrimoni destinati. Il documento poi introduce diversi esempi di separazione patrimoniale previsti dalla legge italiana, come il fondo patrimoniale (art. 170 c.c.), i patrimoni destinati ad uno specifico affare (artt. 2447-bis e ss. c.c.), i finanziamenti destinati (art. 2447-decies c.c.), la cartolarizzazione dei crediti, i fondi pensione e i contratti di rete con fondo patrimoniale comune. L'obiettivo è quello di evidenziare come la separazione patrimoniale, in tutte le sue forme, limiti la responsabilità del debitore, riservando il patrimonio separato alla garanzia dei creditori specifici le cui obbligazioni sono strettamente collegate allo scopo della destinazione patrimoniale.

2. Elementi Caratterizzanti la Separazione Patrimoniale Limitazione di Responsabilità e Indisponibilità

La sezione prosegue identificando due elementi caratteristici della separazione patrimoniale: la limitazione della responsabilità e l'indisponibilità del patrimonio separato. Per quanto riguarda la limitazione della responsabilità, si spiega come questa possa essere unilaterale o bilaterale, ma sempre con l'obiettivo di riservare il patrimonio separato ai creditori specifici. Il documento cita esempi di come questo si concretizza nei vari istituti giuridici analizzati: il fondo patrimoniale, i patrimoni destinati, i finanziamenti destinati, la cartolarizzazione dei crediti e i fondi pensione. Per quanto concerne l’indisponibilità, si precisa che questa non implica necessariamente l'inalienabilità, ma una limitazione ai poteri di disposizione del proprietario, funzionale al mantenimento della destinazione del patrimonio e alla garanzia dei creditori specifici. Si fa una distinzione tra “gestioni conservative” e “gestioni dinamiche” per meglio comprendere le diverse forme di indisponibilità. La limitazione dei poteri di disposizione è presentata come un elemento chiave per garantire la destinazione del patrimonio e la tutela dei creditori riservatari.

3. Il Fondo di Risoluzione Nazionale Soggettività Giuridica e Indisponibilità

Questa parte si concentra sulla natura giuridica del Fondo di Risoluzione Nazionale Italiano, analizzando se possa essere considerato un soggetto giuridico autonomo. Il documento osserva che nella disciplina del Fondo non si trovano elementi testuali che indichino chiaramente una soggettività giuridica, pur riconoscendo la sua capacità di concedere prestiti ad altri Fondi. Si cita un precedente giurisprudenziale della Suprema Corte riguardo ai fondi comuni di investimento, sottolineando che, anche in assenza di una esplicita previsione legislativa, gli elementi testuali a favore della soggettività devono essere “significativi”. La conclusione è che considerare il Fondo come un soggetto giuridico autonomo sarebbe un’interpretazione azzardata. Si evidenzia, invece, il suo carattere di patrimonio separato, distinto da quello della Banca d’Italia. Si sottolinea, inoltre, l’indisponibilità del Fondo, che può essere utilizzato solo per le funzioni specificatamente previste dal legislatore (art. 78), limitando così il potere di disposizione della Banca d'Italia e riservando le risorse del Fondo ai creditori particolari. Questa indisponibilità viene presentata come un altro elemento sintomatico della separazione patrimoniale.