Il danno non patrimoniale : evoluzione storica e prospettive future

Danno Non Patrimoniale: Evoluzione

Informazioni sul documento

Autore

Francesca Cristina Salvadori

Scuola

Scuola Dottorale Interateneo in Scienze Giuridiche

Specialità Diritto europeo dei contratti civili, commerciali e del lavoro
Anno di pubblicazione 2011
Tipo di documento Tesi di dottorato
Lingua Italian
Formato | PDF
Dimensione 1.06 MB

Riassunto

I.La Risarcibilità del Danno Non Patrimoniale in Giurisprudenza Italiana Un Analisi della Giurisprudenza

Questo documento analizza la complessa giurisprudenza italiana sul danno non patrimoniale, focalizzandosi sulle sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Si esamina l'evoluzione del concetto di risarcibilità, partendo dalla tradizionale concezione romanistica che limitava il risarcimento ai danni con ripercussioni patrimoniali, fino all'affermazione del danno biologico, del danno morale, e del dibattuto danno esistenziale. Vengono approfonditi i criteri di liquidazione del danno alla salute e le controversie interpretative sull'articolo 2059 del Codice Civile. Particolare attenzione è dedicata alle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2003 e del 2008, che hanno contribuito a chiarire (ma non a risolvere completamente) la natura e la risarcibilità delle diverse tipologie di danno non patrimoniale, distinguendo tra lesioni di diritti inviolabili e altri pregiudizi. Si affrontano inoltre le questioni relative alla prova del danno e ai limiti della risarcibilità, con riferimento a casi specifici di demansionamento, perdita del congiunto e altri illeciti. Il documento si concentra sulle interpretazioni giurisprudenziali dell'art. 2059 c.c., le sentenze della Cassazione (es. Cass. n. 13299/1992, Cass. n. 26975/2008) e della Corte Costituzionale (es. n. 88/1979, n. 372/1994), e il dibattito dottrinale sulla tipicità o atipicità del danno non patrimoniale. Sono citati esempi di casi concreti e di pronunce di merito, comprese le sentenze del Tribunale di Varese (12.4.2010) e della Corte d'Appello di Reggio Calabria (19.11.2009) che mostrano la persistenza di approcci diversi alla risarcibilità del danno esistenziale.

1. Evoluzione Giurisprudenziale sul Danno Non Patrimoniale

Il documento inizia tracciando l'evoluzione giurisprudenziale riguardo alla risarcibilità del danno non patrimoniale in Italia. Si parte dalla tradizionale concezione di derivazione romanistica, che limitava il risarcimento ai soli danni con conseguenze patrimoniali dirette. La lesione dell'integrità fisica o morale, in assenza di ricadute economiche, non era risarcibile. Questa interpretazione restrittiva, basata sull'impossibilità di attribuire un valore economico alla persona, viene progressivamente messa in discussione dalla giurisprudenza di merito, soprattutto a partire dagli anni '70. Si evidenzia l'iniquità di commisurare la gravità del danno alla sola capacità di guadagno della vittima. L'emergere del concetto di danno biologico, e successivamente del danno morale ed esistenziale, ha ampliato l'ambito di risarcibilità, aprendo un complesso dibattito interpretativo sull'articolo 2059 del Codice Civile. La sentenza L’altra decisione (Cass. Sez. U., 30.11.1927) viene citata come esempio di un approccio autoreferenziale e non decisivo riguardo all'irrisarcibilità del danno morale, evidenziando la necessità di un'interpretazione evolutiva della norma. Il percorso giurisprudenziale si snoda attraverso diverse sentenze, tra cui quelle delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che tentano di definire i confini della risarcibilità del danno non patrimoniale, senza però risolvere completamente le controversie interpretative.

2. L Interpretazione dell Art. 2059 c.c. e la Questione della Tipicità Atipia del Danno

Un punto focale dell'analisi è l'interpretazione dell'articolo 2059 del codice civile, che regola il risarcimento del danno non patrimoniale. Il documento evidenzia il contrasto tra chi sostiene la necessità di una interpretazione restrittiva della norma, limitando la risarcibilità ai soli casi espressamente previsti dalla legge (tesi della tipicità), e chi, invece, propugna una lettura più ampia, in linea con i principi costituzionali (tesi dell’atipicità). Si analizzano le diverse argomentazioni a sostegno delle due tesi, con particolare riferimento all'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2 della Costituzione. La giurisprudenza della Corte Costituzionale, pur non abrogando l'art. 2059, ha comunque influenzato l’interpretazione, aprendo la strada al riconoscimento di una maggiore tutela degli interessi della persona. Vengono inoltre esaminate le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno cercato di conciliare le esigenze di tutela della persona con la necessità di evitare un’interpretazione eccessivamente ampia e indefinita dell’art. 2059, spesso rigettando la figura del “danno esistenziale” come categoria autonoma, preferendo invece l'individuazione di specifici diritti inviolabili lesi dal fatto illecito. La Corte di Cassazione ha ripetutamente sottolineato la necessità di una prova rigorosa dell’esistenza del danno non patrimoniale, rifiutando il riconoscimento di risarcimenti per pregiudizi di dubbia serietà.

3. Casi Giurisprudenziali e Criteri di Liquidazione

Il documento presenta una serie di casi giurisprudenziali per illustrare l'applicazione delle norme sulla risarcibilità del danno non patrimoniale. Vengono analizzate sentenze che riguardano diversi ambiti, come il demansionamento del lavoratore (con riferimento all'art. 1226 c.c. e all'art. 2697 c.c.), la perdita di un congiunto a seguito di incidente stradale, la lesione di interessi familiari (esaminando la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 13546/2006), e casi di danni causati da negligenza medica (sentenza Corte d’Appello di Perugia, 4 gennaio 2010, n. 13). Si approfondisce la questione della prova del danno, evidenziando l'importanza della prova per presunzioni nel caso di pregiudizi esistenziali, che riguardano beni immateriali. L’onere della prova incombe sulla parte che lamenta il danno, che deve dimostrare l’esistenza del danno stesso e il nesso di causalità con il fatto illecito. Si esaminano anche casi relativi alla violazione di diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto alla libertà di comunicazione (art. 15 Cost.) e il diritto alla manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), evidenziando come questi diritti possano essere rilevanti anche ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale. Sono citate diverse sentenze della Cassazione, tra cui quelle del 18 novembre 2010 n. 23278, e del 30 dicembre 2009 n. 27888, a dimostrazione della varietà di situazioni e delle interpretazioni giurisprudenziali applicabili.

II.Il Danno Biologico e le sue Conseguenze

Il documento analizza l'evoluzione giurisprudenziale in materia di danno biologico, sottolineando l'abbandono dei tradizionali criteri di liquidazione basati sulla capacità di guadagno della vittima. Si evidenzia l’iniquità di tali regole e la progressiva affermazione di un orientamento più equo che tiene conto della lesione del bene personale indipendentemente dalla capacità reddituale. La tutela del diritto alla salute, garantito dall'articolo 32 della Costituzione, è centrale in questa sezione, con riferimenti a sentenze che hanno modificato il tradizionale approccio di derivazione romanistica.

1. Il Danno Biologico e la Critica ai Criteri Tradizionali di Liquidazione

La sezione dedicata al danno biologico evidenzia una significativa evoluzione nella giurisprudenza italiana. Inizialmente, l'approccio tradizionale, di derivazione romanistica, considerava risarcibile la lesione della salute solo se produceva conseguenze patrimoniali dirette, come la diminuzione della capacità di guadagno o le spese mediche. Si partiva dal presupposto che la persona non avesse un prezzo, rendendo impossibile la traduzione in denaro del danno non patrimoniale. Negli anni '70, però, si afferma un nuovo orientamento che mette in discussione questa concezione, sottolineando l'iniquità di un sistema che legava il risarcimento alla capacità reddituale della vittima. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 88 del 26 luglio 1979, contribuì a questo cambiamento, aprendo la strada ad una valutazione più equa del danno alla salute, indipendentemente dalle conseguenze economiche. Questo passaggio segna una rottura con il passato, riconoscendo che la lesione della salute è un danno in sé, indipendentemente dalla capacità della vittima di produrre reddito. L’articolo 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute come diritto fondamentale, è il pilastro di questa evoluzione giurisprudenziale, che si allontana da un'interpretazione meramente economica del danno.

2. L Affermazione di un Nuovo Orientamento Giurisprudenziale

Il paragrafo prosegue descrivendo l'affermazione di un nuovo orientamento nella giurisprudenza di merito, che ha progressivamente modificato i tradizionali criteri di liquidazione del danno alla salute. L'iniquità di regole che commisuravano le conseguenze della lesione di un bene personale alla capacità di produrre reddito della vittima è stata fortemente criticata. Questo nuovo approccio, centrato sulla lesione del diritto alla salute in sé, indipendentemente dalla capacità di guadagno, ha portato ad un’evoluzione nei meccanismi di valutazione del danno. Il documento, pur senza entrare nel dettaglio delle modalità di liquidazione, sottolinea la trasformazione di un sistema che da una prospettiva meramente economica si apre a una valutazione più ampia e attenta alla lesione del diritto fondamentale alla salute. La menzione della Corte Costituzionale e di altre sentenze evidenzia il ruolo istituzionale nel guidare questa evoluzione, segnando un passaggio da un’interpretazione restrittiva ad una più completa e in linea con i principi costituzionali. Il focus è sulla giustizia del sistema risarcitorio, piuttosto che sulla sua mera efficienza economica.

III.Danno Morale ed Esistenziale Confini e Interpretazioni

Questa sezione approfondisce il dibattito su danno morale e danno esistenziale, analizzando le diverse posizioni giurisprudenziali e dottrinali. Si discute il ruolo dell'articolo 2059 c.c. e la questione della tipicità o atipicità del danno non patrimoniale. Le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2008 vengono analizzate in dettaglio, evidenziando il tentativo di superare la categoria del danno esistenziale come categoria autonoma e ricondurre ogni forma di danno non patrimoniale alla lesione di diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione. La giurisprudenza successiva al 2008 è esaminata per valutare l'effettiva applicazione delle sentenze delle Sezioni Unite e la persistenza di interpretazioni divergenti. Vengono citate sentenze che mostrano la difficoltà di applicazione pratica del principio della lesione di diritti inviolabili, e la persistenza, anche se sotto altra denominazione, del risarcimento per pregiudizi che in precedenza erano qualificati come danno esistenziale.

1. Il Danno Morale Tradizione e Evoluzione Giurisprudenziale

La sezione inizia analizzando il danno morale, evidenziando come la giurisprudenza italiana abbia evoluto la sua concezione nel tempo. Inizialmente, la risarcibilità del danno morale era fortemente limitata, perché considerato non riconducibile a una lesione di un diritto suscettibile di valutazione pecuniaria. Il risarcimento era ammesso solo se dalla lesione di un diritto non patrimoniale derivavano conseguenze dannose di tipo economico. Questa interpretazione restrittiva è ben illustrata dalla critica mossa dalla Suprema Corte a una sentenza che aveva affermato la risarcibilità del danno morale senza alcuna ripercussione economica. La Corte ha più volte affermato che il danno morale, nel vero significato delle parole, conseguenza di fatto illecito imputabile a colui che il danno abbia cagionato, non importa il dovere di risarcire, perché non rappresenta la lesione di un diritto suscettibile di valutazione pecuniaria e di reintegrazione sotto la forma di equivalente in denaro. Il risarcimento può essere ammesso solo nel caso in cui risulti che dalla lesione del diritto o dalla privazione di un bene di carattere non patrimoniale siano derivate immediatamente o mediatamente conseguenze dannose per la persona che ebbe a soffrire l’atto illecito. Tuttavia, l'evoluzione successiva della giurisprudenza ha portato ad un ampliamento della risarcibilità del danno morale, anche se le norme considerate, come l'art. 38 c.p., sono state interpretate in modo diverso dagli studiosi, alcuni ritenendole eccezionali o forme di sanzione privata anziché di risarcimento.

2. Il Danno Esistenziale Dibattito Giurisprudenziale e Dottrinale

La parte centrale della sezione si concentra sul controverso danno esistenziale. Il documento evidenzia il dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla sua configurabilità come categoria autonoma di danno non patrimoniale, distinta dal danno biologico e dal danno morale. Le sentenze gemelle delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione dell'11 novembre 2008 sono cruciali in questo contesto. Queste sentenze hanno rigettato la teoria del danno esistenziale come categoria autonoma, affermando che il danno non patrimoniale è una categoria generale non suscettibile di suddivisioni in sottocategorie. Tuttavia, il documento sottolinea che, nonostante la negazione concettuale di una categoria autonoma di “danno esistenziale”, nella sostanza molte sentenze successive continuano a risarcire pregiudizi che, utilizzando il linguaggio tradizionale del danno esistenziale, vengono descritti come peggioramenti della qualità della vita o alterazioni della quotidianità, ad esempio, il Tribunale di Varese (12.4.2010) e la Corte d’Appello di Reggio Calabria (19.11.2009) ne testimoniano la vitalità, pur legando il risarcimento alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili. Si evidenzia quindi una persistenza di interpretazioni diverse, nonostante l’intervento delle Sezioni Unite del 2008. La Corte di Cassazione, con sentenze successive al 2008 (es. 18.11.2010, n. 23278), ha confermato che il danno non patrimoniale deve essere collegato alla lesione di specifici diritti inviolabili della persona, pur mantenendo aperta la possibilità di risarcimento per situazioni che in precedenza sarebbero state definite come danno esistenziale.

IV.Il Confronto con il Diritto Anglo Americano Punitive Damages

Il documento introduce un confronto con il diritto anglo-americano, analizzando l'istituto dei punitive damages e la loro differenza rispetto al sistema risarcitorio italiano. Si discute la natura sanzionatoria dei punitive damages, la loro funzione deterrente e la loro compatibilità con i principi del diritto italiano. Viene discussa l’eventuale analogia con la retroversione degli utili prevista dall'art. 125 del Codice della Proprietà Industriale e si analizza criticamente la possibilità di interpretare tale articolo come una forma di danno punitivo. Si citano casi significativi della giurisprudenza anglosassone (es. BMW v Gore, State Farm Mutual Automobile Insurance Co. v Inez Preece Campbell) e si evidenzia la problematicità di introdurre nel sistema italiano un meccanismo simile ai punitive damages.

1. Punitive Damages nel Diritto Anglo Americano Caratteristiche e Funzioni

La sezione introduce il concetto di punitive damages del diritto anglo-americano, evidenziando la loro natura sanzionatoria e la funzione deterrente, a differenza del sistema risarcitorio italiano che ha una funzione prevalentemente compensativa. I punitive damages mirano a punire il danneggiante e a scoraggiare condotte simili in futuro, andando oltre la semplice compensazione del danno subito dalla vittima. Il documento esplora le origini storiche dei punitive damages, facendo riferimento ai multiple damages del diritto medievale inglese (es. double damages, treble damages) e alla distinzione romana tra actiones reipersecutoriae (compensative) e actiones poenales (sanzionatorie). Vengono citati casi giudiziari significativi, come Huckle v. Money, che illustra come il risarcimento dei danni, in alcuni casi, possa avere una funzione punitiva oltre che compensativa. Si evidenzia che l'entità dei punitive damages non è legata al danno effettivamente subito, ma alla gravità della condotta del danneggiante e al suo grado di riprovevolezza, come sottolineato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti in BMW v Gore. L'articolo cita anche l’inammissibilità dei contratti di assicurazione aventi ad oggetto i punitive damages, considerati contro l’interesse pubblico per l’intrasferibilità della sanzione punitiva (Masters, Punitive Damages: Covered or Not?, 55 Bus. Law. 283 (1999)).

2. Confronto con il Diritto Italiano e l Art. 125 del Codice della Proprietà Industriale

Il documento prosegue confrontando il sistema dei punitive damages con il sistema risarcitorio italiano, sottolineando la fondamentale differenza di filosofia: nell’ordinamento italiano l’idea della punizione e della sanzione è estranea al risarcimento del danno. La responsabilità civile ha il compito di restaurare la sfera patrimoniale del danneggiato, mediante una somma di denaro che tenda ad eliminare le conseguenze del danno arrecato. Si discute la possibilità di trovare un’analogia tra i punitive damages e la retroversione degli utili prevista dall’articolo 125 del Codice della Proprietà Industriale. Alcuni autori (Pardolesi) vedono in questa disposizione la possibilità di una sorta di “danno punitivo”, dato che il risarcimento tiene conto dei benefici illeciti realizzati dal danneggiante. Altri, invece, sottolineano la differenza di prospettiva, in quanto la retroversione degli utili si concentra sul ristoro effettivo della vittima e non sulla punizione del danneggiante. La Corte Suprema degli Stati Uniti, nel caso State Farm Mutual Automobile Insurance Co. v Inez Preece Campbell, ha stabilito limiti alla concessione dei punitive damages, ritenendo irragionevole una somma dieci volte superiore al danno effettivo. Questo evidenzia la complessità del sistema dei punitive damages e le difficoltà di una sua trasposizione diretta nell'ordinamento giuridico italiano, che si fonda su principi diversi.