Analisi e criticità della relazione tra responsabilità sociale d’impresa e performance

CSR e Performance: Analisi Critiche

Informazioni sul documento

Autore

Giulia Achilli

instructor Prof. Giovanni Fiori
Scuola

Dipartimento di Impresa e Management, Cattedra di Controllo di Gestione Avanzato

Specialità Controllo di Gestione Avanzato
Tipo di documento Tesi di Laurea
Lingua Italian
Formato | PDF
Dimensione 2.83 MB

Riassunto

I.Il Dibattito tra Shareholder Value Theory e Stakeholder Theory Impatto sulla Responsabilità Sociale d Impresa RSI

Il documento analizza il dibattito accademico sulla relazione tra performance finanziaria e responsabilità sociale d'impresa (RSI), confrontando due teorie principali: la Shareholder Value Theory e la Stakeholder Theory. La prima, sostenuta da autori come Milton Friedman, pone la massimizzazione del profitto per gli azionisti (shareholder) come unico obiettivo dell'impresa, considerando la RSI un costo aggiuntivo. La Stakeholder Theory, al contrario, afferma che l'impresa ha responsabilità verso tutti gli stakeholder (azionisti, dipendenti, comunità, ambiente), promuovendo un equilibrio tra interessi diversi. Il documento evidenzia le criticità di entrambi gli approcci, sottolineando come la semplice correlazione statistica tra RSI e performance finanziaria sia insufficiente e spesso fuorviante.

1. Introduzione La Relazione tra CSR e Performance d Impresa

Il documento inizia affrontando la questione centrale della relazione tra Corporate Social Responsibility (CSR) e la performance dell'impresa. Si parte dall'assunto che adottare un approccio di responsabilità sociale sia oggi fondamentale per il successo sul mercato. Tuttavia, si evidenzia la mancanza di prove empiriche univoche che dimostrino una relazione positiva tra CSR e performance aziendale. Numerosi studi hanno indagato questa relazione, ma i risultati sono contrastanti, portando alla conclusione, riecheggiando Ullman (1985), che ci troviamo di fronte a una situazione di 'Data in Search of a Theory'. Questo sottolinea la complessità del tema e la necessità di approfondire le basi teoriche per comprendere appieno la connessione tra impegno sociale ed efficacia economica. La CSR, sebbene di recente interesse per il mondo accademico e imprenditoriale, ha in realtà radici molto più lontane, con primi accenni già alla fine dell'Ottocento. L'evoluzione della CSR, inizialmente focalizzata su pochi stakeholder, ha visto nel XXI secolo una crescente centralità nel management strategico e nella corporate governance delle aziende.

2. Shareholder Value Theory Massimizzazione del Profitto per gli Azionisti

La Shareholder Value Theory, prevalente nel mondo anglosassone e con Milton Friedman come principale esponente, considera la massimizzazione del profitto per gli azionisti l'unico obiettivo sociale delle imprese. Friedman (1962, 1970) afferma esplicitamente che la responsabilità sociale di un'azienda si limita ad aumentare i profitti, operando nel rispetto delle leggi e della concorrenza leale. Dalla fine degli anni '70, questa teoria ha influenzato fortemente le pratiche aziendali, con fusioni e acquisizioni utilizzate per punire i manager che non massimizzavano il valore azionario. I sostenitori della teoria vedono la CSR come una minaccia alla creazione di valore per gli azionisti. Tuttavia, il documento riconosce la potenziale compatibilità tra profittabilità e responsabilità sociale, suggerendo che la sfida risiede nel trasformare le responsabilità sociali in opportunità di business. Peter Drucker (1984) sostiene che la vera responsabilità sociale sia quella di trasformare i problemi sociali in opportunità economiche. Nonostante questa visione, rimane il dibattito sull'effettiva profittabilità di tutte le politiche di CSR, poiché i ritorni, se presenti, spesso si manifestano nel lungo termine.

3. Stakeholder Theory Responsabilità verso Tutti gli Stakeholder

In contrapposizione alla Shareholder Value Theory, la Stakeholder Theory postula che l'impresa abbia responsabilità non solo verso gli azionisti, ma verso tutti gli stakeholder, ovvero i gruppi e gli individui che beneficiano o sono danneggiati dalle azioni aziendali (Melè, 2008). Secondo Clarkson (1995), lo scopo dell'azienda è creare valore per tutti i suoi stakeholder, trasformando le loro quote in beni e servizi. Il Clarkson Center for Business Ethics (1999) ha elaborato sette principi per una gestione efficace degli stakeholder, indicando una direzione verso la 'company stakeholder responsibility', superando il concetto di 'corporate social responsibility'. La Stakeholder Theory si presenta come una teoria manageriale, legata al successo aziendale a lungo termine (Collins e Porras, 1994), sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per stabilire una solida relazione tra questa teoria e la performance finanziaria. Una critica alla Stakeholder Theory riguarda la mancanza di una funzione obiettivo specifica, data la complessità del bilanciamento degli interessi dei diversi stakeholder. Tuttavia, il documento controbatte affermando che funzioni obiettivo e calcoli matematici non sono sufficienti per valutare l'operato dell'impresa (Melè, 2008).

II.Corporate Social Performance CSP Misurazione e Sfide

Il concetto di Corporate Social Performance (CSP) è analizzato come un'estensione della RSI, includendo non solo le politiche aziendali ma anche i risultati tangibili e l'impatto sociale ed ambientale. Il documento evidenzia le difficoltà nella misurazione della CSP, sottolineando la soggettività e la complessità di valutare l'impatto delle azioni aziendali. Vengono menzionate diverse metodologie di misurazione, tra cui i KLD ratings, il Domini Social Index Fund (DSEFX), e l'utilizzo di indicatori di performance ambientale, come il Toxics Release Inventory (TRI) negli USA e l'European Union Polluting Emissions Register (EPER) in Europa. La ricerca di una relazione diretta tra CSP e performance finanziaria viene criticata come semplicistica e poco efficace, suggerendo invece di concentrarsi sul rafforzamento della teoria e degli strumenti di misurazione della CSP stessa.

1. Definizione di Corporate Social Performance CSP

Il documento definisce la Corporate Social Performance (CSP) secondo Wood (1991) come la configurazione all'interno dell'organizzazione aziendale di principi di responsabilità sociale, processi di risposta alle esigenze sociali e politiche, programmi e risultati tangibili che riflettono la relazione dell'azienda con la società. La CSP è presentata come un concetto più ampio della CSR, includendo non solo i processi organizzativi di valutazione ambientale e di stakeholder management, ma anche le misure degli effetti esterni, soprattutto in termini di impatti sociali. Migliorare la CSP significa modificare il comportamento aziendale per produrre meno danni e più risultati benefici per la società (Wood, 1991). Questo approccio implica che l'impresa si assuma responsabilità economiche, legali e sociali, impegnandosi attivamente per soddisfare gli interessi della comunità. La reputazione aziendale è fortemente correlata all'approvazione della comunità (Lewis, 2003), e una performance aziendale non allineata con le aspettative sociali aumenta significativamente il rischio per l'impresa (Davis, 1975).

2. Le Sfide nella Misurazione della CSP

Il documento evidenzia le notevoli difficoltà nel misurare la CSP. Agle e Kelly (2001) sottolineano che una misurazione efficace dovrebbe integrare i principi, i processi e i risultati, secondo il modello di Wood. La complessità del fenomeno rende inadeguati gli approcci semplicistici. Si discutono diversi strumenti di misurazione, tra cui la 'Corporate Citizenship' measure e i KLD ratings. La società di investimento KLD (Kinder, Lydenberg, Domini and Company, Inc.) ha creato il Domini Social Index Fund (DSEFX) nel 1988, includendo circa 400 grandi aziende americane 'socialmente responsabili', escludendo quelle coinvolte in settori considerati irresponsabili (Wood, 2010). KLD, insieme ad altre organizzazioni come CSID (Canada), ARESE e Vigeo (Francia), ed EPS, ha sviluppato database e rating che considerano diverse dimensioni della CSP, spesso basati su valutazioni di fenomeni che illustrano l'impegno (o la mancanza) delle aziende nei principi CSR, l'uso di processi reattivi e i risultati per vari stakeholder (Wood, 2010). Questi rating, sebbene ampiamente utilizzati, presentano limiti, dato il loro affidamento su dati auto-dichiarati dalle aziende.

3. Strumenti e Limiti di Misurazione della CSP

Il documento analizza ulteriormente gli strumenti e i limiti nella misurazione della CSP. Si evidenzia che le valutazioni sulle modalità di azione/risposta sono soggettive e statiche, non riflettendo appieno la 'corporate responsiveness'. Wood (2010) sottolinea questa complessità, chiedendosi come classificare l'orientamento all'azione di un'azienda che adotta approcci diversi a seconda dell'argomento. Le pratiche di stakeholder management sono ampiamente utilizzate come surrogati della CSP, focalizzandosi su stakeholder come dipendenti, consumatori e ambiente. Le attività di beneficenza, facilmente misurabili, sono spesso impiegate come surrogato, ma la loro correlazione con la performance finanziaria è difficile da interpretare, in quanto il ritorno finanziario diretto è assente. I rating di Fortune, secondo Wood (1995), sono inaffidabili, paragonandoli a chiedere alle volpi come si prendono cura delle galline. La misurazione della performance sociale rimane una sfida significativa, con difficoltà nel quantificare gli aspetti qualitativi della sostenibilità. Nonostante ciò, esistono linee guida nazionali e internazionali per la rendicontazione della performance sociale, che prevedono indicatori quantitativi e qualitativi.

III.Reporting Integrato Verso una Visione Olistica della Performance Aziendale

Il documento conclude evidenziando l'importanza crescente del reporting integrato, che mira a rappresentare in un unico documento la performance totale dell'impresa, considerando le dimensioni economica, sociale e ambientale. Si sottolinea che, nonostante il riconoscimento globale dell'importanza dell'Integrated Reporting, l'adozione diffusa richiederà tempo. L'IIRC (International Integrated Reporting Council) è citato come un'organizzazione chiave nello sviluppo e nella promozione di questo tipo di reporting di sostenibilità, con l'obiettivo di collegare la strategia aziendale alla creazione di valore a lungo termine per tutti gli stakeholder.

1. L Emergere del Reporting Integrato

La sezione si concentra sull'emergere del reporting integrato come risposta alla crescente complessità della valutazione della performance aziendale. Il documento evidenzia la tendenza verso un unico report integrato che racchiuda la performance economica, sociale e ambientale, in contrapposizione ai tradizionali report separati. Questa prospettiva riflette un cambiamento di paradigma, dove la performance finanziaria è vista come una componente della performance complessiva, e non come un elemento separato o addirittura in contrapposizione alla performance sociale e ambientale. Si riconosce che questa visione olistica è sempre più importante per i mercati, che attribuiscono crescente rilevanza alla dimensione sociale e ambientale dell'attività d'impresa. La ricerca di relazioni statistiche isolate tra Corporate Social Performance (CSP) e performance finanziaria è definita fuorviante e priva di senso, in quanto considera impropriamente 'doing good' e 'doing well' come obiettivi in competizione per le risorse organizzative (Wood, 2010). Il passaggio a un approccio integrato rappresenta un cambiamento significativo nella mentalità aziendale, influenzando non solo il modo in cui le organizzazioni presentano i loro dati, ma anche il modo in cui pensano e agiscono.

2. Il Ruolo dell IIRC e il Programma Pilota

Il documento evidenzia il ruolo dell'International Integrated Reporting Council (IIRC) nel promuovere e perfezionare il framework del reporting integrato. L'IIRC ha lanciato un programma pilota, ancora in corso, che coinvolge grandi imprese multinazionali. Questo programma prevede consultazioni, workshop e conferenze per integrare e migliorare il framework, basandosi sulle sfide e le esigenze riscontrate nella pratica aziendale. Le aziende partecipanti al programma pilota dell'IIRC stanno contribuendo all'evoluzione del reporting integrato, trasformando un concetto promettente in una pratica efficace. I loro contributi, documentati negli annuari del 2012 e 2013, mostrano come stanno connettendo diversi dipartimenti aziendali e sviluppando strategie per la creazione di valore a lungo termine (http://www.theiirc.org). Nonostante l'importanza riconosciuta a livello globale, l'adozione diffusa del reporting integrato richiederà tempo, ma è considerata inevitabile data la crescente attenzione del mercato per la sostenibilità.

IV.Esempi Storici di CSR

Il documento traccia una breve storia della Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI), citando esempi come la Pullman Palace Car Company e le YMCAs a cavallo tra Ottocento e Novecento, per illustrare l'evoluzione del concetto di paternalismo aziendale e la crescente consapevolezza del legame tra attività d'impresa e società. L'analisi evidenzia come, fin dalla seconda metà dell'Ottocento, le aziende abbiano cercato di migliorare le condizioni dei propri dipendenti, ma con motivazioni spesso ambigue, riconducibili sia a obiettivi di business (aumento della produttività) sia a considerazioni di natura sociale. Il movimento “Industrial Welfare Movement” in Inghilterra e America è citato come esempio precoce di iniziative volte a migliorare le condizioni di lavoro e a contrastare fenomeni come lo sfruttamento di donne e bambini.

1. Le Origini della CSR Fine Ottocento e Industrial Welfare Movement

Il documento traccia le origini della Corporate Social Responsibility (CSR) alla fine dell'Ottocento, evidenziando una crescente attenzione per la 'Social Responsibility'. In questo periodo si possono individuare i primi segnali di un approccio CSR, inizialmente focalizzato su pochi stakeholder. L'autrice Daniel A. Wren (2005) sottolinea le similitudini tra le prime fasi di industrializzazione in Inghilterra e America, caratterizzate da problemi come lo sfruttamento di donne e bambini e la povertà, che portarono alla nascita del movimento 'Industrial Welfare Movement'. Questo movimento si caratterizzava per azioni volte a prevenire o risolvere i problemi dei lavoratori e a migliorarne la performance, attraverso iniziative come la costruzione di ospedali e mense aziendali e l'organizzazione di attività ricreative. Tuttavia, rimane la difficoltà di distinguere se queste azioni fossero motivate da obiettivi sociali o da una pura prospettiva di business, ovvero l'aumento della produttività. L'attenzione verso i dipendenti per migliorare la produttività, riscontrabile già nella seconda metà dell'Ottocento, presenta questa ambiguità tra motivazioni economiche e sociali.

2. Esempi Storici Pullman Palace Car Company e YMCAs

Morrell Heald (1970) propone due esempi a cavallo tra Ottocento e Novecento che possono essere considerati primi accenni di CSR: la Pullman Palace Car Company e le YMCAs. Nel caso della Pullman Palace Car Company, George M. Pullman fece costruire una piccola città all'avanguardia per i suoi dipendenti, con l'obiettivo di migliorare le loro condizioni di vita e di attrarre nuova manodopera. Questo approccio fu definito 'paternalismo', evidenziando l'interesse di Pullman per le condizioni sociali della sua comunità e dei suoi lavoratori. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, i leader aziendali iniziarono ad essere giudicati dall'opinione pubblica sulle questioni sociali, evidenziando la crescente interconnessione tra attività d'impresa e società. Nonostante ciò, la CSR non era ampiamente adottata. Eberstadt (1973) sottolinea che negli USA, in quegli anni, le licenze di fusione erano concesse solo alle imprese considerate 'socially useful', evidenziando una pressione esterna verso comportamenti socialmente responsabili.

3. L Evoluzione della CSR La Fase del Trusteeship Management

Hay e Gray (1974) identificano una seconda fase, tra gli anni '20 e '30 del Novecento, definita 'Trusteeship management phase'. In questa fase, i manager aziendali orientarono la loro gestione verso la massimizzazione degli interessi degli azionisti (stockholders), ma mantenendo l'attenzione verso le esigenze dei dipendenti, dei consumatori e della comunità. I manager divennero in questo modo i 'tutori' degli stakeholder legati all'attività d'impresa. La crescita dell'azionariato diffuso e il crescente pluralismo sociale sono considerati i fattori principali che hanno portato a questo cambiamento. Frederick (2006) contribuisce al quadro con l'idea della filantropia come sostegno delle buone cause da parte delle aziende. Negli anni '50 e '60 si registra prevalentemente un periodo di studio teorico sulla CSR, con poche azioni concrete. Negli anni '70, invece, l'attenzione verso la tematica cresce notevolmente, con nuovi studi e prime definizioni. Studi come quello di Backhaus et al. (2002) evidenziano l'attenzione dei candidati al lavoro verso le attività di CSP delle imprese, focalizzandosi su aspetti come l'ambiente, le community relations, la diversità e la qualità del prodotto.