
Mobilità Sanitaria Interregionale: Calabria
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Riassunto
I.La Mobilità Sanitaria in Italia Un Analisi del Fenomeno
Questo documento analizza la mobilità sanitaria in Italia, focalizzandosi sull'emigrazione sanitaria interregionale, un fenomeno complesso che influenza la qualità dell'assistenza sanitaria e l'efficienza del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Vengono distinti diversi tipi di mobilità sanitaria, tra cui quella programmata e quella occasionale, e vengono esaminate le cause alla base di questa migrazione, come i tempi di attesa, l'inadeguatezza dell'offerta sanitaria, e la percezione della qualità dei servizi. L'analisi considera anche l'impatto economico, evidenziando come la fuga sanitaria rappresenti una spesa significativa per le regioni con un saldo negativo di mobilità sanitaria, come la Calabria e la Campania. Il documento esplora diverse strategie di intervento per limitare l'emigrazione sanitaria, tra cui l'implementazione di migliori politiche di regionalizzazione sanitaria e il miglioramento della comunicazione e dell'informazione per i pazienti.
1. Definizione e Tipologie di Mobilità Sanitaria
Il documento inizia definendo la complessità del concetto di mobilità sanitaria, distinguendo tra 'medical tourism' e 'health tourism' secondo la classificazione OECD di Carrera e Lunt. Il medical tourism indica il trasferimento programmato in una giurisdizione sanitaria diversa per ricevere prestazioni mediche specifiche, mentre l'health tourism, dalle origini più antiche, si concentra sulla rigenerazione psicofisica, spesso legata a fattori climatici e geografici (es. acque termali). Si evidenzia la varietà di motivazioni che spingono alla mobilità sanitaria, che vanno dalla necessità di prestazioni altamente specializzate (impossibili da ottenere localmente o con tempi d'attesa eccessivi), alla ricerca di un miglioramento generale della salute del corpo e della mente. Il testo accenna alla legge 23 ottobre 1985, n. 595, che garantisce il diritto all'assistenza sanitaria all'estero, a carico del SSN, previa autorizzazione della ASL, distinguendo tra assistenza diretta (nei paesi UE, SEE, Svizzera e paesi convenzionati) e indiretta (per gli altri stati). Si anticipa il ruolo delle regioni come principali garanti dell'assistenza sanitaria nel contesto della regionalizzazione del sistema. I principi di universalismo ed equità del SSN, modellato sul sistema Beveridge, sono citati come fondamenta della libera scelta della struttura sanitaria, garantendo pari opportunità a tutti i cittadini indipendentemente dalla residenza.
2. Mobilità Sanitaria Programmata e Occasionale Indicatori di Qualità
La sezione prosegue distinguendo tra mobilità sanitaria internazionale programmata e occasionale. La mobilità programmata, spesso dovuta all'indisponibilità o ai lunghi tempi di attesa di prestazioni ad alta specializzazione nel territorio nazionale, è tutelata dalla legge 595/1985, con copertura finanziaria del SSN. L'assistenza può essere diretta (senza costi per il paziente, salvo ticket locali) o indiretta (con rimborso da parte della ASL). Il documento sottolinea il ruolo delle regioni come principali garanti dell'assistenza sanitaria a seguito del processo di regionalizzazione. Per capire la "libera circolazione sanitaria", vengono analizzati i principi di universalismo ed equità del SSN. Si evidenzia come la scelta libera del paziente, senza restrizioni territoriali, sia nata per garantire equità e pari opportunità, evitando discriminazioni geografiche. Viene introdotta la distinzione tra mobilità interregionale programmata e quella di confine, considerate indicatori di qualità ed efficienza dei servizi sanitari regionali. La mobilità attiva rappresenta l'indice di attrazione sanitaria, mentre quella passiva indica la fuga sanitaria. Il calcolo del saldo migratorio (differenza tra mobilità attiva e passiva) risulta complesso, soprattutto per la distinzione tra mobilità volontaria e involontaria, limitando l'accuratezza dell'analisi dei dati. Nonostante questa difficoltà, i dati sulla mobilità sanitaria programmata sono cruciali per valutare la qualità dei servizi e programmare l'offerta sanitaria.
3. Mobilità Sanitaria Volontaria e Fisiologica Aspetti Economici ed Efficienza
Il testo prosegue distinguendo tra mobilità sanitaria "volontaria" (o elettiva) e "fisiologica". La mobilità volontaria, spesso derivante da una scelta del paziente in risposta a un'offerta sanitaria percepita come inadeguata (lunghe liste d'attesa, scarsa qualità, etc.), è analizzata nelle sue diverse motivazioni, come la reputazione dell'ospedale, le indicazioni del medico di famiglia o la scarsa conoscenza dell'offerta sanitaria locale. La mobilità fisiologica, invece, comprende i casi di emigrazione sanitaria per patologie rare o per accedere a centri ad altissima specializzazione, considerata in questo caso positiva per l'efficienza del sistema. L'analisi considera la necessità di bilanciare la cura della salute con i concetti di economicità ed efficienza, data la necessità di gestire risorse limitate. La mobilità fisiologica, concentrando le prestazioni ad alta complessità in pochi centri specializzati, permette di sfruttare economie di scala, riducendo l'incidenza dei costi fissi elevati (attrezzature, personale altamente specializzato). La sezione introduce il concetto di "mobilità evitabile", attribuibile all'inadeguatezza dell'offerta sanitaria regionale (mancanza di prestazioni, liste d'attesa eccessive, scarsa qualità). Questa mobilità, spesso non direttamente legata alla qualità reale dei servizi, può derivare da problemi di comunicazione tra professionisti sanitari o tra paziente e sistema sanitario, evidenziando falle sistemiche che richiedono interventi correttivi.
4. Monitoraggio dei LEA e Tempi di Attesa Correlazione con la Mobilità Sanitaria
Il documento descrive la griglia di monitoraggio dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), suddivisa in tre categorie (assistenza collettiva, distrettuale e ospedaliera), con pesi e indicatori per la valutazione dell'adempienza regionale agli standard. Si riconoscono i limiti di questo strumento, come la difficoltà di catturare la reale percezione dell'offerta sanitaria e l'utilizzo di dati del 2001, poco aggiornati. L'analisi dei tempi di attesa regionali non evidenzia una correlazione diretta tra liste di attesa lunghe e mobilità interregionale, eccetto per alcune regioni (Sardegna, Abruzzo, Marche, Piemonte, Valle d'Aosta). Regioni con tempi di attesa superiori alla media presentano, in alcuni casi, una mobilità passiva inferiore, suggerendo che la sola lunghezza delle liste d'attesa non è il fattore determinante. Si sottolinea la mancanza di dati pubblici sui tempi di attesa per le visite diagnostiche, spesso citate dai pazienti come inaccessibili a causa dei ritardi. Un dato del 2005 del Censis indica che i tempi di attesa influenzano solo il 5% della scelta di curarsi fuori regione. La scelta di emigrare per cure sanitarie viene analizzata anche sotto un aspetto sociologico, considerandola sia una decisione individuale, sia un fenomeno sociale influenzato dalla percezione diffusa della qualità dei servizi sanitari regionali, spesso condizionata dal "passaparola" e dalla reputazione, più o meno oggettiva, degli ospedali.
II.Il Ruolo delle Regioni e la Regionalizzazione Sanitaria
Il processo di regionalizzazione sanitaria ha avuto un impatto significativo sulla mobilità sanitaria in Italia. Le regioni, in qualità di principali garanti dell'assistenza, sono responsabili della programmazione e della gestione dei servizi sanitari. Il documento evidenzia come il principio di libera circolazione del paziente, pur volto a promuovere la concorrenza tra regioni e migliorare la qualità dei servizi, abbia contribuito all'aumento della mobilità sanitaria, generando sia vantaggi (per regioni con elevata mobilità attiva) che svantaggi (per regioni con elevata mobilità passiva). L'analisi dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e dei DRG (Diagnosis Related Groups) è fondamentale per comprendere le disuguaglianze regionali e l'efficienza del sistema.
1. Le Regioni come Garanti dell Assistenza Sanitaria Il Processo di Regionalizzazione
Il documento evidenzia il ruolo centrale delle regioni nel sistema sanitario italiano, a seguito del processo di regionalizzazione. Esse sono ora le principali "garanti" dell'assistenza sanitaria per i cittadini, gestire e programmare i servizi sanitari sul proprio territorio. Questa regionalizzazione, pur nata con l'intento di migliorare l'efficienza e la qualità dei servizi, ha paradossalmente contribuito ad alimentare il fenomeno della mobilità sanitaria interregionale. La "libera circolazione del paziente", introdotta dalle riforme del 1992-1993 per stimolare una sana competizione tra le regioni, ha creato un sistema di quasi-mercato che, sebbene non pienamente realizzato, ha incrementato la concorrenza tra gli ospedali regionali. Questa competizione ha portato ad incentivare l'attrazione di pazienti da altre regioni, generando ricavi aggiuntivi per le strutture sanitarie più attrattive, ma anche un significativo debito per le regioni con alti tassi di fuga sanitaria. L'analisi dei saldi di mobilità ospedaliera tra regioni, dal 1996 al 2014, evidenzia le performance disomogenee tra le diverse regioni italiane. Regioni del Sud come Campania, Calabria, Sicilia e Puglia mostrano saldi negativi significativi, mentre altre regioni del Nord Italia registrano un saldo positivo, sottolineando le profonde disparità nel sistema sanitario nazionale.
2. I Principi Fondamentali del SSN Universalismo ed Equità
Per comprendere le motivazioni alla base della 'libera circolazione sanitaria', il documento approfondisce i principi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): universalismo ed equità. Il SSN, fin dalle sue origini, si basa sul modello beveridgeano o universalistico, garantendo una copertura sanitaria universale a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status socio-economico, finanziato principalmente dalla fiscalità generale. Il principio della libera scelta della struttura sanitaria da parte del paziente è fondamentale per assicurare una copertura sanitaria adeguata ed equa su tutto il territorio nazionale. In un contesto italiano economicamente e socialmente disomogeneo, come quello degli anni '70, l'eliminazione delle restrizioni territoriali per l'accesso alle cure è stata considerata essenziale per garantire pari opportunità a tutti i cittadini. L'equità, quindi, è stata la motivazione principale nell'escludere vincoli territoriali all'accesso alle cure. La sezione prosegue definendo come la mobilità sanitaria interregionale, soprattutto quella programmata e non solo quella legata alla vicinanza geografica, sia un indicatore della qualità ed efficienza dei servizi sanitari regionali. La mobilità attiva indica l'attrazione sanitaria di una regione, mentre la mobilità passiva rappresenta l'indice di fuga sanitaria.
3. Evoluzione Storica della Mobilità Sanitaria Interregionale
La mobilità sanitaria interregionale è un fenomeno strutturale in Italia con radici storiche profonde, risalenti al periodo del sistema mutualistico (1943-1978). Già in quel periodo, molti pazienti, soprattutto del Sud Italia, si spostavano in altre regioni per prestazioni più complesse. L'evoluzione del fenomeno è stata influenzata dall'infrastrutturazione del Paese: la costruzione dell'Autostrada del Sole, il miglioramento della rete ferroviaria e delle navi traghetto hanno facilitato gli spostamenti, anche se l'arretratezza infrastrutturale del Mezzogiorno ha limitato l'entità del fenomeno. Con l'istituzione del SSN nel 1978 e il decentramento delle funzioni di programmazione alle regioni, si è innescato un processo di regionalizzazione che, paradossalmente, ha dato ulteriore impulso alla mobilità sanitaria. Le riforme del 1992-1993, rafforzando il livello regionale e introducendo il principio di libera circolazione del paziente, hanno creato un contesto di quasi-mercato tra le regioni, aumentando la competizione per attrarre pazienti. Questa competizione genera ricavi aggiuntivi per le regioni che riescono ad attrarre pazienti, ma anche un significativo debito per quelle con alti tassi di fuga sanitaria.
III.La Mobilità Sanitaria in Calabria Un Caso Studio
La Calabria rappresenta un caso emblematico di elevata fuga sanitaria. Nel 2016, la spesa per mobilità sanitaria in Calabria ha raggiunto i 256,2 milioni di euro, pari al 7,6% della spesa sanitaria pro capite. Il documento approfondisce le ragioni di questa emigrazione sanitaria, evidenziando la sfiducia dei cittadini nel sistema sanitario regionale, la carenza di attrezzature e personale specializzato, e lunghi tempi di attesa. Vengono analizzati specifici settori, come l'oncologia e la pediatria, con l'obiettivo di individuare le criticità e le potenziali soluzioni. Si citano esempi di ospedali principali come l'A.O. Pugliese-Ciaccio a Catanzaro, evidenziando sia le performance positive (in alcuni settori) che quelle negative.
1. La Calabria e la Spesa per Mobilità Sanitaria
La Calabria, dopo la Campania, è la regione italiana con la spesa più alta per mobilità sanitaria, con 256,2 milioni di euro nel 2016. Questo dato assume maggiore rilevanza considerando la spesa sanitaria pro capite dei cittadini calabresi di 1715 euro annui, di cui 130 euro (7,6%) destinati a coprire i debiti derivanti dalla migrazione sanitaria. Questo sovrapprezzo, sotto forma di ticket e imposte, serve a compensare le regioni che accolgono i pazienti calabresi. La mobilità sanitaria in Calabria non è considerata solo un fenomeno contingente, ma una vera e propria mentalità: la scelta di rivolgersi a strutture extraregionali è spesso automatica, anche per prestazioni che potrebbero essere erogate in regione, riflettendo una sfiducia nel sistema sanitario regionale. Questa tendenza ha portato ad una concezione della sanità calabrese come un sistema decentrato, in cui la migrazione è vista come una normale modalità di accesso alle cure, piuttosto che un'eccezione.
2. Analisi Settoriale della Fuga Sanitaria in Calabria
L'analisi della fuga sanitaria in Calabria si concentra su specifici settori. Un'alta percentuale di ricoveri in mobilità (15%) è priva di una proposta formale, includendo casi di mobilità fittizia o occasionale e pazienti che optano per l'autocura, affidandosi a informazioni non ufficiali (amici, parenti, web). Invece, è bassa la percentuale di trasferimenti secondari (da un presidio regionale ad uno extraregionale per impossibilità di erogazione delle cure), i quali sono generalmente limitati alle regioni confinanti. L'insufficienza delle prestazioni offerte da diverse Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) è evidente in diversi settori. Ad esempio, tralasciando i trapianti di fegato/polmone, nessuna ASP supera la soglia di efficienza per interventi sulle valvole cardiache o cardiotoracici senza cateterismo cardiaco. La situazione è critica anche per l'artrodesi vertebrale, con pochissimi interventi eseguiti nelle AO di Cosenza e Reggio Calabria nel 2015. Questa scarsa attività in settori chirurgici complessi, oltre a rappresentare un'inappropriatezza economica, incrementa il rischio clinico, data la correlazione tra bassa esperienza ospedaliera e elevata mortalità operatoria o basso tasso di sopravvivenza a lungo termine. Analoghe criticità sono riscontrate per interventi di sostituzione di anca e ginocchio, interventi su pancreas e fegato e impianto di defibrillatore cardiaco.
3. Casi Specifici Oncologia Pediatria e Ortopedia
Il documento approfondisce la fuga sanitaria in settori specifici della sanità calabrese, raccogliendo testimonianze di esperti. Il dottor Schito evidenzia l'insufficienza delle apparecchiature diagnostiche in oncologia, ad esempio la carenza di mammotomi (strumenti per biopsie mammarie minimamente invasive), con la presenza di questa tecnologia solo al reparto di chirurgia generale dell'Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria. Per la pediatria, i dati mostrano un'allarmante mobilità per disturbi mentali dell'infanzia (72,73%) e infezioni respiratorie (70%), anche se in questi casi la mobilità potrebbe essere parzialmente giustificata dalla presenza di pochi centri iper-specializzati. Tuttavia, la Dottoressa Meringolo, pediatra, evidenzia l'inaccettabilità di una mobilità elevata anche per patologie come i disturbi organici e i ritardi mentali, o per interventi routinari come la tonsillectomia (con tempi di attesa che arrivano a due anni). Il Dottor Candela, Direttore di Chirurgia Ortopedica, collega la fuga sanitaria nel suo settore alla carenza di formazione del personale medico e alle scarse prospettive di inserimento professionale in Calabria, con il basso numero di studenti calabresi iscritti a medicina e chirurgia all'Università Magna Graecia di Catanzaro (solo 21,65% nel 2015).
IV.Strategie per il Contenimento dell Emigrazione Sanitaria
Il documento propone diverse strategie per limitare l'emigrazione sanitaria, concentrandosi sul miglioramento della qualità dell'assistenza sanitaria, sulla trasparenza e sulla comunicazione. Viene analizzato il decreto della Regione Campania che impone l'autorizzazione preventiva per alcune prestazioni extraregionali, evidenziando i pro e i contro di questo approccio restrittivo. Si sottolinea l'importanza di una maggiore collaborazione tra le regioni attraverso accordi interregionali, e di un'efficace governance del sistema, finalizzata a migliorare la pianificazione e la gestione delle risorse del Fondo Sanitario Regionale (FSR). L'analisi si estende anche al tema della corruzione sanitaria e al ruolo della comunicazione nella costruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario.
1. Il Caso della Regione Campania Un Approccio Restrittivo alla Mobilità Sanitaria
Il documento analizza il decreto n. 165 del 2012 della Regione Campania, che impone l'obbligo di autorizzazione preventiva della ASL di appartenenza per alcune prestazioni sanitarie presso strutture extraregionali. Questa misura, basata sul d.lgs. n. 502/1992, mira a limitare la mobilità sanitaria, concentrandosi su DRG a bassa complessità (interventi su retina e cristallino, interventi sul ginocchio senza infezione, disturbi dell'apparato muscoloscheletrico). L'autorizzazione viene rilasciata da commissioni aziendali, valutando criteri oggettivi come liste d'attesa, urgenza e idoneità dell'offerta regionale. La mancata autorizzazione comporta la perdita della copertura finanziaria da parte della regione. L'esperienza campana evidenzia la difficoltà di contenere la fuga sanitaria, anche per prestazioni di routine, attraverso misure restrittive. Questo approccio, pur potenzialmente efficace nel breve periodo, richiede contestualmente investimenti per garantire standard qualitativi e quantitativi equivalenti a quelli offerti dalle regioni di destinazione dei flussi migratori. In caso contrario, la restrizione della mobilità senza un miglioramento dell'offerta regionale grava ulteriormente sui cittadini, violando i principi di equità e non discriminazione nel diritto alla salute.
2. Strategie di Contenimento Meno Restrittive Riforma del Rapporto Politica Amministrazione e Accordi Interregionali
In contrasto con l'approccio autorizzatorio della Campania, il documento propone strategie meno restrittive per contenere l'emigrazione sanitaria. Tra queste, il risanamento del rapporto tra politica e amministrazione, basato sulla separazione delle competenze (indirizzo politico vs. gestione amministrativa) come previsto dal d.lgs. 165/2001. Questo implica una chiara definizione dei ruoli tra vertici politici e dirigenti pubblici, affidando ai secondi maggiori poteri gestionali e riducendo la durata degli incarichi. Un'altra strategia è la previsione di un sistema di accordi interregionali, per una programmazione nazionale dell'offerta sanitaria, soprattutto per le prestazioni più complesse. Ciò consentirebbe una pianificazione più efficiente delle risorse e una migliore gestione dei flussi migratori. Infine, si propone un sistema integrato di comunicazione e informazione rivolto sia agli utenti che al personale sanitario, per ridurre la mobilità dovuta alla disinformazione e rafforzare il senso di appartenenza al sistema sanitario locale. Questi interventi mirano a migliorare la qualità percepita e reale dei servizi sanitari, aumentando la fiducia dei cittadini nel sistema regionale.
3. La Pianificazione dei Servizi Sanitari e il Ruolo della Comunicazione
Le criticità organizzative legate alla mobilità sanitaria riguardano principalmente la pianificazione dei servizi. In assenza di accordi interregionali, le strutture sanitarie (pubbliche e private) non possono pianificare l'offerta tenendo conto dei flussi migratori, generando sprechi ed inefficienze. Le regioni con flussi in uscita, invece, pianificano l'offerta solo in base ai residenti, incurrendo in un eccesso di offerta. Per migliorare la situazione, il documento suggerisce di introdurre tetti massimi di finanziamento per le prestazioni in regime di mobilità, differenziati per gravità e tipologia di prestazione (DRG). Questo consentirebbe una programmazione anticipata dell'impatto economico e logistico della migrazione, sia per le regioni di provenienza che per quelle di destinazione. Il documento sottolinea l'importanza della comunicazione sanitaria come strumento per migliorare la percezione e la fiducia dei cittadini. L'esperienza della ASL di Rieti (rapporto OASI 2009) è citata come esempio di buona pratica: una campagna informativa sul percorso di cura del cancro al seno, caratterizzata da linguaggio semplice, garanzie di qualità e tempi di attesa ridotti, ha riscosso grande successo, incrementando la fiducia nella sanità locale. La Regione Toscana è presentata come un modello virtuoso di comunicazione sanitaria, con campagne informative strutturate e orientate al marketing, che utilizzano diversi mezzi di comunicazione e un linguaggio semplice e diretto, puntando sull'ascolto del paziente.