
STEMI: Timing e Trattamento
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Riassunto
I.Definizione e Tipi di Infarto Miocardico Acuto con Sopraslivellamento del Tratto ST STEMI
Il documento descrive l'infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) come una condizione grave caratterizzata dalla morte dei miociti cardiaci a causa di una prolungata riduzione del flusso coronarico. La diagnosi si basa su un tipico incremento delle troponine cardiache (TnI e TnT), marcatori biochimici di danno miocardico, insieme a criteri elettrocardiografici. Vengono distinti diversi tipi di STEMI, in base alla causa dell'ischemia: tipo 1 (placca aterosclerotica), tipo 2 (discrepanza domanda/offerta di ossigeno), tipo 4 (legato a procedure interventistiche coronariche), e tipo 5 (legato a chirurgia cardiochirurgica). L'ECG è fondamentale per la diagnosi, evidenziando il sopraslivellamento del tratto ST. Anche l'ecocardiografia gioca un ruolo importante, soprattutto in casi con ECG non diagnostico.
1. Definizione di Infarto del Miocardio
L'infarto del miocardio è definito come la necrosi miocardica, ovvero la morte delle cellule del muscolo cardiaco, causata da una significativa e prolungata riduzione dell'apporto di ossigeno. Questa riduzione, detta ischemia miocardica acuta, è dovuta a un flusso coronarico ridotto o assente. La necrosi miocardica si manifesta con il rilascio in circolo di proteine intracellulari, in particolare le isoforme cardiache della troponina I o T, marcatori diagnostici miocardiospecifici. La diagnosi di infarto miocardico richiede, quindi, il rilevamento di un tipico incremento e/o una graduale diminuzione di un marcatore di danno cardiaco (preferibilmente troponina I o T), in combinazione con almeno un altro criterio clinico o elettrocardiografico. Un aumento di troponina superiore al 99° percentile della popolazione sana è considerato patologico, ma non sufficiente per la diagnosi di infarto acuto, dato che incrementi possono verificarsi anche in altre condizioni (sepsi, embolia polmonare, scompenso cardiaco). La probabilità che un aumento di troponina corrisponda a un infarto miocardico acuto dipende dall'entità dell'incremento e dalla sua cinetica temporale: inizialmente i valori sono bassi (anche se patologici), poi aumentano fino a un picco nelle 12-24 ore (proporzionale al danno) per poi tornare alla norma in 10-12 giorni.
2. Classificazione dei Tipi di Infarto Miocardico
A seconda dell'elemento fisiopatologico che causa l'ischemia miocardica, si distinguono cinque tipi di infarto miocardico. Il tipo 1 è causato da una placca aterosclerotica complicata. Il tipo 2, invece, è una forma eterogenea caratterizzata da una discrepanza acuta tra la domanda di ossigeno del muscolo cardiaco e l'offerta di ossigeno dal flusso sanguigno. Questa discrepanza può derivare da un aumento della domanda o da una riduzione dell'offerta, verificandosi in diverse condizioni patologiche come malattie coronariche non aterosclerotiche (dissezione coronarica spontanea, coronariti, forme vasospastiche) o condizioni che aumentano il consumo di ossigeno miocardico (anemia, aumento della frequenza cardiaca o della pressione arteriosa). L'infarto miocardico di tipo 4 è legato a una procedura interventistica, suddiviso in tipo 4a (danno miocardico intrinseco alla procedura) e tipo 4b (trombosi di stent). In questi casi, il livello di troponina deve essere superiore di almeno 5 volte il 99° percentile. Infine, il tipo 5 è legato a una procedura di rivascolarizzazione cardiochirurgica (bypass aorto-coronarico), richiedendo un livello di troponina superiore di almeno 10 volte il 99° percentile.
3. Aspetti Epidemiologici e Mortalità
Negli ultimi tre decenni, si è osservata una riduzione della mortalità legata alle sindromi coronariche acute (SCA) in Europa, grazie ai miglioramenti diagnostici e terapeutici. Nonostante ciò, le SCA restano la principale causa di morte a livello globale, con un'incidenza crescente. L'incidenza di STEMI varia da 43 a 144 per 100.000 abitanti all'anno in Europa, con maggiore incidenza negli uomini e nei giovani. La mortalità nei pazienti STEMI dipende da diversi fattori, tra cui età avanzata, classe Killip, ritardo nella diagnosi e nel trattamento, presenza di una rete di emergenza adeguata, storia di IMA pregresso, diabete mellito, insufficienza renale, numero di coronarie interessate e frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF). Nonostante i progressi, la mortalità intraospedaliera si attesta tra il 4% e il 12%, mentre quella a un anno è intorno al 10% a livello europeo.
4. Manifestazioni Cliniche e Diagnosi Elettrocardiografica
Il dolore tipico del STEMI è retrosternale, ma può essere localizzato all'epigastrio o alla regione interscapolare, irradiandosi al collo, mandibola o arti superiori (più frequentemente al lato ulnare del sinistro). È improvviso, prolungato (oltre 20 minuti), non recede con i nitrati sublinguali e persiste anche a riposo dopo uno sforzo. Può essere descritto come oppressivo, costrittivo, urente o come un semplice fastidio. L'elettrocardiogramma (ECG) a 12 derivazioni è fondamentale per la diagnosi. I criteri diagnostici includono il sopraslivellamento del tratto ST (≥ 2,5 mm in maschi <40 anni; ≥ 2 mm in maschi >40 anni; ≥ 1,5 mm in femmine in V2-V3 e/o ≥ 1 mm nelle altre derivazioni) e il sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni destre (V3R-V4R) per infarto del ventricolo destro. In alcuni casi, come il blocco di branca sinistro, la diagnosi è più difficile, richiedendo l'utilizzo di algoritmi specifici (criteri di Sgarbossa). Presentazioni atipiche sono più frequenti negli anziani e nelle donne (dolore epigastrico).
5. Diagnosi Differenziale e Ruolo dell Ecocardiografia
Alcuni soggetti possono presentare uno STEMI senza un evidente sopraslivellamento del tratto ST all'ECG, soprattutto in fase molto precoce, quando può essere presente un'onda T iperacuta. L'occlusione della coronaria circonflessa o di un graft venoso può anche mascherare l'elevazione del tratto ST; in questi casi, l'aggiunta di derivazioni (V7-V9) può essere utile. L'infarto miocardico posteriore isolato è caratterizzato da sottoslivellamento del tratto ST in V1-V3 e sopraslivellamento in V7-V9. L'ischemia miocardica per occlusione del tronco comune o malattia multivasale si presenta con sottoslivellamento del tratto ST in 8 o più derivazioni, associato a sopraslivellamento in aVR e/o V1, soprattutto in presenza di instabilità emodinamica. Sebbene i marcatori biochimici siano essenziali, la clinica e l'ECG consentono un elevato sospetto diagnostico e l'inizio della terapia riperfusiva, mentre l'attesa dei risultati delle troponine non deve ritardare la terapia. L'ecocardiografia è utile per identificare discinesie regionali dei ventricoli, confermando l'ischemia in caso di ECG non diagnostico, ed è fondamentale per la diagnosi di infarto del ventricolo destro e per escludere altre patologie come dissecazione aortica, lesioni valvolari.
II.Sintomi Diagnosi e Terapia del STEMI
I sintomi del STEMI includono un dolore toracico improvviso, oppressivo e prolungato, spesso irradiato al braccio sinistro, mandibola o collo. La diagnosi precoce è cruciale per una terapia efficace. Oltre all'ECG, i marcatori biochimici come le troponine confermano il danno miocardico. Il trattamento principale è la riperfusione coronarica, ottenuta tramite angioplastica coronarica percutanea (PCI) primaria o fibrinolisi, a seconda dei tempi di intervento. La PCI utilizza stent (DES o BMS) per riaprire l'arteria ostruita. La scelta tra PCI e fibrinolisi dipende dal tempo di ischemia totale (total ischemic time), che include il ritardo del paziente e il ritardo del sistema.
1. Sintomi del STEMI
Il dolore toracico è il sintomo principale dello STEMI. È descritto come improvviso, prolungato (oltre 20 minuti), e non si attenua con il riposo o la somministrazione di nitrati sublinguali. La sua sede è tipicamente retrosternale, ma può irradiarsi all'epigastrio, alla regione interscapolare, al collo, alla mandibola o agli arti superiori, più frequentemente al lato ulnare del braccio sinistro. La qualità del dolore è spesso descritta come oppressiva, costrittiva, o una sensazione di peso; meno comunemente come urente o bruciante, o anche come un semplice fastidio. L'insorgenza improvvisa e la persistenza del dolore, anche durante lo sforzo fisico, sono elementi chiave per il sospetto diagnostico. È importante sottolineare che la presentazione clinica può essere atipica, soprattutto negli anziani e nelle donne, con dolore epigastrico che può simulare un quadro di addome acuto. Questa variabilità sintomatologica rende cruciale una valutazione clinica attenta e tempestiva.
2. Diagnosi del STEMI
La diagnosi di STEMI si basa su criteri clinici, elettrocardiografici e biochimici. L'elettrocardiogramma (ECG) a 12 derivazioni è fondamentale per rilevare il sopraslivellamento del tratto ST, criterio principale per la diagnosi. I valori soglia per il sopraslivellamento del tratto ST variano in base all'età e al sesso del paziente: ≥ 2,5 mm in maschi sotto i 40 anni, ≥ 2 mm in maschi sopra i 40 anni, e ≥ 1,5 mm nelle femmine in V2-V3 e/o ≥ 1 mm nelle altre derivazioni. Il sopraslivellamento può essere presente anche nelle derivazioni destre (V3R-V4R) in caso di infarto del ventricolo destro. In alcuni casi, come l'occlusione della coronaria circonflessa o di un graft venoso, o in fase molto precoce dopo l'esordio dei sintomi, il sopraslivellamento del tratto ST potrebbe non essere evidente all'ECG, rendendo la diagnosi più complessa. In questi casi, un'onda T iperacuta può precedere il sopraslivellamento, e l'aggiunta di derivazioni (V7-V9) può aiutare la diagnosi. La conferma biochimica avviene tramite il dosaggio delle troponine cardiache (TnI e TnT), marcatori specifici del danno miocardico, che raggiungono livelli elevati dopo 12 ore e rimangono tali per 10-12 giorni. Altri marcatori meno specifici includono la mioglobina, la LDH e la CK-MB.
3. Terapia del STEMI Riperfusione Miocardica
L'obiettivo principale della terapia del STEMI è la riperfusione miocardica, ovvero il ripristino del flusso sanguigno nell'arteria coronaria ostruita, per limitare l'estensione del danno miocardico e migliorare la prognosi. La strategia terapeutica dipende dal tempo trascorso dall'esordio dei sintomi. Se possibile entro 120 minuti dalla diagnosi, la terapia di scelta è l'angioplastica coronarica percutanea (PCI) primaria, che prevede l'apertura dell'arteria ostruita tramite cateterismo e l'impianto di uno stent (preferibilmente DES, drug-eluting stent, per ridurre il rischio di restenosi). Se la PCI primaria non è fattibile entro 120 minuti, si ricorre alla fibrinolisi, che prevede la somministrazione di farmaci trombolitici (tenecteplase, alteplase, reteplase) per dissolvere il trombo. La fibrinolisi deve essere somministrata entro 10 minuti dalla diagnosi e il paziente deve essere trasferito tempestivamente in un centro con capacità di PCI per una eventuale PCI di salvataggio in caso di fallimento della fibrinolisi o per una valutazione diagnostica. Il tempo totale di ischemia (total ischemic time), che comprende il ritardo del paziente e quello del sistema, deve essere minimizzato al fine di ottenere il miglior risultato clinico. La valutazione del flusso coronarico post-riperfusione viene eseguita tramite la scala TIMI.
4. Terapia Medica e Gestione del Paziente
Oltre alla riperfusione, la terapia del STEMI comprende la somministrazione di farmaci antiaggreganti (prasugrel, clopidogrel, ticagrelor) per prevenire la formazione di nuovi trombi, ACE-inibitori per ridurre il carico di lavoro del cuore e migliorare la prognosi a lungo termine, soprattutto nei pazienti con ipertensione, diabete mellito o infarto anteriore. I sartani sono un'alternativa agli ACE-inibitori in caso di intolleranza. Gli antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi sono indicati in pazienti con frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) ≤ 40%, insufficienza cardiaca o diabete mellito. L'uso di nitrati è controindicato in caso di pressione arteriosa sistolica (PAS) ≤ 90 mmHg, bradicardia e sospetto scompenso ventricolare destro. L'uso routinario di ossigeno non è raccomandato, ma è indicato solo in caso di SaO2 ≤ 90% o PaO2 ≤ 60 mmHg. In caso di ansia marcata, si possono utilizzare benzodiazepine. L'obiettivo è ridurre al minimo il tempo tra il primo contatto medico (FMC) e l'inizio della terapia riperfusiva, secondo le linee guida che raccomandano un tempo massimo di 10 minuti per la diagnosi ECG.
III.Complicanze e Prognosi dello STEMI
Le complicanze del STEMI includono problemi emodinamici (scompenso cardiaco, shock cardiogeno), aritmie (bradicardia, fibrillazione atriale) e complicanze meccaniche (rottura di muscolo papillare, setto interventricolare). La mortalità varia, ma resta significativa. Una diagnosi e un trattamento rapidi sono essenziali per migliorare la prognosi. La terapia farmacologica post-STEMI include farmaci antiaggreganti, ACE-inibitori, sartani e antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi, a seconda delle condizioni del paziente.
1. Complicanze Emodinamiche dello STEMI
Le complicanze emodinamiche dello STEMI dipendono dall'estensione dell'area necrotica, dalla disfunzione ventricolare sinistra conseguente e dalle condizioni cliniche preesistenti. Lo spettro clinico varia dallo scompenso cardiaco asintomatico (con congestione polmonare rilevabile solo strumentalmente) allo scompenso cardiaco sintomatico (dispnea a riposo fino all'edema polmonare acuto), fino allo shock cardiogeno, una condizione grave caratterizzata da un deficit di pompa severo che causa ipotensione importante, scarsa perfusione tissutale e aumento dell'acido lattico. La gravità delle complicanze emodinamiche è strettamente correlata all'entità del danno miocardico e alla capacità del cuore di compensare la perdita di tessuto. Una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo sono cruciali per prevenire o mitigare queste complicanze, che possono mettere a rischio la vita del paziente.
2. Complicanze Aritmiche dello STEMI
Le aritmie rappresentano un'altra categoria importante di complicanze dello STEMI. Possono verificarsi aritmie ipercinetiche sopraventricolari, come la fibrillazione atriale o il flutter atriale, con un'incidenza del 10-15% nei casi di infarto miocardico acuto. Queste aritmie sono dovute all'irritazione del miocardio ischemico. Inoltre, possono presentarsi aritmie ipocinetiche, causate dall'interessamento ischemico delle vie di conduzione, provocando rallentamenti della conduzione (blocchi atrio-ventricolari) e nella propagazione dello stimolo elettrico (blocchi di branca destra e sinistra). La bradicardia, con frequenza inferiore ai 30 battiti al minuto, è una aritmia potenzialmente pericolosa che richiede un intervento immediato. Il rischio di aritmie è maggiore nei primi giorni dopo l'infarto, pertanto è necessaria una monitorizzazione elettrocardiografica continua nei pazienti a rischio.
3. Complicanze Meccaniche e Pericardiche dello STEMI
Le complicanze meccaniche, sebbene ridotte grazie all'introduzione della PCI primaria, possono essere gravi e includono la rottura di un muscolo papillare, la rottura del setto interventricolare o la rottura della parete libera del ventricolo. Queste complicanze richiedono un riconoscimento precoce e un intervento immediato, essendo più frequenti nei primi giorni dopo l'infarto. A livello pericardico, si possono verificare tre tipi di complicanze: la pericardite precoce associata all'infarto (epistenocardica), la pericardite tardiva o sindrome di Dressler, e il versamento pericardico. La comparsa di queste complicanze richiede una attenta monitorizzazione clinica e strumentale, per una diagnosi e un trattamento tempestivi, volti a ridurre al minimo le conseguenze sulla funzione cardiaca e sulla prognosi del paziente.
4. Prognosi dello STEMI e Ruolo dei Tempi di Intervento
La prognosi dello STEMI dipende da diversi fattori, tra cui l'estensione del danno miocardico, la presenza di complicanze e la tempestività del trattamento. Il tempo di ischemia totale (total ischemic time), ossia il tempo intercorso tra l'esordio dei sintomi e l'inizio della terapia riperfusiva, è un fattore prognostico fondamentale. Questo tempo è influenzato da due componenti principali: il ritardo del paziente (tempo tra l'esordio dei sintomi e la richiesta di aiuto) e il ritardo del sistema (tempo tra l'arrivo al pronto soccorso o il contatto con i servizi di emergenza e l'inizio del trattamento). Le linee guida raccomandano un tempo massimo di 10 minuti tra il primo contatto medico (FMC) e la diagnosi ECG di STEMI, indipendentemente dalla modalità di accesso. Ridurre questi ritardi è cruciale per migliorare la prognosi e ridurre la mortalità, che, a livello europeo, si attesta tra il 4% e il 12% in ospedale e intorno al 10% a un anno.
IV.Strategie per la Riduzione dei Tempi di Intervento nel STEMI
Per migliorare i risultati, sono necessarie strategie per ridurre i ritardi nell'accesso alle cure. Questo richiede un network di emergenza efficace tra ospedali (centri HUB con emodinamica h24 e centri SPOKE senza emodinamica), un sistema di trasporto efficiente (ambulanze ed elicotteri) e personale adeguatamente formato. L'obiettivo è ridurre il door-to-balloon time (DTB) e il tempo di ischemia totale, migliorando così la sopravvivenza e riducendo le complicanze. Lo studio menzionato, condotto presso l'Ospedale San Martino tra aprile 2019 e febbraio 2020, ha analizzato 121 pazienti con STEMI, mostrando una mortalità intraospedaliera del 5%. I dati sono stati confrontati con uno studio precedente (2016), evidenziando aree di miglioramento nei tempi di intervento.
1. Il Ruolo delle Reti di Emergenza nel Trattamento del STEMI
Per ottimizzare la gestione dei pazienti STEMI e ridurre i tempi di intervento, è fondamentale un sistema di rete (network) per l'emergenza che connetta ospedali e territorio tramite un efficiente sistema di trasporto (ambulanze ed elicotteri). Questo network mira a garantire la migliore strategia di riperfusione per ogni paziente, considerando la latenza di presentazione e i tempi necessari per il trattamento. Gli ospedali sono classificati in centri "HUB", dotati di UTIC con emodinamica h24 (centri PCI), e centri "SPOKE", con UTIC ma senza emodinamica, che trasferiscono i pazienti ai centri HUB. Un sistema di comunicazione efficace tra il personale del 118, il pronto soccorso e l'emodinamica è essenziale per minimizzare i ritardi. Le ambulanze devono essere equipaggiate con registratori ECG e defibrillatori, e il personale deve essere adeguatamente formato per riconoscere e gestire i pazienti con infarto miocardico. L'obiettivo è ridurre la mortalità, le complicanze e la disabilità residua.
2. Riduzione dei Ritardi Aspetti Preospedalieri e Ospedalieri
La riduzione dei tempi di intervento nel STEMI richiede un'azione su due fronti principali: il ritardo del paziente e il ritardo del sistema. Il ritardo del paziente è il tempo intercorso tra l'esordio dei sintomi e la chiamata al 118 o l'arrivo al pronto soccorso. Per ridurlo, è necessario sensibilizzare la popolazione a riconoscere i sintomi dell'infarto e a contattare tempestivamente i servizi di emergenza. Il ritardo del sistema, invece, è il tempo tra l'arrivo del paziente al pronto soccorso o il contatto con il sistema di emergenza e l'inizio della terapia riperfusiva. Questo è un indicatore di qualità dell'assistenza e richiede un'ottimizzazione dei processi ospedalieri. Studi come quello di Di Domenicantonio et al. evidenziano l'impatto negativo del "travel time" (TT), il tempo di trasporto da casa all'ospedale, sulla sopravvivenza, sottolineando l'importanza di ridurre i ritardi preospedalieri. Una comunicazione efficiente tra il personale del 118 e il laboratorio di emodinamica è altrettanto cruciale.
3. Analisi dei Tempi di Intervento Studio Osservazionale all Ospedale San Martino
Uno studio osservazionale retrospettivo e monocentrico, condotto all'Ospedale San Martino tra aprile 2019 e febbraio 2020, ha analizzato 121 pazienti con STEMI. Lo studio ha evidenziato una mortalità intraospedaliera del 5% (6 decessi su 121 pazienti). Le cause di morte sono state principalmente arresto cardiocircolatorio (4 pazienti), reazione allergica grave (1 paziente) e shock cardiogeno (1 paziente). I risultati sono stati confrontati con uno studio precedente (2016), evidenziando un peggioramento dei tempi di intervento tra il primo contatto medico (FMC) e l'esecuzione dell'ECG, sia in caso di chiamata al 118 che di accesso diretto al pronto soccorso. Il ritardo preospedaliero del paziente risulta ancora elevato, soprattutto in caso di accesso diretto al pronto soccorso. Nonostante ciò, il tempo tra il FMC e l'angioplastica coronarica è stato inferiore al target delle linee guida (90 minuti) nel caso di chiamata al 118, mentre rimane superiore nel caso di accesso diretto al pronto soccorso. La coronarografia è stata eseguita nel 95% dei pazienti nello studio del 2019-2020, con l'età avanzata come principale motivo di esclusione.