
Complexxi di Rutenio: Sintesi e Reattività
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Riassunto
I.Allungamento del Legame C C in Olefine Coordinate a Metalli
Questo studio approfondisce l'allungamento significativo del legame C=C in etene e olefine sostituite coordinate a metalli. Si evidenzia la correlazione tra questo allungamento e il carattere elettron-attrattore dei sostituenti, come dimostrato dal complesso (NC)₂C=C(CN)₂, dove il legame C=C si avvicina a un legame singolo a causa del forte effetto elettron-attrattore dei gruppi CN-. I meccanismi coinvolti includono la sovrapposizione dell'orbitale π di legame dell'olefina con un orbitale d-accettore del metallo e la retrodonazione da orbitali d-pieni del metallo a orbitali π del doppio legame C=C*.
1. Allungamento del Legami C C in Etene e Olefine Sostituite
Il documento inizia osservando un allungamento significativo della lunghezza del legame C=C nell'etene quando coordinato a un metallo. Questo fenomeno non è limitato all'etene, ma si estende ad una vasta gamma di olefine sostituite, come evidenziato da numerosi studi. Si stabilisce una correlazione diretta tra l'allungamento del legame carbonio-carbonio e il carattere elettron-attrattore dei sostituenti presenti sull'olefina. Un esempio calzante è fornito dall'olefina (NC)₂C=C(CN)₂: quando coordinata a un metallo, il suo legame C=C mostra una lunghezza molto più vicina a quella di un legame singolo che a quella di un legame doppio. Questo marcato allungamento è attribuibile al forte carattere elettron-attrattore del gruppo CN⁻, che sottrae densità elettronica al legame C=C, indebolendolo e allungandolo. L'osservazione di questo fenomeno apre la strada alla comprensione dei meccanismi di interazione metallo-olefina, fondamentali in numerosi processi catalitici e nella chimica di coordinazione.
2. Meccanismi di Interazione Metallo Olefina Sovrapposizione Orbitale e Retrodonazione
L'allungamento del legame C=C nelle olefine coordinate ai metalli è spiegato attraverso due meccanismi principali: la sovrapposizione dell'orbitale π di legame dell'olefina con un orbitale d-accettore del metallo, e la retrodonazione da orbitali d-pieni del metallo agli orbitali π antileganti del doppio legame C=C*. La sovrapposizione porta ad una riduzione della densità elettronica nel legame π dell'olefina, mentre la retrodonazione introduce ulteriore densità elettronica negli orbitali antileganti π*, ulteriormente indebolendo il legame C=C e causando l'allungamento osservato. La comprensione di questi meccanismi è cruciale per la progettazione di catalizzatori più efficienti e selettivi, dove la modulazione della densità elettronica nel legame C=C è spesso un fattore determinante nell'attività catalitica. L'influenza dei sostituenti sull'olefina, modulando il loro carattere elettron-attrattore o donatore, gioca un ruolo chiave nella regolazione di questi meccanismi, confermando la complessa relazione tra struttura elettronica e reattività.
3. Studi Storici e Strutturali Il Complesso di Zeise e l Evoluzione della Comprensione
Lo studio dei complessi con legami C=C ha una storia lunga e ricca. Il primo complesso organometallico di questo tipo, il complesso di Zeise, K[PtCl₃(C₂H₄)], fu sintetizzato intorno al 1827. Tuttavia, solo negli anni '50 del XX secolo, grazie agli avanzamenti nella cristallografia a raggi X, fu possibile determinare con precisione la sua struttura, mostrando l'etilene direttamente coordinato al metallo centrale. Questo evidenzia l'importanza delle tecniche strutturali moderne nella comprensione delle interazioni metallo-olefina. L'analisi strutturale del complesso di Zeise, e di altri complessi simili, ha fornito dati sperimentali cruciali a supporto dei meccanismi proposti per l'allungamento del legame C=C, confermando l'importanza della sovrapposizione orbitale e della retrodonazione nella determinazione della lunghezza del legame. La comprensione approfondita della struttura di questi complessi ha aperto la strada a un'ampia gamma di studi sulla chimica organometallica e sulla catalisi omogenea.
II.Sintesi e Caratterizzazione di Composti Organometallici di Rutenio
La ricerca si concentra sulla sintesi e caratterizzazione di complessi di rutenio con leganti ciclopentadienilici (Cp) e indenilici (Ind). Si descrivono le sintesi di rutenocene, bis(indenil)rutenio, e diversi complessi half-sandwich con differenti leganti fosfinici, ottenendo rese variabili (es. 85% per rutenocene da RuCl₃ e ciclopentadiene). Vengono riportate le analisi ai raggi X per determinare la struttura dei complessi, evidenziando geometrie a sandwich e la barriera energetica per la rotazione interna (es. 9.6 ± 0.8 kJ mol⁻¹ per rutenocene sotto i 250 K). Si mette in evidenza la maggiore reattività dei complessi con leganti Cp rispetto a quelli con Ind a causa del costo maggiore di quest'ultimo. La reattività dei complessi indenilici di rutenio, in particolare quelli di formula [(Ind)Ru(L)(L’)Cl], viene studiata attraverso reazioni di eliminazione dell'alogeno con nucleofili e inserzione di alchini nel legame Ru-H.
1. Sintesi del Rutenocene Metodi e Resa
Il documento descrive la sintesi del rutenocene, Ru(C₅H₅)₂, un composto organometallico di rutenio. Un metodo, che utilizza Ru(acac)₃ e il reagente di Grignard MgBr(C₅H₅), offre rese basse. In contrasto, la reazione diretta tra RuCl₃ e ciclopentadiene in etanolo, con lo zinco come catalizzatore, porta ad una resa significativamente più elevata dell'85%. Questo dato sottolinea l'importanza della scelta del metodo sintetico per ottenere rese ottimali. Il costo del rutenocene, superiore a quello del ferrocene, ha limitato gli studi sulla sua reattività, contrariamente al ferrocene, più ampiamente studiato. L'analisi strutturale del rutenocene mediante diffrazione a raggi X rivela la tipica conformazione a “sandwich”, con due anelli ciclopentadienilici planari, paralleli ed eclissati. Sotto i 250 K, la barriera energetica per la rotazione interna nei cristalli è di 9.6 ± 0.8 kJ mol⁻¹.
2. Il Legante Indenilico e il Bis indenil rutenio
L'anione indenilico, C₉H₇⁻, viene introdotto come un legante simile al ciclopentadienile (Cp), in quanto dona sei elettroni al centro metallico. La reazione di RuCl₃ con sodio indenile [Na⁺(C₉H₇⁻)] porta alla sintesi del bis(indenil)rutenio, Ru(η⁵-C₉H₇)₂. Le analisi cristallografiche mostrano che questo complesso presenta una configurazione completamente eclissata, a differenza dell'analogo complesso di ferro, che mostra una configurazione sfalsata. Uno studio di Mawby et al. riporta un aumento significativo nella velocità di reazione di complessi contenenti il legante indenilico rispetto agli analoghi con Cp. Specificamente, si osserva un aumento di circa dieci volte nella velocità di migrazione del metile in [(η⁵-C₉H₇)Mo(Me)(CO)₃], di circa 1000 volte nella sostituzione di un CO con una fosfina in [(η⁵-Ind)MoX(CO)₃] (X = Cl, Br, I), e di circa 600 volte per [(η⁵-Ind)Fe(CO)₂I]. Questo aumento di reattività è attribuito alla maggiore capacità elettron-donatrice del legante indenilico, che stabilizza meglio l'intermedio a 16 elettroni che si forma durante la reazione.
3. Indenil complessi di Rutenio Sintesi e Reattività
Il documento descrive la sintesi di complessi indenilici di rutenio, focalizzandosi su quelli di formula [(Ind)Ru(L)(L’)Cl], dove L e L’ rappresentano due diverse fosfine. Il complesso [Ru(η⁵-C₉H₇)₂] fu preparato nel 1956 da Weiss, mentre il complesso half-sandwich [RuCl(PPh₃)₂(η⁵-C₉H₇)], più importante per le sue elevate rese, fu sintetizzato nel 1985, molti anni dopo l'omologo con il legante Cp. Le reazioni più studiate coinvolgono reazioni di eliminazione dell'alogeno mediante nucleofili anionici o neutri, in presenza di sali di sodio con anioni non coordinanti come NaBF₄. È stata anche sintetizzata la forma idruro [(Ind)RuH(L)(L’)] trattando il cloruro con alcossidi come NaOMe. L'inserzione di alchini nel legame Ru-H porta alla formazione di complessi alchenil-derivati. Questo evidenzia la versatilità dei complessi indenilici di rutenio e le loro potenziali applicazioni in catalisi. La sintesi e la caratterizzazione di questi complessi forniscono un'ampia gamma di composti organometallici di rutenio con diverse proprietà chimiche.
III.Catalisi con Composti di Rutenio Dimerizzazione di Alchini
I complessi RuTp(PPh₃)₂Cl e RuTp(PPh₃)(py)Cl catalizzano la dimerizzazione di alchini terminali HC≡CR, producendo butenini 1,4- e 2,4-disostituiti. La conversione e la selettività dipendono fortemente dal sostituente R (Ph, SiMe₃, n-Bu, t-Bu). Il complesso intermedio vinilidenico neutro RuTp(PPh₃)(Cl)(=C=CHR) svolge un ruolo chiave nel ciclo catalitico. Anche il complesso idruro RuTp(PPh₃)₂H mostra la stessa attività catalitica.
1. Catalisi della Dimerizzazione di Alchini Complessi di Rutenio come Catalizzatori
Il documento presenta i complessi di rutenio RuTp(PPh₃)₂Cl (1) e RuTp(PPh₃)(py)Cl (2) come efficaci catalizzatori per la dimerizzazione di alchini terminali, HC≡CR, dove R rappresenta diversi sostituenti come Ph, SiMe₃, n-Bu e t-Bu. La reazione produce butenini 1,4- e 2,4-disostituiti. Un aspetto cruciale è la forte dipendenza sia della conversione che della selettività dalla natura del sostituente R sull'alchino. Questa osservazione sottolinea l'importanza degli effetti sterici ed elettronici dei sostituenti sulla reattività catalitica. La selezione del solvente influenza anche la resa della reazione, con il toluene che fornisce la migliore conversione (98%), a differenza del benzene (80%) e del THF (35%). Questi risultati dimostrano la complessità del ciclo catalitico e la necessità di ottimizzare sia il catalizzatore che le condizioni di reazione per ottenere rese elevate e selettività desiderate. La comprensione di questi parametri è fondamentale per lo sviluppo di catalizzatori più efficienti ed ecosostenibili.
2. Ruolo del Complesso Vinilidenico Intermedio nel Ciclo Catalitico
Nel ciclo catalitico della dimerizzazione degli alchini, il complesso vinilidenico neutro RuTp(PPh₃)(Cl)(=C=CHR) viene identificato come precursore catalitico. La sua formazione è osservata mediante spettroscopia NMR³¹P{¹H} a 80°C in benzene-d₆, con l'aggiunta di HC≡CPh (10 equivalenti). L'isolamento di questo intermedio a temperatura ambiente fornisce preziose informazioni sul meccanismo di reazione. Sebbene altri intermedi non siano stati rilevati tramite spettroscopia NMR, l'identificazione del complesso vinilidenico fornisce un'evidenza significativa del meccanismo proposto. La presenza di questo intermedio suggerisce un percorso di reazione che coinvolge l'inserzione dell'alchino nel legame Ru-C, seguita da successive reazioni che portano ai prodotti finali. Ulteriori studi potrebbero concentrarsi sull'identificazione di altri intermedi e sulla comprensione completa del ciclo catalitico.
3. Attività Catalitica del Complesso Idruro di Rutenio
Il documento riporta che il complesso idruro RuTp(PPh₃)₂H (3) mostra la stessa attività catalitica nella dimerizzazione degli alchini dei complessi RuTp(PPh₃)₂Cl (1) e RuTp(PPh₃)(py)Cl (2). Questa osservazione suggerisce che l'idruro potrebbe essere coinvolto in una fase del ciclo catalitico, forse nella formazione del complesso vinilidenico intermedio. L'osservazione che sia i complessi clorurati che il complesso idruro mostrano la stessa attività catalitica apre nuove prospettive per la progettazione di catalizzatori basati su complessi di rutenio. L'equivalenza di attività suggerisce che la presenza o l'assenza del legante cloruro non è un fattore determinante per l'attività catalitica in questa specifica reazione, e che il sito attivo coinvolge piuttosto l'atomo di rutenio e le fosfine. Studi futuri potrebbero focalizzarsi sul chiarimento del ruolo preciso dell'idruro nel ciclo catalitico e sulle potenziali modifiche strutturali del complesso per aumentare la selettività della reazione.
IV.Chimica di Coordinazione dello Stagno e Complessi Stannilici
Lo studio approfondisce la chimica di coordinazione dello stagno, evidenziando i suoi stati di ossidazione stabili (II) e (IV) e il suo crescente carattere metallico scendendo nel gruppo 14. Viene analizzato il ruolo dello stagno in catalisi, come nel caso dei catalizzatori Pt-Sn di Cramer et al. (1963) per l'idrogenazione dell'etilene. La forte capacità π-accettrice dello stagno viene evidenziata attraverso lo studio delle lunghezze di legame nei complessi (R₃Sn)Mn(CO)₅. La retrodonazione π dal manganese allo stagno è particolarmente forte a causa della presenza di orbitali vuoti di simmetria π con simmetria ed energia comparabili. Si approfondisce l'utilizzo della spettroscopia IR per caratterizzare i complessi stannilici, in particolare misurando le frequenze di stretching M-Sn e Sn-H.
1. Proprietà dello Stagno e Stati di Ossidazione
La sezione introduce la chimica di coordinazione dello stagno, un elemento del 14° gruppo con due stati di ossidazione stabili: (II) e (IV). Si evidenzia l'aumento del carattere metallico dello stagno scendendo nel gruppo, passando da non-metallo (carbonio) a metallo (stagno e piombo), passando per semimetallo (silicio) e metalloide (germanio). L'analisi dell'ossidazione dei cloruri dagli stati di ossidazione (II) a (IV) mette in luce la maggiore stabilità dello stato (II) scendendo lungo il gruppo. La forza del legame M-Cl diminuisce da Ge a Pb, rendendo Pb(II) la forma più stabile. Questa caratterizzazione dello stagno pone le basi per comprendere il suo comportamento e la sua reattività nei complessi stannilici, evidenziando la sua versatilità e la sua capacità di interagire con altri metalli in diverse configurazioni. La capacità dello stagno di assumere diversi stati di ossidazione e la sua natura metallica influenzano significativamente le proprietà dei complessi organometallici che forma.
2. Ruolo dello Stagno in Catalisi Esempio dei Catalizzatori Pt Sn
L'impiego dello stagno nella chimica di coordinazione ha avuto un notevole successo, in particolare negli studi su complessi di platino. Cramer et al. (1963) hanno osservato una completa idrogenazione dell'etilene ad etano in condizioni blande (P(H₂) = 1 atm, temperatura ambiente) utilizzando una soluzione di acido cloroplatinico e cloruro stannoso (SnCl₂) in rapporto 1:10 in metanolo. Il SnCl₂ impedisce la deposizione di platino metallico, grazie alla sua forte capacità π-accettrice, che sottrae carica elettronica al platino. Questo esempio evidenzia il ruolo cruciale dello stagno come co-catalizzatore, influenzando la reattività del metallo principale e migliorando l'efficienza e la selettività del processo catalitico. L'azione del cloruro stannoso come inibitore della deposizione del metallo evidenzia la sua capacità di regolare il processo catalitico. La scoperta di Cramer et al. ha aperto la strada a successivi studi su catalizzatori stannilici di platino e ad altri metalli di transizione.
3. Spettroscopia IR e Studio dei Legami M Sn e Sn H
La spettroscopia infrarossa (IR) è una tecnica utile per caratterizzare i complessi stannilici. Le frequenze di stretching del legame M-Sn sono misurate nel lontano IR, tipicamente tra 155 e 210 cm⁻¹. Lo stretching Sn-H, che ricade a numeri d'onda più elevati (1777-1910 cm⁻¹), è più facile da valutare. La frequenza di stretching Sn-D (D = deuterio) è inferiore e può essere prevista usando l'approssimazione dell'oscillatore armonico. Esiste una proporzionalità inversa tra il numero d'onda (ν) e la massa ridotta del sistema (μ). Queste analisi spettroscopiche forniscono informazioni cruciali sulle proprietà vibrazionali dei complessi, offrendo informazioni preziose sulla forza dei legami e sulle interazioni tra lo stagno e gli altri atomi nel complesso. La capacità di identificare le frequenze di stretching M-Sn e Sn-H permette di caratterizzare e distinguere tra diversi tipi di complessi stannilici.
4. Retrodonazione π e Effetto Elettronegatività dei Sostituenti
La retrodonazione π dal metallo allo stagno è un'interazione importante nei complessi stannilici. Questa retrodonazione è particolarmente forte quando lo stagno possiede orbitali vuoti di simmetria π con simmetria ed energia comparabili a quelli del metallo. Questo è stato confermato sperimentalmente attraverso misure di lunghezza di legame nei complessi (R₃Sn)Mn(CO)₅. Variando i sostituenti R, si osserva una piccola differenza tra R = Me e R = Ph, ma una netta diminuzione della lunghezza di legame Mn-Sn quando R = Cl. Questo comportamento indica un elevato carattere retrodonativo del legame Mn-Sn, dovuto alla maggiore elettronegatività del cloro, che sottrae densità elettronica allo stagno. Di conseguenza, il manganese dona maggiore carica elettronica allo stagno, diminuendo la lunghezza del legame. L'effetto dell'elettronegatività dei sostituenti sullo stagno influenza quindi significativamente le interazioni di retrodonazione π nei complessi organometallici.
V.Sintesi e Reattività di Complessi Triidrurostannilici di Rutenio
La sintesi e la reattività di complessi triidrurostannilici di rutenio con leganti Cp e Ind vengono studiate. Vengono preparati complessi del tipo Ru(SnH₃)Cp(PPh₃)L e Ru(SnH₃)(η⁵-C₉H₇)(PPh₃)L (L = P(OMe)₃, P(OEt)₃). La reattività del legante SnH₃ con substrati insaturi, come alchini terminali e alcoli propargilici, viene investigata. Si evidenzia la reazione con alchil propiolati che porta a complessi trivinilstannilici e la reazione inusuale con alcoli propargilici, portando all'alchene corrispondente e all'idruro RuHCp(PPh₃)[P(OMe)₃]. Vengono anche studiate le reazioni di protonazione, portando alla formazione di complessi stannilenici o stannani a seconda del legante presente. Si evidenzia la sintesi del complesso stannilenico [Ru(=SnH₂)Cp(PPh₃)(P(OMe)₃)]CF₃SO₃ (15). Sono state eseguite anche reazioni con altri sostituenti ottenendo complessi metil-stannilici e acetiluro-stannilici e studiandone la reazione di protonazione.
1. Sintesi di Complessi Triidrurostannilici di Rutenio
La ricerca si concentra sulla sintesi e caratterizzazione di complessi triidrurostannilici di rutenio, stabilizzati da frammenti “half-sandwich”. Questi complessi presentano un legante SnH₃ legato al centro di rutenio, coordinato anche da leganti come ciclopentadienile (Cp), Tp e indenile (Ind), e fosfine come PPh₃ e P(OMe)₃ o P(OEt)₃. La sintesi di questi complessi è descritta, evidenziando le condizioni di reazione (solventi, temperature, tempi di reazione) e le rese ottenute. Ad esempio, un complesso con legante indenile viene sintetizzato con una resa del 45% partendo da Ru(SnCl₃)(η⁵-C₉H₇)(PPh₃)[P(OEt)₃] e NaBH₄ in EtOH. Queste sintesi forniscono i precursori per lo studio della reattività del legante SnH₃, che è il punto focale delle successive sezioni del documento. La scelta dei leganti, in particolare Cp e Ind, consente di studiare l'influenza dell'ambiente di coordinazione sulla reattività del gruppo SnH₃.
2. Reattività del Legante SnH₃ con Substrati Insaturi Alchini Terminali
La reattività del legante SnH₃ nei complessi di rutenio viene studiata con diversi substrati insaturi. Con gli alchini terminali, RC≡CH, si osserva una diversa reattività a seconda della natura del sostituente R. Mentre il fenil- e il p-tolilacetilene non reagiscono a temperatura ambiente, gli alchini attivati, come il metil- e l'etilpropiolato (HC≡COOR, R = Me, Et), reagiscono con i complessi triidrurostannilici Ru(SnH₃)Cp(PPh₃)L e Ru(SnH₃)Tp(PPh₃)L, formando i corrispondenti complessi trivinilstannilici [Ru]{Sn[C(COOR)=CH₂]₃} (1-2). Il riscaldamento a riflusso in THF o benzene di una soluzione contenente il triidruro di stagno e un eccesso di fenilacetilene porta solo a prodotti di decomposizione. Questa differente reattività mette in evidenza l'influenza della natura dei sostituenti sull'alchino nella loro capacità di reagire con il gruppo SnH₃. L'introduzione di gruppi elettron-attrattori sugli alchini ne aumenta la reattività nei confronti del gruppo SnH₃.
3. Nuova Reattività con Alcoli Propargilici
La reazione dei complessi triidrurostannilici con alcoli propargilici, come l'1,1-difenil-2-propin-1-olo (HC≡CCPh₂OH), porta ad una reazione inaspettata. A temperatura ambiente, la reazione è lenta, e dopo 24 ore è ancora presente una parte del complesso di partenza. Si osserva la formazione dell'alchene CH₂=C(H)CPh₂OH e dell'idruro RuHCp(PPh₃)[P(OMe)₃]. Non si rilevano segnali attribuibili a complessi vinil-intermedi. Sebbene gli intermedi non siano stati osservati direttamente, si propone un meccanismo che coinvolge l'inserzione dell'alchino nel legame Sn-H, seguita da una reazione con una seconda molecola di alcool propargilico per formare l'alchene e un complesso instabile che si decompone rapidamente formando l'idruro di rutenio. La reazione è selettiva per alcoli propargilici con due sostituenti arilici o alchilici. L'ossofilicità dello stagno sembra favorire questa reazione.
4. Reazioni di Protonazione Formazione di Complessi Stannilenici
Lo studio si estende alle reazioni di protonazione dei complessi triidrurostannilici di rutenio con Cp, Tp e Ind. Con acidi di Brønsted come CF₃SO₃H o HBF₄, i complessi con Tp e Ind danno prodotti di decomposizione. Tuttavia, il complesso con Cp, Ru(SnH₃)Cp(PPh₃)(P(OMe)₃), reagisce con un equivalente di acido triflico formando il complesso stannilenico [Ru(=SnH₂)Cp(PPh₃)(P(OMe)₃)]CF₃SO₃ (15), con sviluppo di idrogeno. Il complesso stannilenico (15) è stato isolato e caratterizzato tramite spettroscopia IR e NMR, confermando la presenza del legante =SnH₂. La formazione di questo complesso stannilenico, relativamente stabile all'aria e in soluzione, apre nuove possibilità per la sintesi di altri complessi stannilenici con sostituenti diversi dall'idruro, come gruppi alchilici o acetilurici, studiati successivamente.
5. Sintesi e Reattività di Complessi Metil e Acetiluro stannilici
Partendo dai complessi cloro-stannilici [Ru]-SnCl₃, si sono preparati complessi contenenti leganti metil-stannili ([Ru]-SnClMe₂) e acetiluro-stannilici ([Ru]-Sn(C≡CPh)₃) attraverso reazioni di sostituzione. La reazione con acetiluri porta al complesso tris-acetilurico [Ru]-Sn(C≡CPh)₃, la cui struttura è stata determinata mediante diffrazione a raggi X, confermando la presenza del legante tris-acetiluro stannile. Questi complessi sono stati sottoposti a reazioni di protonazione per verificare la possibile formazione di complessi stannilenici. La protonazione dei complessi cloro-dimetilstannilici procede velocemente anche a bassa temperatura, ma non porta a complessi stannilenici, ma probabilmente a stannani del tipo SnHCl(CH₃)₂, instabili in soluzione e non isolabili. Questo evidenzia la complessità della reattività di questi complessi e l'importanza delle condizioni di reazione nel determinare i prodotti ottenuti.