L'imputazione oggettiva agli enti degli illeciti in materia di sicurezza sul lavoro

Responsabilità d'impresa: Reato colposo e D.lgs 231/2001

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Riassunto

I.lgs

Il documento analizza la responsabilità da reato degli enti in Italia, focalizzandosi sul D.lgs. n. 231/2001. Un punto cruciale riguarda i criteri di imputazione oggettiva, ovvero l'interesse o il vantaggio dell'ente nel reato commesso da un soggetto qualificato (amministratori, dipendenti apicali). Il documento discute a fondo l'interpretazione giurisprudenziale di questi criteri, in particolare la distinzione tra interesse (valutabile ex ante) e vantaggio (ex post), e le implicazioni per i delitti dolosi e colposi. L'analisi considera diverse sentenze della Corte di Cassazione (es. Cass., sez. VI, 3 marzo 2004, Ribera; Cass., sez. III, 20 aprile 2011, n. 15657) per chiarire l'applicazione pratica della legge. Viene inoltre affrontata la questione dell'inversione dell'onere della prova a seconda della presenza o meno di vantaggio per l'ente.

1. Interpretazione del D.lgs. 231 2001 e la Responsabilità degli Enti

Questa sezione analizza l'interpretazione del D.lgs. n. 231/2001 riguardo alla responsabilità da reato degli enti. Il testo evidenzia la necessità di un'interpretazione che eviti un vuoto normativo e disuguaglianze tra diverse forme di impresa. Viene citata una sentenza della Cassazione (20 aprile 2011, n. 15657) che sottolinea l'applicabilità del decreto anche alle imprese individuali, evitando un'interpretazione meramente formalistica che potrebbe avere ricadute costituzionali. L'interpretazione formalistica dell'incipit del decreto, secondo la sentenza, creerebbe un vuoto normativo con conseguenti disparità di trattamento tra imprese semplici e complesse. La sentenza 15657 afferma che l'impresa individuale può essere assimilata ad una persona giuridica, dove la persona dell'imprenditore si confonde con l'attività esercitata, rimandando agli artt. 2082 e 2083 c.c. per la definizione di impresa. L'applicabilità del D.lgs. n. 231/2001 alle società a responsabilità limitata è considerata indubitabile. La sezione introduce quindi il tema centrale dei criteri di imputazione oggettiva che saranno approfonditi nelle sezioni successive.

2. Ruolo degli Amministratori e Potere Decisionale

La sezione si concentra sul ruolo degli amministratori nella gestione dell'impresa e il loro potere decisionale ai fini della responsabilità dell'ente. Gli amministratori esercitano poteri d'iniziativa, esecutivo, decisionale e di rappresentanza. Questi poteri sono analizzati nel dettaglio, con riferimento al potere di promuovere l'attività deliberativa dell'assemblea, dare attuazione alle decisioni dei soci, deliberare sugli atti di gestione e manifestare all'esterno la volontà sociale. Anche gli amministratori non delegati hanno poteri analoghi, con competenze concorrenti e di controllo sugli amministratori delegati. Nelle società a responsabilità limitata, anche i soci con poteri di gestione attribuiti dall'atto costitutivo (art. 2463, comma 2, numeri 7 e 8, c.c.) sono inclusi. Il documento evidenzia l'equiparazione tra amministratori e membri del consiglio di gestione nelle società con sistema dualistico (art. 2409-nonies c.c.). Questa analisi definisce chiaramente i soggetti chiave a cui si attribuisce la responsabilità, ponendo le basi per l'analisi dei criteri di imputazione oggettiva.

3. Criteri di Imputazione Oggettiva Interesse e Vantaggio

Questa parte approfondisce i criteri di imputazione oggettiva previsti dall'art. 5 del D.lgs. n. 231/2001: l'interesse e il vantaggio. Il documento analizza diversi punti di vista dottrinali e giurisprudenziali su questi due criteri. Si discute se l'interesse e il vantaggio siano elementi alternativi o cumulativi per l'attribuzione della responsabilità all'ente. Vengono citate diverse sentenze della Cassazione (es. Cass. Sez. VI, 9 luglio – 17 settembre 2009 n. 36083, Mussoni; Cass. Sez. VI, 18 febbraio – 16 luglio 2010 n. 27735, Brill Rover) che mostrano diverse interpretazioni sull'onere della prova, con alcune sentenze che sembrano indicare un'inversione dell'onere della prova in presenza di un vantaggio per l'ente e altre che lo attribuiscono all'accusa. L'analisi considera anche l'ipotesi di un amministratore infedele e le conseguenze per l'ente, inclusa la confisca dei profitti anche in forma equivalente (art. 6, ultimo comma). Si approfondisce il significato di 'interesse' e 'vantaggio', con riferimento alla 'politica d'impresa' e al principio di immedesimazione, soprattutto in presenza di illeciti commessi da soggetti apicali.

4. Onere della Prova e Interpretazioni Giurisprudenziali

La sezione approfondisce la questione dell'onere della prova nella responsabilità da reato degli enti. Si analizzano diverse interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali sull'art. 5, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 231/2001, in particolare sul ruolo dell'interesse e del vantaggio. Alcuni autori sostengono l'interpretazione disgiuntiva dei due criteri, altri la congiuntiva. L'analisi considera l'impatto dell'art. 12, comma 1, lett. a, che prevede una riduzione della sanzione pecuniaria se il reato è commesso nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo. Viene evidenziato il ruolo dell'interpretazione letterale della norma (art. 12 preleggi) e la necessità di una motivazione rigorosa da parte del giudice. Si discute anche il ruolo del giudice nell'accertamento della conformità del modello organizzativo e della sua efficace attuazione, indipendentemente dalla presenza di attestati di conformità da organismi di certificazione. La sezione mette in evidenza la complessità interpretativa e la varietà di approcci giurisprudenziali.

II.lgs

Il documento approfondisce l'interazione tra il D.lgs. n. 231/2001 e il D.lgs. n. 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro. L'adozione di un modello organizzativo adeguato, con un Organismo di Vigilanza, è fondamentale per escludere o mitigare la responsabilità amministrativa dell'ente in caso di infortuni sul lavoro. L'analisi si concentra sull'art. 30 del D.lgs. 81/2008, sottolineando la necessità di un sistema di controllo efficace e la sua relazione con le linee guida UNI-INAIL e BS OHSAS. Viene inoltre discussa la figura del datore di lavoro e i suoi obblighi di prevenzione, incluso il ruolo della valutazione dei rischi e dell'informazione e formazione dei lavoratori. Il documento cita diverse pronunce giurisprudenziali su questo argomento, evidenziando l'importanza del rispetto degli standard tecnico-strutturali e della massima sicurezza tecnicamente possibile.

1. Il D.lgs. 81 2008 e la Prevenzione degli Infortuni sul Lavoro

Questa sezione introduce il Decreto Legislativo 81/2008, focalizzandosi sulle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Vengono elencate le misure principali previste dall'art. 3, come la valutazione dei rischi, l'eliminazione o riduzione al minimo dei rischi alla fonte, il rispetto dei principi ergonomici, la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto a quelle individuali, e il controllo sanitario dei lavoratori. Si evidenzia il principio della massima sicurezza tecnicamente possibile, citando una sentenza della Cassazione (sez. fer., 26.08.2008, n. 45335) che sottolinea l'obbligo del datore di lavoro di adottare strumenti e macchinari sicuri, ispirandosi alla migliore scienza ed esperienza, anche oltre i requisiti minimi previsti dalla legge ad un determinato momento storico. L'adeguamento tecnologico e l'evoluzione delle conoscenze sono cruciali per la sicurezza sul lavoro. La sezione introduce il concetto di 'pericolo' come proprietà o qualità intrinseca di un fattore con potenziale di causare danni (art. 2, lett. r), e si differenzia tra la gestione del pericolo e quella del rischio, più complessa e caratterizzata dall'incertezza sul potenziale offensivo dell'interazione di diversi fattori.

2. Modelli Organizzativi e Art. 30 del D.lgs. 81 2008

La sezione si concentra sull'articolo 30 del D.lgs. 81/2008, che introduce i Modelli organizzativi per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il testo analizza il rapporto tra questo articolo e il D.lgs. 231/2001, evidenziando che l'adozione di un Modello organizzativo non è un obbligo sanzionabile, ma una esimente della responsabilità amministrativa dell'ente in caso di reato (come confermato da sentenze del Tribunale di Tolmezzo e di Milano). Viene discussa la natura mista delle regole che compongono il Modello: standard tecnico-strutturali (attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici) e attività meramente organizzative (riunioni di sicurezza, consultazioni). Si evidenzia la differenza tra la 'colpa generica' del Modello generale e la 'colpa specifica' del Modello in materia di salute e sicurezza sul lavoro, basata sull'inosservanza di leggi e regolamenti. L'articolo 30, comma 5, introduce una presunzione di idoneità del Modello conforme alle linee guida UNI-INAIL o BS OHSAS, sottolineando l'importanza della gestione della sicurezza come requisito essenziale. Si discute poi il rischio di una responsabilità automatica dell'ente per ogni violazione di una regola cautelare da parte di un dipendente.

3. Sistemi di Controllo e Ruolo dell Organismo di Vigilanza

Questa parte descrive il sistema di controllo previsto per la sicurezza sul lavoro, articolato in due livelli. Il primo livello è il sistema interno di gestione della sicurezza, mentre il secondo livello è affidato all'Organismo di Vigilanza (OdV) previsto dall'art. 6 del D.lgs. 231/2001. L'OdV svolge un ruolo di vigilanza sul Modello organizzativo, verificando la funzionalità del sistema di primo livello tramite interviste e checklist. Se i controlli non garantiscono il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione, l'OdV formula suggerimenti per migliorare il Modello. L'OdV verifica anche l'adeguatezza delle misure preventive adottate dall'ente nel settore infortunistico. Si discute poi il ruolo e le competenze dell'OdV, con particolare attenzione alla questione se la presenza di un tecnico esperto in materia di sicurezza sia un requisito necessario. Alcuni autori ritengono che la dimestichezza con i requisiti normativi e organizzativi sia sufficiente, altri suggeriscono l'inclusione di esperti del settore in imprese ad alto rischio, con una preferenza per un Modello generale applicabile a diverse tipologie di reato piuttosto che Modelli specifici per ogni tipologia di rischio. La delega di funzioni in materia di sicurezza e il conseguente obbligo di vigilanza sono analizzati, con differenti punti di vista sulla possibilità di trasferire tale obbligo a soggetti diversi dall'OdV.

4. Adempimenti del Datore di Lavoro e Modelli Organizzativi nelle PMI

La sezione approfondisce gli obblighi specifici del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come previsti dall'art. 15 del D.lgs. 81/2008. Questi obblighi includono la valutazione dei rischi, la programmazione della prevenzione, l'eliminazione o riduzione dei rischi, il rispetto dei principi ergonomici, l'informazione e formazione dei lavoratori, le misure di emergenza, e la manutenzione degli impianti. Vengono inoltre descritti gli obblighi specifici dei lavoratori, come il contributo alla sicurezza, l'osservanza delle disposizioni aziendali, l'utilizzo corretto delle attrezzature e la segnalazione di pericoli. Si discute la necessità di aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi. La sezione si conclude con una riflessione sull'applicazione del D.lgs. 81/2008 nelle piccole e medie imprese (PMI), evidenziando le difficoltà legate alle risorse economiche e umane limitate. Le linee guida di Confindustria vengono citate come strumento di supporto per le PMI, suggerendo anche il ricorso a soggetti esterni per la gestione degli adempimenti in materia di sicurezza e la predisposizione di Modelli organizzativi efficaci.

III.Responsabilità dell Ente nei Reati Colposi Interesse e Vantaggio

Un'ulteriore sezione approfondisce la responsabilità degli enti nei reati colposi, in particolare quelli derivanti da violazioni della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro. Il documento esamina se i criteri di imputazione oggettiva (interesse e vantaggio) siano applicabili in modo analogo ai reati dolosi o richiedano un'interpretazione specifica. Si discute il ruolo del risparmio di spesa, dell'aumento della produttività e del profitto come potenziali motivi di condotte colpose. Viene evidenziato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull'interpretazione disgiuntiva o congiuntiva dei criteri di imputazione, citando autori come Amarelli, De Vero, e altri. L'analisi considera se la colpa cosciente possa implicare un interesse dell'ente, anche in assenza di un vantaggio economico diretto.

1. Applicabilità dei Criteri di Imputazione Oggettiva ai Reati Colposi

Questa sezione si concentra sulla complessità dell'applicazione dei criteri di imputazione oggettiva (interesse e vantaggio) previsti dall'art. 5 del D.lgs. 231/2001 ai reati colposi. A differenza dei reati dolosi, nei reati colposi la volontà delittuosa non è presente. Il documento analizza se gli artt. 5, comma 2, e 12, comma 1, del D.lgs. 231/2001, che escludono o riducono la responsabilità dell'ente in base all'interesse esclusivo o prevalente dell'agente, siano applicabili ai reati colposi. Si argomenta che, in mancanza di una volontà delittuosa, non si può parlare di interesse esclusivo o prevalente della persona fisica, rendendo questi articoli applicabili prevalentemente ai delitti dolosi. Per i reati colposi, quindi, l'attenzione si concentra sul criterio del vantaggio, interpretato in chiave patrimoniale. Questa analisi evidenzia la necessità di un approccio differenziato nell'applicazione dei criteri di imputazione a seconda della natura del reato (doloso o colposo).

2. Colpa Cosciente e Interesse dell Ente

La sezione approfondisce il concetto di 'colpa cosciente' nei reati colposi e la sua relazione con l'interesse dell'ente. Si analizza l'ipotesi in cui un soggetto, pur non volendo il verificarsi dell'evento dannoso (infortunio), agisce consapevolmente in violazione di una regola cautelare, spesso per evitare costi economici per l'ente. In questi casi, la condotta inosservante può essere considerata tenuta nell'interesse della persona giuridica, anche se il risultato dannoso è estraneo alla volontà dell'agente. L'esempio del datore di lavoro che omette comportamenti cautelari per risparmiare sui costi illustra questa situazione. Si evidenzia come, anche in assenza di un diretto beneficio economico (vantaggio), la condotta colposa possa essere riconducibile all'interesse dell'ente, mettendo in luce la difficoltà di distinguere tra colpa individuale e colpa organizzativa in tali contesti.

3. Interesse Oggettivo e Attività Istituzionali dell Ente

Questa sezione approfondisce l'interpretazione del criterio dell'interesse in senso oggettivo, analizzando il legame tra la condotta colposa e l'attività istituzionale dell'ente. Secondo alcuni autori, l'illecito commesso dall'autore individuale deve essere collocato in una prospettiva funzionale alla gestione degli interessi e alla promozione delle attività dell'ente. Altri autori criticano questa 'oggettivizzazione' dell'interesse, sostenendo che una carente organizzazione aziendale non possa essere automaticamente considerata come prova di un interesse dell'ente nel reato colposo. Si discute il concetto di 'attività istituzionali', definito come attività commerciali conformi allo scopo imprenditoriale, e la difficoltà di definire con precisione il confine tra responsabilità individuale e responsabilità dell'ente nei reati colposi. L'analisi considera anche il ruolo del 'vantaggio' come elemento chiave per l'ascrizione della responsabilità dell'ente nei reati colposi, soprattutto in relazione ai costi per evitare infortuni sul lavoro, spesso considerato il 'movente' reale delle condotte antidoverose.

4. Giurisprudenza e Approcci Interpretativi Diversi

La sezione analizza la giurisprudenza in merito alla responsabilità degli enti per delitti colposi, mettendo in luce la varietà di approcci interpretativi. Mentre la compatibilità del criterio oggettivo di imputazione dell'art. 5 del D.lgs. 231/2001 con i reati colposi è generalmente riconosciuta, le motivazioni delle sentenze sono spesso diverse. Si evidenzia la difficoltà di creare un canone generale di accertamento del nesso di imputazione oggettiva. Vengono citati casi in cui la responsabilità dell'ente è affermata basandosi sul solo criterio dell'interesse (inteso oggettivamente), senza approfondire la questione del vantaggio, evidenziando una tendenza alla semplificazione probatoria. Si sottolinea la necessità di una maggiore chiarezza interpretativa e di una motivazione più dettagliata da parte dei giudici per garantire una maggiore uniformità nella giurisprudenza e una maggiore prevedibilità per gli enti.

IV.Modelli Organizzativi per Piccole e Medie Imprese PMI

Il documento affronta le sfide nell'implementazione dei modelli organizzativi nelle piccole e medie imprese (PMI). Vengono analizzate le difficoltà di natura economica e organizzativa, oltre agli ostacoli culturali. Si menzionano le linee guida di Confindustria per aiutare le PMI a conformarsi alla normativa sulla responsabilità da reato degli enti e a garantire la sicurezza sul lavoro, suggerendo anche il ricorso a professionisti esterni per supporto. L'obiettivo è trovare soluzioni pratiche per rendere l'adempimento alle norme 231 meno oneroso per le PMI.

1. Sfide nell implementazione dei Modelli Organizzativi nelle PMI

Questa sezione affronta le difficoltà nell'applicazione del D.lgs. 231/2001 e nella creazione di Modelli organizzativi efficaci nelle piccole e medie imprese (PMI). Il testo riconosce che l'implementazione del decreto non è semplice per le PMI a causa delle limitate risorse economiche e umane. Si sottolinea che gli ostacoli non sono solo di natura oggettiva (risorse), ma anche di natura soggettiva, legati a schemi culturali e mentali consolidati. L'adozione di un modello organizzativo, anche per la sicurezza sul lavoro, rappresenta una sfida significativa per queste realtà aziendali, che spesso devono conciliare la necessità di conformità normativa con la limitata disponibilità di personale e budget. La sezione pone le basi per la discussione di soluzioni alternative e di supporto alle PMI.

2. Soluzioni e Linee Guida per le PMI

Il documento presenta possibili soluzioni per aiutare le PMI ad affrontare le sfide legate all'implementazione dei modelli organizzativi. Si evidenzia che il legislatore, nel settore della salute e sicurezza dei lavoratori, consente alle PMI una flessibilità nella gestione della vigilanza, permettendo all'organo gestionale di svolgere anche attività di vigilanza e al datore di lavoro di assumersi tutte le responsabilità in materia di prevenzione e protezione. Questa flessibilità, tuttavia, porta ad una concentrazione di obblighi e responsabilità sul datore di lavoro, che deve gestirle anche sul piano documentale per poter beneficiare dell'esimente prevista dal D.lgs. 231/2001. Il documento suggerisce, come alternativa, il ricorso a soggetti esterni (professionisti, esperti, enti di certificazione) per il supporto nell'implementazione e nella gestione dei modelli organizzativi e degli adempimenti previsti dalla normativa. Questa opzione permette alle PMI di alleggerire il carico di lavoro e di garantire comunque la conformità agli standard richiesti.