Questioni di grammatica controverse: alcuni esempi dal Kitab al-insaf di al-Anbari (m. 577/1181)

Grammatica araba: al-Anbārī

Informazioni sul documento

Scuola

Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Asia Meridionale e Occidentale – Lingue, Culture e Istituzioni

Specialità Asia Meridionale e Occidentale – Lingue, Culture e Istituzioni
Tipo di documento Tesi di Laurea
Lingua Italian
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Riassunto

I.Le Due Scuole di Grammatica Araba Bassora e Kufa

Il documento analizza il dibattito tra le due principali scuole di grammatica araba classica: quella di Bassora e quella di Kufa. Questo confronto, sviluppatosi tra il II/VIII e il IV/X secolo, ruota attorno a questioni di dettaglio, con più somiglianze che differenze sostanziali, come sottolineato da Versteegh. Figure chiave del dibattito furono Sībawayhi (Bassora) e al-Kisāʾī (Kufa), ma molti altri linguisti contribuirono, tra cui al-Farrāʾ e Ṯaʿlab (Kufa) e al-Māzinī, al-Aḫfaš, al-Mubarrad e al-Ğarmī (Bassora). L'uso del qiyās (analogia) fu una fonte comune, seppur soggetto a critiche reciproche sull'applicazione. L'opera di al-Anbārī, Kitāb al-ʾInṣāf, offre un'analisi comparativa delle due scuole, cercando di trovare un punto di equilibrio tra le loro diverse teorie sull’ʾiʿrāb (flessione) e altri aspetti della grammatica araba.

1. Origine e Sviluppo delle Due Scuole

Dopo la morte del Profeta, la preservazione della lingua araba della rivelazione divenne fondamentale. Questo portò allo sviluppo di teorie grammaticali e linguistiche, con un'enfasi sulla fissazione delle versioni più antiche del testo coranico. Il periodo chiave per la formazione di queste teorie è generalmente collocato tra il II/VIII e il IV/X secolo. Al-Ḫalīl e, soprattutto, Sībawayhi, rappresentano figure fondamentali nello sviluppo di queste teorie grammaticali, che influenzarono tutti gli studiosi successivi. Si nota però che, pur concentrandosi sulle differenze tra le scuole di Bassora e Kufa, emergono più somiglianze che divergenze. Secondo Versteegh, le divergenze di opinione riguardavano principalmente dettagli, e i metodi impiegati non erano così dissimili come spesso affermato. L'uso del qiyās (analogia) era comune ad entrambe le scuole, sebbene ognuna criticasse l'altra per un uso superficiale o errato di questo principio. La differenza principale risiedeva nella liceità di certe pratiche grammaticali, ammesse dai grammatici kufioti ma non da quelli basrensi.

2. Il Dibattito tra Bassora e Kufa Figure Chiave e Contributo

Il dibattito iniziale tra le due scuole è generalmente identificato con quello tra Sībawayhi (Bassora) e al-Kisāʾī (Kufa). Tuttavia, numerosi linguisti contribuirono significativamente allo studio della lingua araba. Tra i membri eminenti della scuola di Kufa, figurano grammatici del calibro di al-Farrāʾ e Ṯaʿlab. La scuola di Bassora, invece, vanta figure come al-Māzinī, al-Aḫfaš, al-Mubarrad, e al-Ğarmī. A partire dal III/IX secolo, nuovi grammatici emersero, alcuni ritenendo gli studi precedenti sufficientemente esaustivi, altri mirando ad ampliarli. Queste divergenze di opinioni, riguardanti sia questioni di autorità che questioni prettamente linguistiche, contribuirono ulteriormente alla diversificazione delle due scuole. L'idea stessa dell'esistenza di due scuole distinte è considerata da alcuni studiosi (come suggerito da Carter e sostenuto da Owens) una costruzione a posteriori, operata dai linguisti del X secolo a Baghdad, forse con l'intento di legittimare una sorta di eterodossia linguistica, contrapponendo l'ortodossia basrense a quella kufiota. I grammatici kufioti, a differenza dei basrensi, non si consideravano veri e propri legislatori della lingua, ma piuttosto si collocavano in una dimensione più ‘amatoriale’.

3. Sintesi delle Differenze e delle Somiglianze

Il documento evidenzia la complessità del rapporto tra le scuole di Bassora e Kufa, sottolineando la difficoltà di individuare nette differenze. L'analisi mostra come le divergenze fossero spesso minime e riguardassero dettagli specifici, piuttosto che principi fondamentali di grammatica araba. L'uso del qiyās, come metodo di analisi analogica, era condiviso da entrambe le scuole, nonostante le reciproche critiche sull'applicazione di tale metodo. Alcune opere, come il Kitāb al-ʾInṣāf di al-Anbārī, tentano di mediare tra le due posizioni, ma spesso, come suggerisce Carter, inclinano verso una prospettiva basrense. L'influenza della logica greca è innegabile, evidente non solo nei termini usati, ma anche nel tipo di ragionamento sillogistico impiegato nell'analisi linguistica. A Baghdad, nel IV/X secolo, si assiste a una sorta di unificazione, dove gli studiosi studiavano le teorie di entrambe le scuole, scegliendo poi quelle più congeniali, evitando pregiudizi e creando una sorta di sintesi tra le due tradizioni. Questa evoluzione fu favorita dalla maggiore conoscenza linguistica e dalla capacità di tradurre testi greci e siriaci, arricchendo il panorama degli studi grammaticali arabi.

II.L analisi del Kitāb al ʾInṣāf di al Anbārī

L'analisi si concentra su otto questioni trattate da al-Anbārī nel suo Kitāb al-ʾInṣāf, evidenziando le divergenze tra le scuole di Bassora e Kufa su temi come la definizione di kalima (morfema/parola), la flessione dei sei nomi (al-ʾasmāʾ as-sitta), la reggenza, l'uso del ḍamīr (pronome) e il concetto di ištiqāq (derivazione). Al-Anbārī, pur presentando accuratamente le argomentazioni di entrambe le scuole, spesso sembra favorire l'approccio di Bassora, utilizzando metodi logici e filosofici di derivazione greca. L'autore utilizza anche riferimenti a versi poetici e alla lingua parlata dai beduini (considerati portatori di arabo puro - faṣīḥ) per supportare le sue argomentazioni.

III.La Teoria della Reggenza e il Ruolo dell ʿāmil

Un'attenzione particolare è dedicata alla teoria della reggenza (ʿamal) e al ruolo dell’ʿāmil (elemento reggente). Si discute su quale elemento grammaticale determina la flessione delle parole, con differenze significative tra le due scuole. Il concetto di ʿāmil maʿnawī (operatore astratto), in particolare l’ibtidāʾ, viene analizzato. Il documento approfondisce anche la definizione di ğumla (frase/proposizione) e il suo sviluppo terminologico nella grammatica araba classica, distinguendola da kalām.

1. La Teoria della Reggenza ʿAmal e l ʿĀmil

La sezione approfondisce la teoria della reggenza (ʿamal) in grammatica araba, focalizzandosi sul ruolo dell’ʿāmil (elemento reggente). Viene spiegato come ogni marca di ʾiʿrāb (flessione) di un nome o verbo sia assegnata dall'azione di un altro elemento della frase, indipendentemente dalla sua posizione autonoma o meno. Questo elemento reggente (ʿāmil) deve precedere l’elemento retto (maʿmūl fī-hi) nell'ordine canonico della frase, sebbene quest'ordine possa essere modificato da regole di trasposizione (taqdīm wa-taʾḫīr). Un esempio di analisi canonica è dato dalla frase ḍaraba Zaydun ʿAmran (‘Zayd colpì ʿAmr’), dove il verbo ḍaraba assegna il nominativo al soggetto Zayd e l’accusativo all'oggetto ʿAmr. Un elemento non può reggere un altro elemento della stessa categoria (tranne nei casi di verbo-nominali); la reggenza opera sulla testa di una frase nominale o verbale, estendendosi poi alle dipendenze (tawābiʿ). Il concetto di ʿāmil è centrale per comprendere l'ʾiʿrāb e la struttura sintattica delle frasi in arabo classico.

2. Differenze tra le Scuole di Bassora e Kufa sulla Reggenza

Il documento evidenzia le differenze tra le scuole di Bassora e Kufa riguardo alla teoria della reggenza. Si analizza il caso in cui il ẓarf (complemento di luogo) influenza la vocalizzazione degli elementi successivi. I grammatici kufioti attribuiscono questo effetto ad una caratteristica intrinseca del ẓarf, che sostituisce un verbo sottostante, teorico, che gli conferisce il ruolo di ʿāmil. Al contrario, i grammatici basrensi considerano l’ibtidāʾ come causa della vocalizzazione in nominativo degli elementi che seguono il ẓarf, in quanto l’ibtidāʾ, al posto di un mubtadaʾ, si esprime tramite il ẓarf. Questo dibattito mette in luce le diverse concezioni di reggenza, con i kufioti che enfatizzano le proprietà intrinseche degli elementi grammaticali e i basrensi che focalizzano sull'effetto del contesto sintattico. L'analisi approfondisce poi l'applicazione dell'ibtidāʾ come ʿāmil maʿnawī (operatore astratto), che assegna il nominativo a soggetto e predicato nella frase nominale. L'ibtidāʾ, per i grammatici classici più coerenti, è definito come l'assenza di un elemento reggente foneticamente rappresentabile, un elemento governante privo di rappresentazione fonetica; alcuni trattati, però, suggeriscono un approccio più enunciativo, tipico di Sībawayhi.

3. Reggenza e ʿĀmil Ulteriori Aspetti e Esempi

L'analisi prosegue con l'esame di altri aspetti della reggenza, includendo l'annessione o inclusione del ḍamīr (pronome) nel ḫabar e nell’ism al-fāʿil. Le scuole di Bassora e Kufa mostrano divergenze su se il ḫabar debba o meno includere il pronome che si riferisce al mubtadaʾ. I kufioti sostengono la necessità di questa apposizione, mentre i basrensi ne ammettono la possibilità ma non la considerano indispensabile. Un altro esempio di divergenza riguarda la relazione tra il mubtadaʾ e il ḫabar, con la discussione su come questi due elementi si influenzano reciprocamente attraverso la reggenza. Si introduce anche il concetto di tarāfuʿ, un altro aspetto importante della reggenza che mette in luce come gli elementi grammaticali si relazionano all'interno di una frase. La distinzione cruciale tra le due scuole emerge anche nell'analisi della reggenza del ẓarf e nella concezione dell'ʿāmil, con approcci formalistici (Kufa) ed enunciativi (Bassora).

IV.Derivazione Ištiqāq e il Concetto di Radice

Il documento esplora la teoria dell'ištiqāq (derivazione) nell'ambito della grammatica araba, confrontando le diverse interpretazioni. Si confrontano le teorie di Cantineau e Larcher sulla derivazione, mettendo in evidenza la distinzione tra la concezione degli arabisti e quella dei grammatici musulmani. Il ruolo del maṣdar (infinito) come base della derivazione è un punto chiave, analizzando la diversa prospettiva tra gli approcci morfologici (arabisti) e quelli formali e semantici (grammatici arabi).

1. L Ištiqāq Derivazione secondo Cantineau e Larcher

La sezione discute il concetto di ištiqāq (derivazione) nella linguistica araba. Viene presentata la teoria di Cantineau, che considera i lessemi dell'arabo classico come composti da radice (con significato lessicale) e schema (con significato grammaticale). Combinando radici e schemi, si possono derivare parole appartenenti alla stessa area semantica ma con funzioni diverse. Larcher, tuttavia, introduce una distinzione tra la derivazione come intesa dagli arabisti e la derivazione “araba” interpretata dai grammatici musulmani. Larcher evidenzia un possibile “fraintendimento” tra le due concezioni: la derivazione non parte sempre da una radice comune a tutti i lessemi, ma da una radice dalla quale si genera una parola che, a sua volta, diventa la base per la derivazione di altri termini. Quindi, mentre l'idea di radice come combinazione ordinata di consonanti (ḥurūf) è mantenuta, la base di partenza può cambiare, generando nuovi gruppi di termini senza una sequenza fissa. Il maṣdar (infinito) è generalmente considerato la base del processo di derivazione.

2. Confronto tra l Approccio degli Arabisti e quello dei Grammatici Arabi

Il testo confronta l'approccio degli arabisti e quello dei grammatici arabi riguardo all'ištiqāq. Gli arabisti tendono a considerare la parola araba ʾaṣl come equivalente di “radice”, una forma base in relazione ad altre. Questa prospettiva potrebbe essere spiegata dalla maggiore linearità morfologica del maṣdar rispetto alla terza persona singolare del māḍī (verbo passato), spesso considerata matrice derivazionale. Il maṣdar, inoltre, è considerato la forma semanticamente meno marcata, recando solo il significato del processo senza indicazioni temporali. Contrariamente ai grammatici arabi, gli arabisti identificano un processo di derivazione inverso, derivando il maṣdar dal verbo. Questo approccio conferisce alla derivazione una connotazione prevalentemente morfologica, a differenza dell'ištiqāq dei grammatici arabi, basato su aspetti formali e semantici. La discrepanza tra questi due approcci evidenzia diverse prospettive metodologiche e teoriche nello studio della derivazione nella lingua araba.