
Ictus Ischemico e Anticoagulanti
Informazioni sul documento
Autore | Rizzalli Gabriele |
instructor | Prof. Schenone |
Scuola | Università Degli Studi Di Genova, Scuola Di Scienze Mediche E Farmaceutiche |
Specialità | Medicina E Chirurgia |
Tipo di documento | Tesi Di Laurea |
Lingua | Italian |
Formato | |
Dimensione | 1.14 MB |
Riassunto
I.Eziologia dell Ictus Ischemico
Il documento approfondisce le principali cause di ictus ischemico, evidenziando la tromboembolia cardiogena (40% dei casi, spesso associata a fibrillazione atriale) come causa più frequente. Altre eziologie includono l'ipertensione e il diabete, responsabili di ictus lacunari (10-25% dei casi) che colpiscono tipicamente i nuclei della base e il talamo, la malattia dei piccoli vasi, la displasia fibromuscolare, e patologie genetiche come la CADASIL. L'ipotensione arteriosa in pazienti con stenosi del circolo di Willis può causare un ictus emodinamico (sindrome degli ultimi prati). L'incidenza dell'ictus è aumentata con l'età, ma si è ridotta negli over 60 grazie al controllo dei fattori di rischio aterosclerotici.
1. Tromboembolia Cardiogena
La tromboembolia cardiogena rappresenta la causa più frequente di ictus ischemico, rappresentando il 40% dei casi. La presenza di trombi nel cuore sinistro, spesso associata a fibrillazione atriale (FA), è diagnosticabile tramite ecocardiografia transtoracica, con maggiore dettaglio tramite ecocardiografia transesofagea. La formazione di questi trombi è multifattoriale; l'aumento del contributo atriale al riempimento ventricolare, conseguente ad esempio ad un aumento della frequenza cardiaca o ad altre patologie cardiache, incrementa il lavoro dei cardiomiociti, potenzialmente attivando focolai ectopici e causando fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale secondaria, invece, può derivare da altre cause, tra cui farmaci, droghe, alcol, tireopatie, infarto del miocardio (IMA), riacutizzazioni di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), embolia polmonare e interventi chirurgici recenti. Queste informazioni sottolineano l'importanza della valutazione cardiologica completa nella diagnosi e nella gestione dell'ictus ischemico.
2. Ipertensione e Diabete Ictus Lacunari
L'ipertensione e il diabete sono fattori di rischio significativi per la malattia dei piccoli vasi, con conseguente sviluppo di infarti lacunari. Queste condizioni colpiscono le arterie perforanti, causando ialinosi reattiva, restringimento del lume vasale e ischemia del territorio irrorato. Ne consegue un ictus lacunare, una piccola lesione limitata ad un'area specifica di irrorazione cerebrale, che costituisce dal 10 al 25% dei casi di ictus. Le sedi tipiche di questi infarti lacunari sono i nuclei della base, il talamo, il bulbo, il ponte e il cervelletto. La sintomatologia varia notevolmente a seconda della sede e dell'estensione della lesione, evidenziando la complessità clinica associata a queste forme di ictus ischemico.
3. Ictus Emodinamico e altre Patologie Vascolari
L'ictus emodinamico, o sindrome degli ultimi prati, è causato da una scarsa irrorazione cerebrale dovuta a ipotensione arteriosa in pazienti con stenosi congenite o acquisite del circolo di Willis. Questa condizione porta ad ipoperfusione cerebrale critica e ischemia, principalmente nelle regioni di confine tra territori arteriosi adiacenti, più vulnerabili all'ipoperfusione. Altre patologie vascolari, come le angioiti primitive del sistema nervoso centrale (SNC) o il coinvolgimento dei vasi cerebrali in malattie sistemiche (arterite gigantocellulare, poliarterite nodosa, LES e altre vasculiti associate a malattie del connettivo), possono anch'esse causare ictus ischemico. La displasia fibromuscolare, che colpisce arterie di piccolo e medio calibro, interessa il 30% dei casi a livello carotideo ed endocranico, contribuendo all’insorgenza di TIA o ictus ischemico, prevalentemente in donne tra i 40 e i 60 anni, con fattori di rischio genetici e tabagismo.
4. CADASIL e Malattia dei Piccoli Vasi
Mutazioni del gene NOTCH3 causano la CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy), una patologia che si manifesta con infarti lacunari anche in età giovanile, indipendentemente da ipertensione o diabete. La CADASIL porta a leucoaraiosi, visibile alla TC/RM come danno diffuso della sostanza bianca dovuto a sofferenza ischemica cronica, con sintomi quali alterazioni dell'equilibrio, incontinenza urinaria, deterioramento cognitivo e depressione dell'umore, evolvendo verso demenza pseudobulbare. In assenza delle cause sopra menzionate, la malattia dei piccoli vasi appare come la causa più frequente di ictus ischemico, dato che l'effetto anticoagulante dei NAO previene gli ictus correlati a patologie come la fibrillazione atriale, ma non quelli derivanti da lesioni trombotiche dei piccoli vasi causate da ipertensione. In questi casi, una terapia antiaggregante potrebbe essere più appropriata.
II.Diagnosi dell Ictus
La diagnosi differenziale tra ictus ischemico e ictus emorragico è cruciale e si basa principalmente su neuroimaging, con la TC senza MDC come esame di prima linea nella fase iperacuta (0-24 ore). L'angio-TC identifica l'occlusione vascolare, mentre la TC perfusion mappa le aree di ipoperfusione cerebrale. La risonanza magnetica (RM) offre informazioni più dettagliate, ma ha costi maggiori e limiti nell'impiego acuto. La scala NIHSS quantifica il deficit neurologico.
1. Diagnosi Differenziale Ictus Ischemico vs. Emorragico
La diagnosi di ictus richiede una distinzione fondamentale tra ictus ischemico ed emorragico, ottenibile tramite neuroimaging. Questa diagnosi differenziale è critica per determinare il trattamento appropriato, che deve iniziare il prima possibile. L'avanzamento del core ischemico, se non trattato, si estende nella penombra ischemica, aggravando la prognosi. La scelta del metodo diagnostico e terapeutico dipende dalla tempistica e dalla gravità dell'evento.
2. Esami di Neuroimaging nella Fase Iperacuta
Nella fase iperacuta (0-24 ore), la TC senza mezzo di contrasto (MDC) è l'esame di prima scelta per distinguere tra ictus ischemico ed emorragico. L'ictus emorragico appare come un'area ad aumentata densità, sebbene piccole emorragie possano mascherare la lesione. L'ictus ischemico, invece, di solito non è rilevabile prima di 12 ore, salvo la presenza di segni precoci di infarto. L'angio-TC visualizza l'occlusione vascolare, permettendo la pianificazione di una potenziale trombolisi arteriosa, mostrando il vaso ostruito e la mancata perfusione a valle. La TC perfusion fornisce informazioni dettagliate sul flusso ematico cerebrale, creando una mappa di diffusione che valuta il coefficiente di diffusione apparente (ADC). Alterazioni della diffusione dell'acqua, dovute ad edema citotossico e cambiamenti nella viscosità intracellulare, sono evidenziate nella mappa ADC.
3. Risonanza Magnetica RM nell Ictus Ischemico
Sebbene la RM offra informazioni più dettagliate rispetto alla TC, il suo utilizzo nella fase acuta dell'ictus ischemico è limitato dai costi elevati, dalla necessità di collaborazione del paziente e dalla maggiore durata dell'esame. La presenza di una significativa area di penombra ischemica suggerisce la possibilità di un beneficio dalla ricanalizzazione vascolare, mentre una penombra minima o assente potrebbe rendere la riperfusione inutile o persino pericolosa, aumentando il rischio di emorragia. La valutazione dell'estensione del danno ischemico e della presenza di penombra è quindi fondamentale per guidare le decisioni terapeutiche.
4. Valutazione Clinica e Scale di Valutazione
Oltre agli esami di neuroimaging, la valutazione clinica del paziente è essenziale per la diagnosi e la gestione dell'ictus. L'anamnesi deve essere accurata, con particolare attenzione all'orario di esordio dei sintomi, fondamentale per la scelta del trattamento. L'esame obiettivo neurologico quantifica il deficit neurologico tramite scale come la NIHSS (National Institutes of Health Stroke Scale). È altrettanto importante una valutazione generale, con particolare attenzione al monitoraggio della pressione arteriosa e alla valutazione della funzione cardiaca per identificare eventuali problemi cardiovascolari sottostanti.
III.Terapia dell Ictus Ischemico
Il trattamento dell'ictus ischemico dipende dalla causa e dalla fase. La trombolisi endovenosa (IVT) e la trombectomia meccanica (EVT) sono opzioni terapeutiche importanti, ma quest'ultima è considerata il trattamento di prima linea nei pazienti sottoposti a terapia con NAO (nuovi anticoagulanti orali). L'uso di NAO richiede un attento monitoraggio, considerando che l'interruzione del trattamento è un fattore di rischio significativo per eventi ischemici. La scelta tra terapia con NAO o terapia con Warfarin dipende da diversi fattori, con particolare attenzione alla valutazione del rischio emorragico.
1. Trombolisi e Trombectomia Meccanica
Il trattamento dell'ictus ischemico dipende dalla fase e dalla gravità. La trombolisi endovenosa (IVT) e la trombectomia meccanica (EVT) sono terapie principali. L'EVT, o trombectomia meccanica, è considerata il trattamento di prima linea nei pazienti che assumono nuovi anticoagulanti orali (NAO). L'efficacia e la sicurezza dell'EVT in pazienti sotto NAO sembrano promettenti, ma necessitano di ulteriori studi clinici per una conferma definitiva. Le linee guida raccomandano la ricanalizzazione meccanica, associata o meno alla trombolisi endovenosa, in pazienti con ictus ischemico in trattamento con NAO. La scelta tra IVT ed EVT dipende da diversi fattori, tra cui la gravità dell'ictus e la presenza di controindicazioni.
2. Gestione dell Anticoagulazione con NAO
Nei pazienti che assumono NAO (nuovi anticoagulanti orali), la gestione dell'anticoagulazione è complessa in caso di ictus ischemico. L'interruzione del trattamento con NAO è un fattore di rischio maggiore per un nuovo evento ischemico. Un'adesione subottimale alla terapia aumenta del 50% il rischio di ictus ischemico, indipendentemente dalla frequenza di somministrazione del NAO. Una dose ridotta di NAO o concentrazioni plasmatiche fuori dalla finestra terapeutica contribuiscono all'aumento del rischio. Sono disponibili test specifici per monitorare i livelli plasmatici di NAO, come gli Anti-FXa chromogenic assays per gli inibitori del fattore Xa, ma questi test non sono sempre affidabili e possono presentare falsi negativi. Per il Dabigatran, l'Idarucizumab è un antidoto disponibile, ma la sua efficacia nell'ottimizzare l'outcome in caso di IVT necessita di ulteriori conferme.
3. Terapia in Presenza di NAO Linee Guida e Considerazioni
Le linee guida per la terapia dell'ictus in pazienti sotto NAO variano. Alcune linee guida, come quelle giapponesi del 2018, permettono la trombolisi anche a breve distanza dall'ultima dose di NAO, a condizione che i parametri di coagulazione (INR, aPTT) siano nella norma. In generale, si sconsiglia l'IVT in pazienti sotto NAO, salvo casi specifici in cui tutti i parametri di coagulazione siano nella norma. Se disponibili test rapidi specifici per NAO, l'IVT potrebbe essere considerata se i livelli plasmatici di Rivaroxaban, Apixaban o Edoxaban sono inferiori a 30 ng/mL e sono trascorse più di 4 ore dall'ultima dose. Questa strategia si basa però sull'opinione di esperti e richiede validazione tramite studi randomizzati. La decisione riguardo alla reintroduzione del NAO dopo un evento ischemico è caso per caso, bilanciando il rischio tromboemorragico del paziente. Pazienti a basso rischio presentano piccole aree ischemiche, pressione controllata, glicemia e piastrine nella norma.
4. Terapia Antiaggregante e Gestione a Lungo Termine
La scelta della terapia (anticoagulante o antiaggregante) dipende dalla causa dell'ictus ischemico. Mentre i NAO sono efficaci nella prevenzione degli ictus correlati a fibrillazione atriale, non prevengono le lesioni trombotiche dei piccoli vasi, spesso associate all'ipertensione. In questi casi, una terapia antiaggregante potrebbe essere più appropriata. La monoterapia è considerata un'opzione nei casi di ipertensione sistolica isolata inferiore a 150 mmHg o in pazienti over 80 anni o fragili, mentre in altri casi si preferisce una terapia combinata. La trasformazione emorragica dell'ictus è più frequente con i vecchi anticoagulanti orali (TAO), e i NAO mostrano un miglior outcome a tre mesi e un minor rischio di sanguinamento maggiore rispetto ai TAO. Le linee guida EHRA 2018 suggeriscono una regola dei 1-3-6-12 giorni per la ripresa della terapia anticoagulante dopo un evento ischemico, a seconda della gravità del danno.
IV.Gestione dei NAO nell Ictus Ischemico
Il documento discute l'utilizzo dei NAO (come Dabigatran, Rivaroxaban, Edoxaban, Apixaban) nella profilassi e nel trattamento dell'ictus ischemico, in particolare in pazienti con fibrillazione atriale. Vengono descritte le strategie per la gestione dell'anticoagulazione in caso di ictus ischemico in pazienti in trattamento con NAO, includendo l'utilizzo dell'Idarucizumab come antidoto per il Dabigatran. L'importanza di test specifici per valutare l'attività anticoagulante dei NAO (es. Anti-FXa chromogenic assays) è sottolineata, così come la necessità di considerare la funzionalità renale e le interazioni farmacologiche. La ripresa della terapia anticoagulante dopo un evento ischemico segue linee guida specifiche (regola 1-3-6-12 giorni).
1. NAO e Ictus Ischemico Il Ruolo dell Anticoagulazione
Il documento evidenzia l'importanza della gestione dei Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO) nel contesto dell'ictus ischemico. I NAO, come Dabigatran, Rivaroxaban, Edoxaban e Apixaban, offrono vantaggi rispetto ai vecchi anticoagulanti orali (TAO), come il Warfarin, richiedendo un monitoraggio meno frequente e presentando minori interazioni farmacologiche. Tuttavia, anche con una terapia anticoagulante adeguata con NAO, i pazienti possono comunque sperimentare eventi cerebrovascolari ischemici, sottolineando la complessità della patologia. L'interruzione del trattamento con NAO è il principale fattore di rischio per un evento ischemico acuto, con un aumento del 50% del rischio in caso di adesione subottimale alla terapia. Questo rischio è indipendente dalla frequenza di somministrazione (una o due volte al giorno). Una dose ridotta o concentrazioni plasmatiche al di fuori della finestra terapeutica possono contribuire a questo aumento di rischio, anche se eventi ischemici possono verificarsi anche con livelli plasmatici terapeutici.
2. Monitoraggio dell Attività Anticoagulante dei NAO
Il monitoraggio dell'attività anticoagulante dei NAO è fondamentale per la gestione dei pazienti. Metodi tradizionali come INR e aPTT non sono affidabili per escludere livelli plasmatici clinicamente rilevanti di NAO, portando a frequenti falsi negativi. Per esempio, livelli di Dabigatran capaci di indurre un significativo effetto anticoagulante possono non alterare significativamente il PT/INR. Per gli inibitori del fattore Xa (Rivaroxaban, Edoxaban, Apixaban), si utilizzano saggi cromogenici Anti-FXa per valutare l'attività anti-fattore Xa. L'assenza di attività Anti-FXa esclude concentrazioni clinicamente rilevanti. L'Idarucizumab è un antidoto specifico per il Dabigatran, ma la sua efficacia nell'ottimizzare l'outcome in pazienti con eventi ischemici acuti che necessitano di intervento di trombolisi intraarteriosa (IVT) non è stata ancora definitivamente dimostrata da studi statisticamente significativi. Le linee guida raccomandano l'utilizzo dell'Idarucizumab prima dell'IVT, ma ulteriori evidenze sono necessarie.
3. Linee Guida e Strategie Terapeutiche
Le linee guida per la gestione dell'ictus ischemico in pazienti in trattamento con NAO sono diverse e in continua evoluzione. Le linee guida giapponesi del 2018, ad esempio, permettono la trombolisi anche a 4 ore dall'ultima dose di NAO se INR e aPTT sono entro limiti accettabili. In generale, però, le linee guida sconsigliano l'IVT in pazienti sotto NAO, a meno che parametri come aPTT, INR, conta piastrinica, tempo di ecarina, tempo di trombina su plasma diluito e attività anti-fattore Xa siano tutti nella norma. Se disponibili test rapidi per NAO, l'IVT potrebbe essere considerata se i livelli plasmatici di Rivaroxaban, Apixaban o Edoxaban sono inferiori a 30 ng/mL e sono trascorse più di 4 ore dall'ultima dose. Tuttavia, questa raccomandazione si basa sull'opinione di esperti e richiede conferma tramite studi clinici randomizzati. La reintroduzione del NAO dopo un evento ischemico è una decisione clinica che deve bilanciare il rischio tromboemorragico del paziente, considerando le dimensioni della lesione e il rischio di trasformazione emorragica.