
Polarizzazione Lavoro: Effetti Tecnologia
Informazioni sul documento
Autore | Nicola Cassandro |
instructor | Prof.ssa Livia De Giovanni |
Scuola | Dipartimento di Scienze Politiche |
Specialità | Metodi quantitativi dell’analisi delle politiche pubbliche |
Tipo di documento | Tesi di Laurea |
Lingua | Italian |
Formato | |
Dimensione | 2.33 MB |
Riassunto
I.Il Mercato del Lavoro Italiano e la Polarizzazione delle Occupazioni
Questo studio analizza l'impatto delle tecnologie disruptive sul mercato del lavoro italiano, focalizzandosi sul fenomeno della polarizzazione occupazionale. Si osserva una diminuzione dei middle-skilled jobs, colpiti dall'automazione del lavoro, a favore di high-skilled jobs e low-skilled jobs. Questo trend, confermato dai dati Eurostat, è influenzato anche dalla crisi economica del 2008-2014. L'analisi utilizza l'Indice di routinarietà per valutare la suscettibilità delle professioni all'automazione, basandosi sulla metodologia di Autor e Dorn (2013) e adattata dall'INAPP al contesto italiano. L'Italia, pur essendo il settimo acquirente mondiale di robot industriali (dati IFR), mostra un basso livello di digitalizzazione (DESI) e investimenti in ricerca e sviluppo, rendendo il paese vulnerabile.
1. La Polarizzazione delle Occupazioni in Italia Un analisi comparativa
Questa sezione introduce il concetto di polarizzazione occupazionale, caratterizzata dalla crescita contemporanea di occupazioni high-skilled e low-skilled, con una conseguente diminuzione delle occupazioni middle-skilled. Il testo evidenzia che questo fenomeno, osservato in molte economie occidentali, è oggetto di studio per comprenderne le peculiarità nel contesto italiano tra il 1995 e il 2017. Vengono analizzati tre aspetti principali: l'evoluzione dei gruppi professionali nel periodo considerato, le differenze di polarizzazione tra settori produttivi (manifattura, attività professionali scientifiche e tecniche, pubblica amministrazione), e l'influenza della crisi economica sulla polarizzazione. L'analisi si basa sull'ipotesi della "routinization hypothesis" di Autor, Levy e Murnane (2003), secondo la quale la tecnologia colpisce maggiormente le professioni con mansioni routinarie, un concetto ripreso anche da studi successivi di Goos e Manning (2007), Goos, Manning e Salomons (2009), e Acemoglu e Autor (2011). La sezione pone le basi per un'analisi più approfondita della situazione italiana in confronto al panorama europeo, anticipando le conclusioni che evidenzieranno l'impatto della tecnologia e della crisi economica sul mercato del lavoro italiano.
2. L Impatto delle Nuove Tecnologie sul Mercato del Lavoro Dati e Tendenze
Questa parte delinea il contesto del mercato del lavoro italiano nell'era della tecnologia pervasiva. Si descrive il passaggio dal modello taylorista-fordista al post-fordismo, caratterizzato da globalizzazione, specializzazione flessibile e, soprattutto, innovazione tecnologica. L'introduzione di nuove tecnologie porta a un continuo efficientamento dei processi produttivi, modificando la domanda di lavoro e richiedendo nuove conoscenze e abilità. Il testo sottolinea la necessità di considerare la tecnologia come una risorsa e non solo come un ostacolo, evidenziando il ruolo cruciale dell'istruzione e della formazione nel preparare i giovani a un mondo del lavoro in continua evoluzione. Si introduce il concetto di lifelong learning, sottolineando la necessità di un aggiornamento continuo delle competenze per rimanere competitivi nel mercato del lavoro globale. Si accenna alla necessità di un adattamento alle nuove condizioni economiche, sottolineando la necessità di un'analisi approfondita del rapporto tra tecnologia, occupazione e competenze. Il passaggio tra i diversi modelli economici è analizzato, evidenziando l'importanza del sapere tecnologico come tema centrale dell'indagine.
3. Confronto Internazionale Indicatori del Mercato del Lavoro Italiano
Questa sezione presenta un'analisi comparativa del mercato del lavoro italiano rispetto ad altri paesi OCSE ed europei, utilizzando diversi indicatori chiave. Si analizzano i dati relativi al costo della formazione universitaria, evidenziando che in Italia le tasse universitarie nel settore pubblico si attestano intorno ai 1650 USD, creando uno scoglio economico per l'accesso all'istruzione terziaria. Si analizza l'efficienza del sistema educativo attraverso i risultati dei test PISA, mettendo in luce le debolezze del sistema italiano in confronto alla media europea. Vengono quindi presentati i dati Eurostat sul tasso di occupazione per diverse fasce d'età, mostrando come l'Italia abbia un tasso di occupazione giovanile (15-24 anni) particolarmente basso (17,1%), inferiore alla media europea del 34.7%. Analogamente, il tasso di occupazione nelle altre fasce d'età risulta inferiore alla media europea. L'analisi include anche la distribuzione dei titoli di studio nella popolazione attiva, mostrando una minore presenza di laureati in Italia rispetto agli altri paesi europei. Infine, si esamina il livello di digitalizzazione dell'economia e della società italiana attraverso l'indice DESI della Commissione Europea, rivelando una posizione quartultima tra i paesi europei, evidenziando una scarsa digitalizzazione nonostante l'Italia sia il settimo acquirente mondiale di robot industriali (dati IFR).
II.Analisi della Probabilità di Espulsione dal Mercato del Lavoro
Utilizzando la Rilevazione Campionaria sulle Forze di Lavoro (RCFL) dell'Istat, lo studio stima la probabilità di espulsione dal mercato del lavoro italiano tramite regressione logistica. I risultati indicano che lavoratori con un alto Indice di routinarietà hanno una maggiore probabilità di essere espulsi. Altri fattori significativi includono il genere (le donne sono più esposte), l'età (i più giovani e i più anziani sono più vulnerabili), il titolo di studio (un titolo universitario offre una maggiore protezione) e la tipologia contrattuale (i contratti a tempo determinato aumentano il rischio). L'analisi considera due bienni (2011/2012 e 2016/2017) e due livelli di aggregazione (tutta l'economia e per settore Ateco 2008).
1. Metodologia e Dati Utilizzati per l Analisi dell Espulsione dal Mercato del Lavoro
Questa sezione descrive il metodo utilizzato per analizzare la probabilità di espulsione dal mercato del lavoro in Italia. Si utilizza una regressione logistica binaria, applicata per la prima volta in una ricerca sul mercato occupazionale italiano, sfruttando i dati della Rilevazione Campionaria sulle Forze di Lavoro (RCFL) dell'Istat. L'obiettivo è studiare la probabilità di un occupato di uscire dal mercato del lavoro in base alla routinarietà della professione e alle caratteristiche individuali. Queste caratteristiche includono sesso, età, titolo di studio, tipologia di contratto di lavoro e macro-settore produttivo del lavoratore. Per misurare la routinarietà delle professioni, viene impiegato l'indice di routinarietà delle professioni italiane costruito dall'INAPP, basandosi sulla metodologia proposta da Autor, Levy e Murnane (2003) e Autor e Dorn (2013). L'analisi considera cinque modelli diversi, con diverse combinazioni di regressori, su due livelli di aggregazione (tutta l'economia italiana e per ogni settore produttivo Ateco 2008), e su due bienni (2011/2012 e 2016/2017). Questa metodologia multi-modello permette di analizzare in profondità le diverse variabili che influenzano la probabilità di espulsione dal mercato del lavoro, tenendo conto delle specificità del contesto italiano e delle evoluzioni temporali.
2. Risultati dell Analisi per il Biennio 2011 2012
Questa sezione presenta i risultati dell'analisi della probabilità di espulsione dal mercato del lavoro per il biennio 2011-2012, basata sui modelli di regressione logistica descritti precedentemente. I risultati mostrano che l'Indice di routinarietà è un fattore significativo nell'influenzare la probabilità di uscita dal mercato. Inoltre, vengono analizzati i risultati relativi ad altre variabili di controllo, come il sesso, la classe di età, il titolo di studio e la tipologia di contratto. Si osserva che le donne hanno una maggiore probabilità di essere espulse dal mercato del lavoro rispetto agli uomini. Le classi di età agli estremi (15-24 anni e sopra i 55 anni) sono più esposte al rischio di espulsione rispetto alle classi di età centrali. Un titolo di studio superiore è associato a una minore probabilità di espulsione, confermando il ruolo protettivo dell'istruzione. Infine, i contratti a tempo determinato mostrano un rischio di espulsione significativamente maggiore rispetto ai contratti a tempo indeterminato. Questi risultati forniscono una prima indicazione dell'impatto della routinarietà delle mansioni e delle caratteristiche individuali sulla probabilità di uscita dal mercato del lavoro nel periodo considerato.
3. Risultati dell Analisi per il Biennio 2016 2017 e Confronto con il Periodo Precedente
Questa sezione presenta i risultati dell'analisi per il biennio 2016-2017, confrontandoli con quelli del biennio 2011-2012. L'analisi tiene conto del contesto economico diverso, caratterizzato da una ripresa economica e dall'introduzione del Jobs Act. Nonostante il diverso contesto, i risultati confermano la stabilità dell'effetto della tecnologia sul mercato del lavoro. L'Indice di routinarietà continua a essere un fattore significativo, sebbene con una minore intensità rispetto al biennio precedente. Le variabili di controllo (sesso, età, titolo di studio, tipologia di contratto) mantengono tendenze simili al biennio precedente, evidenziando la persistenza di alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro italiano. L'analisi approfondisce le differenze per settore Ateco, anticipando la necessità di un'analisi più dettagliata per cogliere le eterogeneità presenti nei diversi settori produttivi. In generale, i risultati confermano l'esistenza di un effetto dell'automazione e dell'innovazione tecnologica sull'espulsione dal mercato del lavoro, pur essendo l'intensità dell'effetto relativamente contenuta, ma significativa dal punto di vista strutturale.
III.Il Ruolo dell Istruzione e della Formazione
Lo studio evidenzia la necessità di investimenti maggiori in istruzione e formazione per contrastare gli effetti negativi dell'automazione. L'Italia, confrontata con i paesi OCSE, mostra una spesa inferiore per l'istruzione e un basso livello di istruzione superiore (solo il 17% della popolazione ha una laurea). I risultati dei test PISA indicano inoltre una minore efficienza del sistema educativo italiano rispetto alla media europea. Il concetto di lifelong learning è fondamentale per garantire l'adattamento continuo alle esigenze del mercato del lavoro.
1. L Istruzione e la Formazione come Strumenti di Adattamento al Cambiamento Tecnologico
Questa sezione sottolinea l'importanza dell'istruzione e della formazione come strumenti chiave per affrontare le sfide del mercato del lavoro in continua evoluzione, caratterizzato da progressi tecnologici rapidi e pervasivi. Si afferma che l'introduzione di nuove tecnologie, pur migliorando l'efficienza dei processi produttivi, richiede nuove conoscenze e abilità da parte dei lavoratori. Di conseguenza, la filiera dell'istruzione e della formazione deve adattarsi a queste mutate condizioni, creando programmi che preparino i giovani a un mondo del lavoro più complesso e articolato. Il documento introduce il concetto di lifelong learning, definito dalla Commissione Europea come accesso permanente al rinnovo e all'acquisizione di nuove conoscenze, evidenziando la necessità di una formazione continua, anche dopo l'ingresso nel mercato del lavoro. Si evidenzia la necessità di un approccio proattivo, trasformando la pervasività tecnologica da potenziale ostacolo in risorsa per la creazione di nuove e migliori occupazioni. L'analisi si sviluppa poi in un confronto tra il sistema educativo italiano e quello di altri paesi OCSE ed europei, preparando il terreno per una valutazione più completa del ruolo dell'istruzione e della formazione nell'adattamento al cambiamento tecnologico. Si sottolinea anche l'interconnessione tra conoscenze, abilità e competenze, in linea con il Quadro Europeo delle Qualificazioni (EQF).
2. Analisi Comparativa dei Sistemi Educativi Il Caso Italiano
Questa sezione presenta un'analisi comparativa dei sistemi educativi dei paesi OCSE e dei paesi europei, focalizzandosi sulla spesa per l'istruzione e l'efficienza del sistema educativo. I dati OCSE dell'anno accademico 2015/2016 mostrano il costo medio per frequentare un anno di università nei diversi paesi, evidenziando che in Italia la spesa nel settore pubblico si attesta intorno ai 1650 USD, un valore che rappresenta uno scoglio economico per l'accesso all'istruzione terziaria. Viene poi analizzata l'efficienza del sistema dell'istruzione italiana attraverso i risultati dei test PISA, che valutano le competenze e le abilità degli studenti di 15 anni in matematica, lettura e scienza. Il confronto con la media europea evidenzia le debolezze del sistema educativo italiano, soprattutto in termini di dispersione del capitale umano, con tassi di abbandono scolastico e NEETs tra i più elevati dell'OCSE. Questa analisi mette in evidenza il divario tra il sistema educativo italiano e quello degli altri paesi, preparando il terreno per una valutazione del ruolo dell'istruzione e della formazione nell'affrontare le sfide del mercato del lavoro in un contesto globale. Si sottolinea la necessità di un miglioramento del sistema educativo italiano per migliorare la competitività del paese.