L'obbligo di motivazione dell'atto amministrativo: una comparazione tra il diritto italiano, il diritto dell'Unione europea e il diritto inglese

Motivazione Atto Amministrativo: Italia, UE, UK

Informazioni sul documento

Lingua Italian
Formato | PDF
Dimensione 1.98 MB

Riassunto

I.La Rilevanza dei Motivi e della Causa nel Negozio Giuridico

Il documento analizza l'importanza dei motivi e della causa nel negozio giuridico, focalizzandosi sulla loro rilevanza ai fini della validità contrattuale. In generale, i motivi sono irrilevanti, salvo eccezioni come l'art. 1345 c.c. che prevede la nullità per motivo illecito comune alle parti. La causa, invece, risulta rilevante soprattutto nei contratti atipici o in quelli tipici quando si adottano teorie sulla causa concreta, identificata nella ragione che giustifica il contratto stesso. L'irrilevanza dei motivi si estende anche all'irrilevanza della motivazione, ossia della loro enunciazione scritta o orale.

1. Irrilevanza dei Motivi nel Diritto Privato

Il testo introduce il concetto di negozio giuridico, sottolineando come i motivi che spingono le parti alla stipulazione di un contratto siano generalmente irrilevanti per il diritto. L'errore sul motivo, di norma, non inficia la validità del negozio giuridico stesso. Si evidenzia l'inconfigurabilità del vizio di eccesso di potere nel diritto privato, con l'eccezione rappresentata dall'articolo 1345 del codice civile, che sancisce la nullità del contratto stipulato esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe le parti. Questa eccezione viene definita come una 'eccezione di rilevanza', evidenziando la regola generale dell'irrilevanza dei motivi. Da questa irrilevanza dei motivi deriva anche l'irrilevanza della motivazione, cioè della loro enunciazione esplicita. Le parti, pur potendo dare rilevanza giuridica ad un motivo, elevandolo a condizione del negozio, non hanno alcun obbligo generale di enunciazione dei motivi stessi. La mancanza di una esplicita dichiarazione dei motivi non comporta, di regola, alcuna conseguenza sulla validità del contratto.

2. La Causa del Contratto Aspetti Dottrinali e Rilevanza

Il paragrafo prosegue l'analisi, estendendo le considerazioni alla causa del contratto. Si specifica che la causa non è rilevante per tutti gli atti che producono effetti predeterminati e per i quali il privato si limita a scegliere se compiere o meno l'atto, come ad esempio il matrimonio. L'analisi si concentra sulle diverse dottrine oggettive della causa, distinguendo tra la causa astratta, intesa come funzione economico-sociale del contratto e risolvibile nel tipo di contratto, e la causa concreta, identificata nella ragione specifica che giustifica quel particolare contratto. La causa, quindi, diventa rilevante soprattutto nei contratti atipici o, in quelli tipici, solo se si adottano le teorie più recenti sulla causa concreta. Anche in questo ambito, il contratto è nullo solo se la causa non è rinvenibile nell'intero regolamento di interessi, e non dalle sole dichiarazioni delle parti. L’analisi mostra quindi che, mentre la semplice enunciazione della causa è scarsamente interessante per i contratti tipici, la sua individuazione è fondamentale per la validità del contratto atipico e, nei contratti tipici, quando si adotta la prospettiva della causa concreta. Si sottolinea che la causa deve essere ricavata dall'intero contesto del contratto, non solo da dichiarazioni esplicite delle parti.

II.L Obbligo di Motivazione nei Provvedimenti Amministrativi e la sua Evoluzione

Un'ampia parte del documento tratta dell'obbligo di motivazione nei provvedimenti amministrativi. L'analisi si concentra sull'evoluzione storica di tale obbligo, evidenziando il passaggio da una concezione legata alla sovranità dell'organo amministrativo e alla presunzione di legittimità (con riferimento a contributi di autori come Giannini), ad una visione più moderna incentrata sulla trasparenza, la garanzia del cittadino e sul controllo democratico. L'art. 97 Cost. e la legge n. 241/1990 (e successive modifiche), insieme all'art. 111 Cost. (in riferimento ai provvedimenti giurisdizionali), sono punti cardine della discussione. Si discute anche il ruolo della motivazione in relazione all'esecutività dei provvedimenti e alla possibilità di ricorso amministrativo o giudiziale.

1. Evoluzione Storica dell Obbligo di Motivazione

Il documento traccia l'evoluzione dell'obbligo di motivazione nei provvedimenti amministrativi, mettendo in luce il cambiamento di prospettiva. Inizialmente, la motivazione era vista come una conseguenza della sovranità dell'organo amministrativo ed era legata alla presunzione di legittimità del provvedimento. Questa concezione, riferita anche al contributo di autori come Giannini, considerava la motivazione un elemento accessorio, con una funzione di garanzia limitata. Il passaggio a una visione più moderna, legata alla trasparenza e al controllo democratico, è stato graduale. L'articolo evidenzia come, nel secondo dopoguerra, l'assenza di un obbligo generale di motivazione delle leggi fosse giustificata dalla presenza di controlli più penetranti sugli atti amministrativi rispetto al controllo di legittimità esercitato dalla Corte Costituzionale. La riforma del 2001 e il crescente rilievo del diritto internazionale hanno contribuito ad una maggiore attenzione alla trasparenza dell'azione amministrativa. Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana del 1948, la presunzione di legittimità dei provvedimenti amministrativi ha iniziato a perdere la sua centralità. La legge n. 241/1990, con successive modifiche, ha segnato una svolta significativa nell'imporre un obbligo generale di motivazione, avvicinando il sistema italiano a modelli più attenti alla trasparenza e alla partecipazione del cittadino. Questo mutamento è in parte motivato dal cambio radicale delle dinamiche di controllo sull’attività amministrativa, passato da un controllo più penetrante ad un controllo più blando in sede giurisdizionale.

2. Funzioni della Motivazione Garanzia Trasparenza e Controllo Democratico

Il documento analizza le diverse funzioni attribuite alla motivazione nei provvedimenti amministrativi. Una prima prospettiva enfatizza la funzione di garanzia per il cittadino, permettendogli di contestare eventuali vizi del provvedimento tramite ricorso amministrativo o giudiziale. Questa prospettiva, legata ad una visione più tradizionale e in parte autoritaria del rapporto tra amministrazione e cittadino, vede la motivazione come strumento essenziale per riequilibrare il potere discrezionale dell'amministrazione. Una seconda prospettiva, più moderna, sottolinea la funzione di trasparenza, rivolta alla collettività e finalizzata ad assicurare un controllo democratico sull'operato della pubblica amministrazione. Si evidenzia quindi come la motivazione non sia solo un elemento formale, ma anche un discorso giustificativo che offre chiarezza sull'azione dei pubblici poteri. La funzione di trasparenza è vista come un elemento di certezza notiziale, anche se alcuni autori distinguono tra trasparenza e pubblicità. La discussione approfondisce il confronto tra queste diverse funzioni della motivazione, evidenziando come la funzione di garanzia sia principalmente indirizzata al singolo cittadino, mentre quella di trasparenza e controllo democratico si rivolgono alla collettività. L'evoluzione del pensiero giuridico ha portato a riconoscere l'importanza di entrambe le funzioni, sebbene l'equilibrio tra esse possa variare a seconda del tipo di provvedimento e del contesto normativo.

3. L articolo 97 della Costituzione e l Obbligo di Motivazione

L'analisi si concentra sul ruolo dell'articolo 97 della Costituzione, che impone il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Questo principio generale viene collegato all'obbligo di motivazione, evidenziando come esso sia un fondamento imprescindibile per garantire il corretto funzionamento della pubblica amministrazione. Si confronta la legislazione italiana con altre esperienze legislative internazionali, come l'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (“right to good administration”), che esplicitamente prevede l'obbligo di motivazione delle decisioni amministrative. Il documento discute se tale obbligo discenda direttamente dal principio costituzionale, mettendo in luce che, nonostante la legge n. 241/1990 abbia attuato la portata programmatica dell'articolo 97, il legislatore ha comunque mantenuto un ampio margine di discrezionalità sulla disciplina della motivazione. La discussione si concentra sulle questioni inerenti la portata applicativa del principio costituzionale, le modalità di attuazione e i limiti del controllo giurisdizionale. Si evidenzia la complessità della questione, sottolineando come l'articolo 97, da solo, non riesca a risolvere problemi specifici come l'individuazione dei soggetti tenuti a motivare, i fatti e gli atti da motivare.

III.La Motivazione e il suo Controllo Giurisdizionale

Il documento esamina la motivazione e il suo controllo giurisdizionale, analizzando diversi aspetti cruciali. Si approfondisce il concetto di motivazione sufficiente, distinguendola dalla mera enunciazione dei motivi. Viene affrontata la problematica della corrispondenza tra motivazione e motivi reali, evidenziando la rilevanza di eventuali discordanze. Si discute inoltre la motivazione per relationem, e i suoi limiti, nonché la possibilità di integrazione successiva della motivazione in sede giudiziale, con particolare attenzione all'onere probatorio a carico dell'amministrazione. La legge n. 241/1990 viene analizzata in dettaglio, in relazione alla sua applicazione a provvedimenti individuali e generali, e si considerano anche le eccezioni previste per alcuni tipi di provvedimenti (es. piani regolatori generali, varianti urbanistiche).

1. La Motivazione Sufficiente e i Vizi Formali

Il documento affronta il tema della motivazione sufficiente nei provvedimenti amministrativi, distinguendo tra la motivazione intesa come enunciazione motivante nel testo del provvedimento e i motivi stessi che hanno portato alla decisione. L'insufficienza della motivazione, intesa come enunciazione, configura un vizio formale, diverso dall'assenza completa della motivazione. Si discute l'esistenza di una linea immaginaria che delimiterebbe la sufficienza della motivazione, con la difficoltà pratica di stabilire tale confine. Oggi, si parla di motivazione insufficiente solo quando il discorso giustificativo è talmente breve da non assolvere alla sua funzione di garanzia, parlando in tal caso di motivazione minima. Il documento evidenzia poi il caso di mancata corrispondenza tra motivazione e motivi, un vizio formale meno grave di quelli precedenti, che potrebbe non portare all'annullamento dell'intero provvedimento, se la soluzione adottata è intrinsecamente valida. Si sottolinea comunque l'importanza di sostituire la motivazione errata con quella corretta, per garantire le funzioni di garanzia e controllo democratico, evitando che il destinatario non possa comprendere le effettive ragioni della decisione dell'amministrazione.

2. Motivazione per Relationem e Accesso ai Documenti

Il testo approfondisce la motivazione per relationem, ovvero il rimando ad altri atti o documenti per giustificare la decisione. Questa pratica, criticata in passato per la sua potenziale lesione delle funzioni di trasparenza e garanzia, viene riconsiderata alla luce della possibilità per il giudice di esaminare atti prodromici al provvedimento, anche imponendo all'amministrazione di produrli in giudizio. Si evidenzia la necessità che gli atti richiamati siano specificamente individuati e facilmente accessibili ai soggetti interessati, con un regime di pubblicità analogo a quello del provvedimento stesso. La giurisprudenza dominante, mentre garantisce l'accesso ai documenti richiamati, non impone all'amministrazione l'obbligo di notificarli, limitandosi all'indicazione degli estremi e alla loro messa a disposizione su richiesta. Viene criticata l'impostazione giurisprudenziale che subordina la decorrenza del termine di impugnazione all'esercizio del diritto di accesso da parte del privato, considerando che ciò potrebbe pregiudicare le ragioni di certezza dell'azione amministrativa. La limitazione dei destinatari della motivazione ai soli titolari del diritto di accesso viene considerata pregiudizievole per le funzioni di trasparenza e controllo democratico.

3. Integrazione Successiva della Motivazione e Controllo Giurisdizionale

Si analizza il divieto di integrazione successiva della motivazione, nonostante la sua natura non assoluta. Si distinguono due eccezioni: la dimostrazione in giudizio, da parte dell'amministrazione, dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo in caso di atti vincolati; e l'indicazione successiva di una fonte normativa nota a un operatore professionale, anche se non menzionata nel provvedimento. La giurisprudenza tende a distinguere i presupposti giuridici da quelli fattuali, sebbene il principio distintivo non sia sempre chiaro. Si considera l'applicabilità del principio del iura novit curia ai presupposti di diritto, che potrebbe legittimare l'integrazione successiva indipendentemente dalla conoscenza del ricorrente. Il documento evidenzia la maggiore attenzione alla tutela della posizione giuridica del privato in caso di provvedimenti con natura più provvedimentale che generale. Si conclude che l'obbligo di motivazione può essere alleggerito in casi particolari, come quando l'atto è conforme a precedenti e prassi costanti o quando sussistono problemi di segretezza, pur rimanendo il nucleo essenziale della motivazione imprescindibile. Si evidenzia come la partecipazione al procedimento possa alleggerire l'onere di motivazione, sia per i procedimenti individuali che per quelli che coinvolgono Stati Membri o altre istituzioni dell'Unione Europea.

IV.Il Diritto all Obbligo di Motivazione nell Unione Europea

La parte conclusiva del documento si concentra sul diritto all'obbligo di motivazione nell'ambito del diritto dell'Unione Europea, confrontandolo con il diritto interno italiano. L'analisi si concentra sull'art. 41, par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, sull'art. 296 TFUE e sull'applicazione dei principi di trasparenza, garanzia e controllo democratico negli atti adottati dalle istituzioni europee. Si affrontano le diverse tipologie di atti (atti legislativi, provvedimenti individuali), e le relative implicazioni in termini di onere motivazionale. Si considerano anche le differenze tra rulemaking e single case decision-making e l'importanza della partecipazione dei privati al procedimento. Il ruolo della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e la sua giurisprudenza, in particolare in relazione all'azione di annullamento, sono analizzati per comprendere come il principio sia applicato in concreto. Viene inoltre affrontato il tema del Protocol on the application of the Charter of Fundamental Rights of the European Union to Poland and to the United Kingdom, evidenziando le implicazioni per il Regno Unito.

1. L Obbligo di Motivazione nel TFUE e la Carta di Nizza

Il documento analizza l'obbligo di motivazione nel diritto dell'Unione Europea, facendo riferimento all'articolo 296 del TFUE e all'articolo 41 della Carta di Nizza (“right to good administration”). Si evidenzia che l'obbligo di motivazione riguarda tutti gli atti giuridici adottati dalle istituzioni e dagli organismi dell'Unione Europea, elencati esemplificativamente dall'articolo 288 TFUE (regolamenti, direttive, decisioni). La discussione si concentra sulla procedura legislativa ordinaria (codecisione) e sulle procedure speciali, sottolineando che la motivazione deve essere presente nell'atto finale, indipendentemente da eventuali modifiche durante il processo legislativo. Si osserva che la codecisione può comportare una scissione tra il soggetto motivante e la motivazione interna del soggetto agente. L'applicazione dell'obbligo di motivazione agli Stati membri è analizzata alla luce dell'articolo 41 della Carta di Nizza e dell'articolo 51(1) della stessa, che ne specifica la portata applicativa. La giurisprudenza europea (caso Wachauf) richiede una chiara intenzione di implementare il diritto dell'Unione Europea per l'applicazione dell'obbligo di motivazione anche agli Stati membri, estendendosi anche a casi in cui lo Stato Membro si muova nella sfera di diritto dell'Unione Europea, anche senza una specifica norma procedurale dell'UE. Si sottolinea come, in questo contesto, la motivazione assuma una funzione di garanzia per i cittadini dell'Unione, garantendo standard procedurali minimi indipendentemente dall'autorità procedente.

2. Il Ruolo della Giurisprudenza Europea e il Confronto con il Diritto Interno

Il documento evidenzia il ruolo della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nell'interpretare e applicare l'obbligo di motivazione. Si analizza il contrasto tra la brevità dell'articolo 296(2) TFUE e la previsione più dettagliata dell'articolo 3 della legge n. 241/1990. Si discute la difficoltà di definire un oggetto preciso della motivazione a livello europeo, data la varietà di atti coinvolti e la necessità di includere anche atti atipici o innominati nei trattati. Si cita il caso Cimenteries per evidenziare come la Corte possa qualificare un atto come decisione, e quindi soggetto all'obbligo di motivazione, anche se formalmente denominato parere. Si discute quindi l'impugnazione degli atti per carenza di motivazione, limitata agli atti delle istituzioni europee in grado di produrre effetti giuridici obbligatori nei confronti dei terzi. Si afferma che, secondo una parte della dottrina, i pareri non sarebbero obbligatoriamente motivati, in quanto non impugnabili. Il documento evidenzia il ruolo della giurisprudenza nel definire la portata dell’obbligo di motivazione, anche in considerazione dell’approccio sostanzialistico della Corte di Giustizia e dell’azione di annullamento. Si sottolinea infine come l’elencazione dell’articolo 288 TFUE sia meramente esemplificativa, lasciando alla giurisprudenza il compito di definire la nozione di “atto giuridico” e la conseguente necessità di motivazione.

3. Rulemaking e Single Case Decision Making nell Unione Europea

Il documento distingue tra due tipologie di attività amministrativa nell'Unione Europea: il rulemaking (adozione di atti di portata generale) e il single case decision-making (adozione di provvedimenti individuali). Per gli atti di portata generale, la funzione di trasparenza tende a prevalere su quella di garanzia. Si citano esempi di leggi di settore che impongono una motivazione specifica (es. legge 262/2005 sui mercati finanziari) e l'utilizzo di strumenti alternativi alla motivazione, come l'analisi di impatto della regolazione (AIR), che prevede una valutazione comparativa di scelte alternative. L'AIR, con le sue verifiche di impatto a scadenza biennale, si differenzia dalla motivazione del provvedimento. Per gli atti individuali, invece, l'obbligo di motivazione risulta più gravoso, con l'applicazione dell'articolo 41 della Carta di Nizza che tutela il diritto ad una buona amministrazione, comprendendo il diritto di essere ascoltato e di accedere al fascicolo personale. Anche in questo caso, la partecipazione del privato al procedimento può alleggerire l'onere di motivazione. La distinzione tra rulemaking e single case decision-making evidenzia come la funzione di garanzia, più rilevante nei provvedimenti individuali, sia meno preponderante negli atti di portata generale, dove l'interesse alla motivazione è condiviso dalla collettività e dagli Stati membri. La trattazione include anche le implicazioni del Protocol on the application of the Charter of Fundamental Rights of the European Union to Poland and to the United Kingdom, e il caso NS v Secretary of State for the Home Department, in merito all'applicazione della Carta di Nizza al Regno Unito.