
Pratiche Commerciali Scorrette
Informazioni sul documento
Scuola | Scuola Dottorale di Ateneo Graduate School |
Specialità | Diritto Privato Europeo Dei Contratti Civili, Commerciali E Del Lavoro |
Tipo di documento | Tesi di Dottorato |
Lingua | Italian |
Formato | |
Dimensione | 1.33 MB |
Riassunto
I.La Direttiva 2005 29 CE sulle Pratiche Commerciali Scorrette PCS Obiettivi e Ambito di Applicazione
Il documento analizza la Direttiva 2005/29/CE, un provvedimento di armonizzazione completa volto a rafforzare la protezione dei consumatori nel mercato europeo. L'obiettivo principale non è solo la difesa incondizionata del consumatore, ma anche la creazione di un mercato unico più efficiente, riducendo i costi e aumentando la concorrenza leale. La Direttiva si applica a tutte le pratiche commerciali che ledono direttamente gli interessi dei consumatori, escludendo quelle lesive solo dei concorrenti. Il concetto di consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento, è fondamentale nell'interpretazione delle norme.
1. Obiettivi Generali della Direttiva 2005 29 CE
La Direttiva 2005/29/CE sulle Pratiche Commerciali Scorrette (PCS) si propone come un provvedimento di carattere generale per rafforzare la protezione dei consumatori nel mercato europeo. Essa mira ad apprestare una tutela generalizzata, soprattutto nei rapporti con le imprese. Il documento evidenzia che la protezione del consumatore è sia presupposto che oggetto dell'intervento normativo. Inizialmente si potrebbe pensare ad una difesa assoluta e incondizionata del consumatore, ma questa interpretazione viene smentita dall'analisi successiva. Il richiamo, voluto dagli organi comunitari, all'art. 153 CE del Trattato UE, e il fatto essenziale che l'ambito di applicazione della Direttiva corrisponde a tutte e sole quelle pratiche commerciali che ledono direttamente gli interessi dei consumatori, chiariscono che l'obiettivo principale è anche quello di creare un regime di pratiche commerciali il più possibile unitario e omogeneo all'interno degli Stati membri. Questo obiettivo mira a ridurre i costi connessi, aumentando l'offerta di beni e servizi e innalzando il livello di concorrenza. La Direttiva, quindi, è in primis una misura di armonizzazione e di riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, adottata dagli organi comunitari in base all'art. 95 CE. Secondariamente, è una misura (basata sull'art. 153 CE) attraverso cui l'Unione Europea intende contribuire alla tutela degli interessi economici dei consumatori per assicurare un sistema di protezione elevato e uniforme. L'enfasi è posta sulla creazione di un mercato unico funzionante, con la protezione del consumatore come strumento per raggiungere questo obiettivo più ampio.
2. Ambito di Applicazione Definizione di Pratiche Commerciali Scorrette
Un punto cruciale riguarda l’ambito di applicazione della Direttiva sulle pratiche commerciali scorrette. Il documento sottolinea che la Direttiva si concentra esclusivamente sulle pratiche che ledono direttamente gli interessi dei consumatori. Sono quindi escluse le pratiche sleali che, pur essendo tali, danneggiano solo gli interessi dei concorrenti. Questa scelta, che privilegia la creazione di un mercato unico (target full harmonization), dimostra che la priorità è la creazione di un mercato unico efficiente, anche rispetto alla protezione del singolo consumatore. L'interpretazione della Direttiva come provvedimento di armonizzazione completa è supportata dall'assenza di una disposizione che consenta agli Stati membri di adottare norme più rigorose, a differenza di quanto avveniva nelle direttive precedenti sulla tutela del consumatore. La possibilità per gli Stati membri di mantenere, fino al 2013, disposizioni più dettagliate e vincolanti, limitatamente ad alcuni settori specifici (servizi finanziari e beni immobili), conferma questa lettura. La dottrina, inoltre, sembra concordare su questa interpretazione dell’armonizzazione completa. L’individuazione precisa delle pratiche commerciali scorrette è fondamentale, dato che, dopo un periodo di grazia di sei anni (a partire dal 12 giugno 2007), gli Stati membri non potranno più adottare norme diverse da quelle imposte dalla Direttiva per le fattispecie in essa contemplate. Per le fattispecie al di fuori dell’ambito di applicazione della Direttiva, invece, gli Stati membri mantengono la libertà di applicare discipline diverse, purché queste garantiscano una più ampia tutela ai consumatori.
II.Armonizzazione delle Leggi Nazionali e il Ruolo degli Stati Membri
Sebbene manchi una disposizione esplicita, la Direttiva è interpretata come un atto di armonizzazione massima. Gli Stati membri, entro il 2013, potevano mantenere disposizioni più stringenti, ma solo per ambiti specifici come servizi finanziari e beni immobili. La dottrina è concorde su questa armonizzazione completa, garantendo un elevato livello di tutela uniforme per i consumatori. Dopo il periodo di grazia, gli Stati membri non possono adottare norme divergenti riguardo alle fattispecie coperte dalla Direttiva.
1. Natura dell Armonizzazione Completa o Parziale
La sezione analizza la natura dell'armonizzazione prevista dalla Direttiva 2005/29/CE. Sebbene non ci sia una dichiarazione esplicita sulla sua natura di armonizzazione completa, il testo argomenta a favore di questa interpretazione. L'assenza di una clausola che consenta agli Stati membri di adottare norme più rigorose, una caratteristica comune nelle direttive precedenti a tutela del consumatore, suggerisce un'intenzione di armonizzazione massima. Questo aspetto è ulteriormente rafforzato dalla possibilità concessa agli Stati membri di mantenere, fino al 2013, disposizioni più dettagliate e vincolanti rispetto a quelle della Direttiva, ma solo in settori specifici come servizi finanziari e beni immobili. Questa concessione temporanea e settoriale, invece di indicare una armonizzazione parziale, rafforza l'idea che, al di là di queste eccezioni circoscritte, l'obiettivo sia un'uniformità sostanziale nelle legislazioni nazionali. La dottrina, in larga parte, sembra concordare su questa interpretazione della Direttiva come un provvedimento di armonizzazione completa, sottolineando l’impatto significativo sull’omogeneità del mercato unico europeo e sulla conseguente tutela dei consumatori.
2. Il Periodo di Grazia e le Fattispecie Escluse dall Armonizzazione Massima
Il documento evidenzia l'esistenza di un periodo di grazia, che si estende fino al 2013, durante il quale gli Stati membri potevano mantenere o introdurre disposizioni più dettagliate e vincolanti rispetto a quelle previste dalla Direttiva. Questa possibilità, però, era limitata a specifiche materie e settori di attività, principalmente servizi finanziari e beni immobili. Oltre a questo periodo transitorio, è fondamentale chiarire quali fattispecie sono escluse dall'ambito di applicazione della Direttiva, e quindi non soggette all'armonizzazione massima. Il testo afferma che la Direttiva si applica solo alle pratiche commerciali che ledono direttamente gli interessi dei consumatori, escludendo quelle lesive esclusivamente degli interessi dei concorrenti. Questo aspetto è rilevante perché determina la libertà degli Stati membri di applicare discipline diverse per le pratiche che non ricadono nello spettro di applicazione della Direttiva (es. pratiche commerciali lesive solo degli interessi dei professionisti e dei concorrenti, già regolamentate da altre normative comunitarie, come la direttiva 2006/114/CE sulla pubblicità ingannevole e comparativa). La scadenza del periodo di grazia (6 anni dall'entrata in vigore della Direttiva, dal 12 giugno 2007) segna il passaggio ad una piena armonizzazione, con l’obbligo per gli Stati membri di uniformarsi alle disposizioni della Direttiva per tutte le fattispecie da essa regolamentate.
III.I Codici di Condotta e l Autodisciplina
La Direttiva introduce i codici di condotta come strumento di autodisciplina, autorizzando gli Stati membri a prevederli a livello nazionale. Questo strumento di regolamentazione pubblico-privato è importante per la flessibilità e l'efficacia nella tutela dei consumatori. L'analisi del loro recepimento nazionale e applicazione è fondamentale per comprendere l’efficacia di questo meccanismo di auto-responsabilizzazione delle imprese.
1. Introduzione ai Codici di Condotta Un Capo della Direttiva
La sezione dedicata ai codici di condotta inizia evidenziando che un intero capitolo della Direttiva (art. 10) è dedicato a questo tema. L'esistenza di un articolo dedicato sottolinea l'importanza attribuita dal legislatore comunitario a questo strumento di autodisciplina. Non si tratta di una novità assoluta nella legislazione consumeristica comunitaria, dove i codici di condotta hanno già dimostrato una certa efficacia. La norma autorizza gli Stati membri a prevedere, nel loro ordinamento nazionale, il ricorso ai codici di condotta, in aggiunta agli strumenti tradizionali di regolamentazione. L'introduzione dei codici di condotta rappresenta un elemento chiave della dinamica pubblico-privato nella regolamentazione dei rapporti tra imprese e consumatori, testimoniando una tensione tra diversi sistemi di regolamentazione. L'analisi del recepimento della normativa comunitaria in sede nazionale e della sua applicazione pratica è rinviata ad una successiva fase dell'analisi, ma il documento anticipa l'importanza dello studio di questo meccanismo di auto-regolamentazione.
2. L Autodisciplina Pubblicitaria e i Codici di Condotta Analogie e Differenze
Il tema dei codici di condotta è strettamente correlato a quello dell'autodisciplina pubblicitaria. Il documento accenna all'art. 27 bis del Codice del consumo, che distingue tra codici relativi ad una specifica categoria di pratiche commerciali e codici settoriali, relativi ad un settore imprenditoriale specifico (tessile, farmaceutico, edile, etc.). Il codice di Autodisciplina sulla comunicazione commerciale è un esempio del primo tipo. Il documento accenna al codice di Autodisciplina Pubblicitaria (oggi comunicazione commerciale) come la più compiuta ed efficiente espressione di autonormazione in Italia, riconoscendone la diffusione e l’autorevolezza, anche se la sua efficacia non è assimilabile tout court a quella delle norme giuridiche, essendo norme private adottate su base volontaria. Si evidenzia un dibattito dottrinale sulla sua efficacia erga omnes e inter partes, con alcune teorie che ne propongono un’estensione anche a soggetti che non vi hanno aderito formalmente. Si menziona il ruolo del Giurì e delle sanzioni da esso comminate, elementi chiave per comprendere la natura giuridica di questi codici. La clausola di adesione al codice viene analizzata, confrontando interpretazioni contrattuali (contratto a favore del terzo, art. 1411 cod. civ.) e interpretazioni di tipo normativo.
3. Il Ruolo dell Autodisciplina nel Sistema di Tutela del Consumatore Italiano
La sezione analizza il coordinamento tra controllo amministrativo e controllo autodisciplinare in Italia, evidenziando come l’art. 27 ter del Codice del consumo regolamenti questo rapporto. Il testo spiega che i consumatori e i concorrenti possono, prima di adire l'Autorità Garante, concordare di rivolgersi preventivamente all'organismo responsabile del controllo del codice di condotta. Questo ricorso preventivo, però, non pregiudica il diritto di adire successivamente l'Autorità garante della concorrenza e del mercato o il giudice competente. Anche nel caso in cui siano in corso sia il procedimento autodisciplinare che quello amministrativo, le parti possono chiedere la sospensione di quest’ultimo in attesa della decisione del primo. L'Autorità, però, decide in via discrezionale se accettare o meno tale richiesta. L'efficacia pratica di questa sospensione è poi messa in discussione, in quanto la decisione in sede autodisciplinare non ha alcun rilievo nel procedimento amministrativo successivo. In conclusione, il documento suggerisce che, nonostante la normativa sulla tutela del consumatore, il ruolo dei codici di condotta e dell’autodisciplina è stato, nell’esperienza italiana, sminuito. Malgrado la possibilità di standard più elevati di tutela attraverso i codici di condotta, l'armonizzazione massima della Direttiva limita la possibilità di interventi legislativi nazionali più ampi.
IV.Rimedi e Applicazione delle Norme Il Ruolo Giudiziario
La Direttiva, in materia di rimedi, si concentra principalmente sull'inibizione delle pratiche commerciali sleali, lasciando spazio ai ricorsi individuali. Gli Stati membri devono conferire poteri agli organi giurisdizionali o amministrativi per far cessare le PCS, anche con procedure d'urgenza, e per la pubblicazione delle decisioni. La giurisprudenza della Corte di Giustizia è cruciale per l'interpretazione, in particolare riguardo alla definizione di pratica commerciale e all’individuazione del consumatore medio.
1. Il Rimedio Inibitorio come Strumento Centrale
La sezione sui rimedi e l'applicazione delle norme evidenzia il ruolo centrale del rimedio inibitorio nella Direttiva. Questo rimedio, finalizzato ad impedire il compimento o la continuazione di pratiche commerciali scorrette, è considerato il principale strumento di intervento. La Direttiva, pur nella completa libertà di scelta per gli Stati membri in merito ai rimedi, privilegia questo approccio inibitorio nella sua parte procedurale (art. 11). A differenza di altre possibili azioni di carattere contrattuale (nullità, annullabilità, risoluzione, risarcimento del danno, etc.), che mirano alla tutela di posizioni individuali del singolo consumatore, la Direttiva si concentra sulla cessazione della pratica scorretta stessa, a prescindere dalle conseguenze contrattuali specifiche. I ricorsi individuali dei soggetti lesi non sono pregiudicati (Considerando n. 9), ma la Direttiva non si occupa direttamente dei rapporti contrattuali conseguenti alle pratiche commerciali sleali, né degli interessi del consumatore singolarmente considerato. Questo approccio riflette la logica della Direttiva, incentrata sull'armonizzazione del mercato e sulla tutela della concorrenza, più che sulla protezione individuale del consumatore.
2. Il Ruolo degli Organi Giurisdizionali e Amministrativi nell Applicazione
Gli Stati membri devono conferire agli organi giurisdizionali o amministrativi il potere di far cessare le pratiche commerciali sleali, o di proporre azioni giudiziarie per ingiungerlo (art. 11, comma 2). Questa facoltà si estende anche alle pratiche imminenti, anche in assenza di prove di danno effettivamente subito o di intenzionalità/negligenza del professionista. È previsto inoltre un procedimento d'urgenza, con effetto provvisorio o definitivo, a discrezione di ogni Stato membro. Per impedire la prosecuzione degli effetti di pratiche commerciali sleali sospese da decisione definitiva, gli Stati membri possono conferire il potere di pubblicare tale decisione, o una dichiarazione rettificativa. L'efficacia di queste misure è legata all'effettiva capacità degli organi giurisdizionali e amministrativi di applicare le norme, considerando la complessità delle fattispecie e la necessità di una corretta interpretazione dei concetti chiave, come quello di 'pratica commerciale' e 'consumatore medio'. La giurisprudenza della Corte di Giustizia è fondamentale per uniformare l'applicazione della Direttiva a livello europeo.
3. Interpretazione Giurisprudenziale e Ambito di Applicazione
L'interpretazione giurisprudenziale della Direttiva è fondamentale per definirne l'ambito di applicazione. La Corte di Giustizia ha confermato un ambito di applicazione per materia particolarmente ampio, esteso a qualsiasi pratica commerciale in collegamento diretto con la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori. Sono escluse solo le normative nazionali relative a pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad operazioni tra professionisti. Le pronunce della Corte di Giustizia includono nel concetto di pratica commerciale una vasta gamma di attività promozionali dirette alla vendita di beni/servizi ai consumatori, come offerte congiunte, operazioni a premio e giochi a premio. Il documento evidenzia che la distinzione tra atti che pregiudicano i consumatori e atti che pregiudicano i concorrenti non è sempre netta, una limitazione riconosciuta anche dal legislatore comunitario, che riconosce la legittimazione ad agire contro le pratiche commerciali scorrette anche ai concorrenti. Il recepimento della Direttiva nel nostro ordinamento (decreti legislativi n. 145 e n. 146 del luglio 2007) ha ulteriormente definito l’ambito di applicazione.
V.La Diligenza Professionale e il Dovere di Informazione
La diligenza professionale è valutata sulla base di standard obiettivi, senza considerare la buona o cattiva fede del professionista. La giurisprudenza si basa su criteri di adeguatezza sociale e tecnica, concentrandosi sulla prevenzione del danno al consumatore. Il professionista ha l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa. L'obbligo di diligenza è maggiore per professionisti in posizione di potere, considerando l’asimmetria informativa e la necessità di rendere le informazioni sui costi e sulle caratteristiche dei servizi facilmente accessibili al consumatore medio.
1. La Diligenza Professionale Standard Oggettivi e Prevenzione del Danno
La sezione sulla diligenza professionale chiarisce che la valutazione di questa non si basa su criteri soggettivi (buona o cattiva fede), ma su standard oggettivi di adeguatezza, misurati su criteri sociali e tecnici. La giurisprudenza si concentra sulla deficienza dello sforzo diligente come criterio di responsabilità, ovvero sulla mancanza di diligenza nel salvaguardare l'interesse altrui nelle concrete circostanze del contatto sociale. La mancanza di colpa, in questo senso, esclude la responsabilità del soggetto, ma non l'antigiuridicità del comportamento se in contrasto con il modello di comportamento astrattamente appropriato alla salvaguardia dell'interesse altrui. Prevenire il danno è quindi l'obiettivo principale della diligenza professionale. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, richiamando l'orientamento della Cassazione Civile (sez. lav., 26 agosto 2003, n. 12391), interpreta la previsione di cui al primo comma dell'art. 3, l. 689/81, affermando una praesumptio juris tantum di colpa a carico di chi abbia commesso il fatto vietato, con l'onere di dimostrare di aver agito senza colpa. Pertanto, in sede di giudizio, il professionista deve provare positivamente la sua diligenza professionale.
2. Diligenza e Misure di Controllo Il Ruolo della Prevenzione
Un punto importante riguarda l'adeguatezza delle misure di controllo, prevenzione e vigilanza adottate dal professionista in relazione alla pratica contestata. La rispondenza alla diligenza va ricercata anche in queste misure. L'obbligo di diligenza non è basato su criteri rigidi e predeterminati, ma deve tenere conto delle circostanze specifiche del caso concreto. Professionisti in posizione di mercato privilegiata e di potere hanno un obbligo di vigilanza e controllo più stringente. Sentenze del giudice amministrativo sottolineano che l'obbligo di diligenza va valutato caso per caso, considerando le cautele e gli accorgimenti suggeriti dalle circostanze. Il principio di proporzionalità è fondamentale nel bilanciare l'esigenza di libera circolazione delle merci e servizi con il diritto del consumatore ad una scelta consapevole. La valutazione della diligenza tiene conto anche del modello del consumatore medio, individuando un punto di equilibrio tra la tutela del consumatore e lo sviluppo di un mercato realmente concorrenziale, soprattutto nei settori di recente liberalizzazione.
3. Il Nuovo Spirito della Direttiva e la Responsabilità d Impresa
La sezione analizza il concetto di diligenza professionale alla luce del nuovo spirito della Direttiva sulle PCS, che si riflette nel Codice del consumo. La Direttiva rappresenta una novità non solo per la nuova tutela del consumatore, ma anche per i nuovi obblighi di diligenza richiesti alle imprese. Il nuovo modello normativo promuove comportamenti virtuosi da parte dei professionisti, finalizzati allo sviluppo di pratiche leali e non solo alla punizione di quelle sleali. Questo approccio punta ad una rafforzata responsabilità d'impresa, formulando in termini positivi comportamenti virtuosi da parte dei professionisti. Sentenze come quella del Consiglio di Stato (Sez. VI, Sent., 12-04-2011 n. 2256) hanno chiarito che l'esigibilità di un comportamento preventivo per evitare condotte sanzionate deve essere valutata caso per caso, considerando la dimensione organizzativa dell'impresa, la sua diretta cointeressenza economica e la sua capacità di apprezzare i profili di scorrettezza. L'equilibrio tra l'esigenza di tutela del consumatore e la libera circolazione delle merci è al centro di questa nuova concezione di responsabilità d'impresa.
VI.Il Consumatore Medio e l Asimmetria Informativa
La Direttiva fa riferimento al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici. L'interpretazione di tale figura è fondamentale per valutare la rilevanza dell’impatto di una pratica commerciale scorretta, considerando la sua diffusione e il numero di consumatori coinvolti. L’asimmetria informativa tra professionista e consumatore, pur essendo una costante, non giustifica automaticamente l’innalzamento del livello di tutela. L’Autorità deve verificare caso per caso se il consumatore medio sarebbe stato in grado di superare tale asimmetria.
1. Il Consumatore Medio Definizione e Interpretazione
La sezione analizza il concetto di 'consumatore medio' come parametro fondamentale per l'applicazione della Direttiva sulle pratiche commerciali scorrette. Il legislatore comunitario, pur non definendo esplicitamente il 'consumatore medio' all'interno della Direttiva, precisa nel considerando n. 18 che si fa riferimento ad un consumatore normalmente informato, ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici. La giurisprudenza della Corte di giustizia, richiamata dal documento, è cruciale per determinare la reazione tipica del consumatore medio in ogni fattispecie concreta, facendo riferimento alla giurisprudenza consolidata, a partire dagli anni Novanta, in materia di pubblicità ingannevole e marchi di impresa. Il documento cita la sentenza Yves Rocher, secondo cui il consumatore medio è un soggetto ben informato, capace di elaborare le informazioni ricevute e di agire di conseguenza. Il testo critica alcune interpretazioni giurisprudenziali (es. TAR Lazio, 16 giugno 2009 n. 5695) che sembrano restringere eccessivamente la nozione di consumatore medio, richiedendo una particolare dimestichezza con i siti internet per valutare la completezza delle informazioni online, trascurando la tutela dei consumatori meno esperti. L’applicazione del concetto di consumatore medio richiede quindi una attenta valutazione caso per caso, considerando le diverse capacità e livelli di informazione dei consumatori.
2. L Asimmetria Informativa e l Approccio Paternalistico dell Autorità
La sezione approfondisce il tema dell’asimmetria informativa tra consumatore e professionista, evidenziando come questa sia una caratteristica strutturale del rapporto di consumo. L'Autorità, in alcuni casi, ha adottato un approccio paternalistico, ritenendo che il professionista debba colmare tutte le eventuali carenze informative dei consumatori. Il documento critica questo approccio, sostenendo che l’esistenza di asimmetria informativa non dovrebbe giustificare automaticamente un innalzamento del livello di tutela. L'Autorità dovrebbe verificare caso per caso se il consumatore medio sarebbe in grado di superare l’asimmetria informativa, o se la carenza di informazioni avrebbe potuto essere colmata solo dal professionista. L’analisi delle decisioni dell’Autorità mostra una mancanza di questa valutazione caso per caso, mostrando una tendenza a fornire tutela anche ai consumatori meno avveduti, a volte intervenendo su episodi isolati e sporadici, non rappresentativi di un modus operandi diffuso sul mercato. Questo approccio, secondo il documento, è in contrasto con la missione istituzionale dell’Autorità, chiamata a tutelare il corretto funzionamento del mercato e non solo a fornire una tutela eccessiva a tutti i consumatori, anche a quelli meno responsabili. L'applicazione della normativa in altri Paesi membri dell'Unione Europea viene proposta a confronto, suggerendo una maggiore attenzione alla reale diffusione delle pratiche contestate.
VII.Pratiche Commerciali Aggressive e Indebolimento dell Autodisciplina
Le pratiche aggressive, che incidono sulla libertà di scelta del consumatore, sono analizzate nel documento, con riferimento a tecniche di marketing aggressivo, molestie, coercizioni e condizionamenti indebiti. Il teleselling, ad esempio, può essere considerato una pratica aggressiva se svolto con insistenza e intrusione nella sfera privata. Il documento evidenzia come, in Italia, l'efficacia dei codici di condotta e dell’autodisciplina pubblicitaria sia stata sminuita da un coordinamento legislativo che non riconosce pienamente la loro potenziale efficacia preventiva nella risoluzione delle controversie.
1. Definizione di Pratiche Commerciali Aggressive
La sezione sulle pratiche commerciali aggressive inizia con una descrizione del contesto attuale degli scambi commerciali, caratterizzato da evoluzione tecnologica, distanza nelle contrattazioni e rapporti di consumo automatizzati, informatizzati e massivi. Questo contesto favorisce l'utilizzo di tecniche di marketing aggressive da parte dei professionisti. La dottrina (citando Libertini M.) evidenzia l'esigenza di reprimere comportamenti che ledono la libertà di scelta del consumatore, inducendolo ad assumere decisioni che altrimenti non avrebbe preso attraverso molestie, coercizioni o condizionamenti indebiti. Questi comportamenti sono definiti come 'atti lesivi della libertà e della dignità del consumatore'. Il documento richiama i vizi del consenso, in particolare la violenza, che può portare all'annullamento o alla nullità del contratto. Lo sfruttamento della posizione di potere del professionista può avvenire su un duplice piano: giuridico e di mero fatto. L'asimmetria informativa, le circostanze concrete e le caratteristiche del consumatore medio sono fattori che determinano la sussistenza di una pratica aggressiva. L’approfittamento del professionista può avvenire manipolando sentimenti, emozioni, paure o sfruttando eventi tragici per indurre il consumatore a prendere decisioni non altrimenti prese.
2. Esempi di Pratiche Aggressive e il Ruolo del Teleselling
La sezione fornisce esempi di pratiche aggressive, con particolare attenzione al settore delle telecomunicazioni. Il teleselling, seppur non intrinsecamente aggressivo, lo diviene se svolto con insistenza e pesante intrusione nella sfera privata del consumatore. Il TAR, nel valutare la distorsione del comportamento, si riferisce a variabili sociali (famiglia, classe sociale, cultura) e ai fattori previsti dall'art. 25 Cod. del Cons., tra cui i tempi, il luogo, la natura e la persistenza della sollecitazione. L'AGCM considera aggressivo lo sfruttamento della posizione di potere del professionista per indurre il consumatore alla conclusione di contratti, soprattutto in settori complessi e caratterizzati da asimmetria informativa, come quello delle telecomunicazioni. L’attivazione di servizi di telefonia fissa e mobile tramite teleselling è considerata una tecnica di commercializzazione aggressiva se svolta con insistenza e pressione indebita. Il documento evidenzia che l'indebito condizionamento del consumatore medio è l'elemento centrale nella definizione di pratica commerciale aggressiva. L'analisi di sentenze del TAR e dell'AGCM conferma questa interpretazione.
3. L Ostacolo Non Contrattuale come Pratica Aggressiva e l Indebolimento dell Autodisciplina
Il documento introduce la figura dell’ostacolo non contrattuale come possibile quarta fattispecie di pratica aggressiva, autonoma rispetto alle tre già definite. Questa fattispecie si verifica quando il professionista frappone un ostacolo defatigante, gravoso o sproporzionato, di natura non contrattuale, all'esercizio dei poteri negoziali del consumatore. L'ostacolo può consistere nell'esigere documenti eccessivi, non pertinenti o difficili da reperire, oppure nella semplice inerzia del professionista. Anche in assenza di molestie o coercizioni, questa condotta limita la libertà di scelta del consumatore e lo può indurre ad assumere decisioni favorevoli al professionista. Il documento osserva che alcune di queste condotte sono difficilmente ipotizzabili nel settore pubblicitario, anche se alcune fattispecie, come l’intrusive advertising e il direct marketing (compreso lo spamming), sono già note. In conclusione, la sezione evidenzia come, nell’esperienza italiana, l’art. 27 ter del Codice del consumo, pur prevedendo un ruolo per l’autodisciplina nella risoluzione delle controversie, non riesca a dare piena efficacia a questo strumento di autoregolamentazione, lasciando spazio ad un intervento prevalente e spesso eccessivo da parte dell’Autorità Garante, limitando così il potenziale sviluppo di prassi professionali volontarie e migliorative.
VIII.La Comunicazione del Prezzo e Casi di Studio AGCM
La comunicazione del prezzo finale è un elemento chiave. L’AGCM ha sanzionato diversi operatori, tra cui Vueling e altri vettori aerei, per aver omesso di includere nel prezzo iniziale costi aggiuntivi (es. supplemento carta di credito), inducendo in errore il consumatore medio. Nel settore della telefonia mobile, H3G è stata sanzionata per piani tariffari con soglie di traffico difficilmente verificabili ex ante dal consumatore. Questi casi illustrano l’applicazione pratica della Direttiva e l’interpretazione della diligenza professionale e della trasparenza informativa da parte dell’AGCM.
1. La Comunicazione del Prezzo Finale Trasparenza e Immediatezza
Questa sezione si concentra sulla comunicazione del prezzo finale come elemento fondamentale nella scelta del consumatore. L'AGCM e il giudice amministrativo si sono espressi ripetutamente su questo punto, soprattutto nel settore del trasporto aereo. L'AGCM ha sanzionato Vueling per 70.000 euro per violazione degli artt. 20, comma 2, e 21, comma 1, lettera d) del Codice del consumo, a causa dell'omissione, nel prezzo finale online dei biglietti aerei, dell'importo del supplemento per il pagamento con carta di credito. La comunicazione del prezzo al netto di supplementi è considerata scorretta perché fornisce una rappresentazione ambigua e incompleta delle condizioni economiche, confondendo il consumatore sull'esborso finale. Similmente, nel 2011, Alitalia, Blu Express, Germanwings e Air Italy sono state sanzionate per un totale di 285.000 euro per una pratica scorretta: lo scorporo di un onere non eventuale, falsamente rappresentato come un costo non preventivabile, inducendo in errore il consumatore medio sul prezzo effettivo. La trasparenza informativa è fondamentale, indipendentemente dal mezzo di comunicazione utilizzato. Il prezzo deve essere di immediata percezione e comprensione per il consumatore.
2. Casi di Studio AGCM Settore Aereo e Telefonia Mobile
La sezione presenta due casi di studio dell'AGCM. Nel settore aereo, le sanzioni si sono concentrate sulla scorretta modalità di comunicazione del prezzo, che non includeva sin dall'inizio costi aggiuntivi necessari e prevedibili, come il supplemento per l'uso della carta di credito. L'AGCM ha sottolineato l'obbligo di trasparenza informativa e la necessità di una chiara e immediata percezione del prezzo finale da parte del consumatore, evitando l'utilizzo di prezzi d'impatto apparentemente convenienti a cui poi vengono aggiunti costi aggiuntivi. Nel settore della telefonia mobile, l'istruttoria nei confronti di H3G, relativa all'applicazione di nuovi piani tariffari, evidenzia la problematicità di soglie di traffico difficilmente controllabili e verificabili ex ante dal consumatore. La difficoltà di verifica del traffico con altri operatori, considerando la possibilità di mantenere il proprio numero in caso di migrazione, è stata considerata una pratica scorretta. L’AGCM e il giudice amministrativo hanno evidenziato l'importanza di una corretta e completa informazione preventiva al consumatore, per consentirgli una decisione consapevole, anche in contesti complessi. Questi casi illustrano l'applicazione pratica della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette e l'importanza della trasparenza e della chiarezza informativa.